di Carlo Giuro
Uno dei principali profili di attenzione allo studio del governo Draghi è rappresentato da una riforma fiscale complessiva e organica, nell’ambito della quale potrebbe trovare rivisitazione anche la previdenza complementare. In tale prospettiva si interseca il tavolo di concertazione in corso tra esecutivo e sindacati per delineare un nuovo intervento, a questo punto strutturale, di riordino del sistema previdenziale, che dovrebbe confluire nel Documento di Economia e Finanza (Def), e che ha tra i propri temi chiave la pensione di garanzia per giovani e donne, la flessibilità in uscita e il rilancio del risparmio previdenziale.

Tra le ipotesi di cui si discute c’è un nuovo semestre di silenzio assenso, accompagnato da una campagna informativa ed educativa condotta a livello istituzionale. Non è però da escludersi che possano essere elaborate anche proposte in ambito fiscale, sia in termini di revisione del limite di deducibilità con particolare riferimento ai giovani e più in generale ai famigliari a carico, e alla tassazione dei rendimenti anche in prospettiva di armonizzazione in chiave europea considerando come, nella maggior parte degli altri Paesi del continente, i fondi pensione sono esenti in fase di accumulazione. In attesa di quello che verrà deciso, avvicinandosi la stagione delle dichiarazioni, può essere utile un veloce riepilogo dello stato dell’arte.

In Italia lo schema tributario adottato è del tipo Ett, ossia Esenzione in fase di contribuzione-Tassazione dei rendimenti-Tassazione delle prestazioni. Partendo dalla contribuzione si possono dedurre importi versati entro il limite annuo di 5.164,57 euro. Rientrano in tale limite anche i contributi versati a beneficio dei familiari fiscalmente a carico. Nel caso in cui si versi più del limite annuo di deducibilità lo si può fare presente al fondo pensione entro il 31 dicembre dell’anno successivo e si sarà detassati sulla quota corrispondente al momento della prestazione, recuperando quindi a scadenza il beneficio.

È utile ancora evidenziare due casistiche particolari in cui può superarsi il tetto dei 5.164,57 euro. La prima si riferisce ai lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007. Se tali lavoratori nei primi cinque anni di partecipazione a una forma di previdenza complementare hanno effettuato versamenti per un importo inferiore al limite di 5.164,57 euro possono beneficiare di un limite di deduzione più elevato per i 20 anni successivi al quinto anno di partecipazione. Procedendo a un maggior livello di dettaglio, possono essere dedotti i contributi eccedenti il limite massimo di 5.164,57 euro, fino a un ammontare pari alla differenza tra l’importo di 25.822,85 euro (5.164,57 per cinque anni) e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni e, comunque, nel limite di 2.582,29 euro annui. Il plafond accumulato dai lavoratori di prima occupazione nei primi cinque anni può essere utilizzato ogni volta che viene effettuato un versamento di contributi eccedenti di 5.164,57 euro, a decorrere dal sesto anno entro 7.746,86 euro annui.

Altra ipotesi, considerando anche la crescente importanza del welfare aziendale, è poi quella del dipendente che versi a previdenza complementare il premio di risultato. In via agevolativa non è assoggettato a tassazione, anche se detto contributo supera il limite di deducibilità dal reddito di 5.164,57 euro. È ancora da sottolineare come la parte di prestazione del fondo pensione riconducibile al premio di risultato è esente dalla tassazione finale. In fase di accumulazione poi i rendimenti dei fondi pensione sono soggetti ad aliquota del 20%, agevolata rispetto a quella ordinaria del 26% prevista per le altre rendite finanziarie. Con riferimento alle prestazioni pensionistiche (100% rendita o 50% capitale e 50% rendita), queste sono soggette a imposta sostitutiva del 15%, che si riduce dello 0,30 per ogni anno di durata superiore al quindicesimo fino a un minimo del 9%.

C’è poi un profilo di particolare rilevanza e poco conosciuto, che è rappresentato dal rapporto tra fondi pensione e Isee, (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) il principale strumento di accesso a determinati bonus o prestazioni sociali. Attingendo a un utile approfondimento condotto da Mefop (si veda a tal proposito anche l’intervista in pagina) ai fini Isee va indicato il reddito senza sottrarre i contributi deducibili versati direttamente dall’iscritto al fondo pensione. C’è poi un’avvertenza nell’ipotesi in cui i contributi versati al fondo pensione siano stati trattenuti dal proprio datore di lavoro per cui sono già stati decurtati dal reddito di lavoro dipendente che risulta dalla certificazione unica e che concorre a formare il reddito complessivo indicato in dichiarazione dei redditi. Quindi ai fini Isee è preferibile versare contributi al fondo pensione con la trattenuta del datore di lavoro.

Un altro aspetto importante è relativo al fatto che la posizione accumulata presso il fondo pensione non va dichiarata in dichiarazione Isee. Per quel che riguarda le prestazioni, prosegue il Mefop, le rendite vitalizie riferibili ai montanti accumulati fino al 2006 e i riscatti volontari riferibili al montante accumulato dal 2001 al 2006 sono soggetti a tassazione ordinaria e quindi, concorrendo a formare il reddito Irpef, sono componenti già presenti ai fini Isee in modalità precompilata. Bisogna invece indicare le prestazioni in rendita vitalizia riferibili al montante accumulato dal 2007. Non vanno indicate infine tutte le liquidazioni in forma di capitale del fondo pensione tassate in via separata o sostitutiva. (riproduzione riservata)
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