Il numero 3/2023 della rivista Economia Italiana analizza le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione in Italia.
Gli anziani sono destinati a diventare più di un terzo della popolazione, mentre i giovani dovrebbero ridursi a poco più di un decimo, rispetto a una popolazione che perderà dai cinque ai diciassette milioni di individui nel prossimo cinquantennio, considerando l’ipotesi centrale di previsioni elaborate da autorevoli centri di ricerca.
“L’impatto sulla società sarà dirompente non solo per il cambiamento atteso futuro ma anche perché ad oggi le avvenute trasformazioni demografiche si sono scontrate con ben pochi risultati concreti e molto silenzio da parte delle istituzioni preposte a rispondere a siffatto cambiamento”, secondo gli editori.
Apre il volume il contributo di Claudia Reiter, Anne Goujon e Maria Rita Testa, Italy’s population prospects: future scenarios for the 21st century, che mette in evidenza le tendenze demografiche dei prossimi cinquanta anni in Italia confrontando le proiezioni demografiche elaborate da cinque diversi autorevoli centri di ricerca internazionali, fra cui l’ISTAT. Pur con differenze, tutte le proiezioni concordano nel prevedere una futura diminuzione della popolazione residente in Italia nei prossimi anni.
Il contributo di Lilia Cavallari, Flavio Padrini, Nicola Salerno e Lorenzo Toffoli, Ageing and the sustainability of public finance, analizza il potenziale aumento della spesa per le cure e per il welfare nel nostro paese. La spesa pensionistica crescerà fino a circa il 17% del PIL tra 20 anni. Gli autori si interrogano quindi sulle azioni necessarie per mantenere i saldi di finanza pubblica e in particolare il rapporto debito-Pil a valori accettabili per assicurare la stabilità finanziaria.
Due contributi sono dedicati esplicitamente al tema delle pensioni in Italia. Nel primo, Carlo Lallo e Sergio Ginebri, Gli effetti regressivi inattesi del sistema pensionistico italiano nel prossimo futuro, mostrano come possano esserci “effetti regressivi inattesi” sempre più profondi sul sistema previdenziale italiano nel prossimo futuro: redistribuendo risorse di tempo e denaro dal gruppo più svantaggiato (ad alta mortalità e bassa istruzione), a quello più avvantaggiato (a bassa mortalità e alta istruzione).
Nel secondo, Elisa Bocchialini e Beatrice Ronchini, Il gender gap pensionistico: evidenze e prospettive dalla previdenza complementare, esaminano le forti disparità di genere nei trattamenti pensionistici italiani. Le autrici si interrogano su un possibile ruolo della previdenza integrativa e complementare come fattore in grado di mitigare lo sfavorevole trattamento pensionistico ricevuto dalle donne.
Il volume si chiude con il saggio di Domenico Curcio, Giorgio Di Giorgio e Giuseppe Zito, Scenari demografici, risparmio e sistema finanziario italiano. Il crescente ruolo degli intermediari attivi nei settori assicurativi e previdenziali non sembra sufficiente a consentire garanzie di well being alla sempre più numerosa popolazione anziana. Inoltre, il ritardo nell’accesso al lavoro e il basso livello dei redditi iniziali che caratterizza la situazione italiana impediscono una accumulazione sufficiente di risorse per le future pensioni. Di
conseguenza gli autori propongono un sistema aggiuntivo, alimentato non dal reddito degli individui attraverso versamenti volontari, ma in modo automatico dai loro consumi, basati sulle aliquote iva, che preveda l’accumulo su un conto individuale in un fondo pensionistico (chiamato di cash forward).
Completano il volume l’intervento di Stefano Micossi, Le questioni di politica economica sempre rinviate. L’autore, partendo dall’occasione del NGEU per superare i nostri ritardi storici, si sofferma su alcune questioni cruciali da risolvere, quali la necessità di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, i meccanismi della concorrenza, la capacità della P.A. e del sistema fiscale. La rubrica di Marco Valerio Morelli, Il sistema pensionistico italiano appare non sostenibile nella società silver di domani, mostra come la sostenibilità del nostro sistema pensionistico non sia in una buona posizione se si guarda a un confronto internazionale.