di Marco Capponi
L’invasione dell’Ucraina ha confermato che nel terzo millennio non si può parlare di guerra senza considerarne la dimensione cibernetica: senza sicurezza digitale non c’è difesa. Una partita in cui Leonardo è chiamata a giocare un ruolo da protagonista, come spiega Tommaso Profeta, managing director della divisione Cyber & Security Solutions.
Domanda. Dottor Profeta, siamo in presenza di una guerra ibrida?
Risposta. L’attualità conferma la presenza del dominio cibernetico nell’agone militare: alle azioni militari tradizionali si associano quelle cyber, che spesso precedono le prime.
D. Quali gli attacchi più pericolosi?
R. Quelli che, colpendo infrastrutture strategiche e servizi essenziali, impattano sulla vita di tutti i giorni. Ad esempio attacchi alle forniture di energia, o al comparto spaziale. Poi quelli alle banche: interrompere i sistemi di pagamento significa colpire il sistema economico di un paese e bloccare le supply chain globali.
D. Quanti attacchi gestite in media?
R. Oltre 1.500 al giorno sulle infrastrutture nostre e dei clienti.
D. Qual è il vostro impegno a livello di investimenti?
R. Siamo un’industria globale di alta tecnologia e ci mettiamo a disposizione di governo e istituzioni per garantire la continuità dei servizi essenziali, mettendo in sicurezza le infrastrutture strategiche del paese, pubbliche e private. Un tema chiave è l’autonomia tecnologica.
D. Un’autonomia targata Leonardo?
R. Come industria nazionale investiamo circa 1,6 miliardi in ricerca e sviluppo, per tenerci al passo sulle tecnologie innovative e di frontiera e pertanto riteniamo di poter supportare il raggiungimento di una sovranità tecnologica.
D. Come è fatto il mercato italiano?
R. È in espansione e frammentato. Leonardo si colloca come il player che protegga e valorizzi in primo luogo i dati sensibili e strategici.
D. Quali gli ambiti di sviluppo?
R. Primo, il global monitoring, cioè capacità di offrire una completa consapevolezza della situazione. Secondo, la cybersecurity e resilience. Poi c’è la secure digitalization, quindi anche il cloud sicuro. E infine le comunicazioni critiche. Questo sia in ambito nazionale che sovranazionale, dove lavoriamo con Esa, eu-Lisa, Nato, che con noi ha firmato il suo più grande contratto cyber fuori dagli Usa.
D. E le sinergie pubblico-privato?
R. Sono indispensabili: il governo negli ultimi anni ha ampliato la sinergia, e noi siamo parte dell’ecosistema, offrendo tecnologie e supporto al settore pubblico per rendere il Paese più resiliente agli attacchi cyber. Vogliamo sottolineare il nostro ruolo rispetto alla supply chain nazionale: siamo in grado di guidare una filiera tecnologica che persegua la sovranità tecnologica e digitale. Non parliamo però di autarchia: non vogliamo escludere altri player, ma grazie alla filiera possiamo essere il soggetto che garantisce alla parte pubblica che le tecnologie possano essere adeguate alla protezione dei dati critici nazionali. (riproduzione riservata)
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