Stati Generali dell’Intelligenza Artificiale/ Per decidere non bastano più solo i dati interni
Grandi imprese al top. In Eni le soluzioni ormai ovunque
di Andrea Secchi
In Italia l’anno scorso sono stati investiti 380 milioni di euro nelle soluzioni di intelligenza artificiale, con una crescita del 27% su un anno prima e all’interno di un andamento positivo che si sussegue ormai da qualche anno. Le aziende che si occupano di Ia nel nostro paese hanno dimostrato buone capacità di esportare, con il 24% del valore del mercato dato proprio dalle vendite all’estero. I dati raccolti dall’Osservatorio Artificial Intelligence della School of management del Politecnico di Milano sono perciò positivi, ma con un ampio margine di crescita, ha spiegato ieri Stefano Garavaglia, ricercatore senior dell’Osservatorio, durante il secondo appuntamento degli Stati Generali 2022 dell’Intelligenza Artificiale, la tre giorni organizzata da Class editori trasmessa su Class Cnbc e online sui siti di Milano Finanza, Class Agorà e su Zoom. «Il valore degli investimenti in intelligenza artificiale è ancora tutto sommato ridotto rispetto ad altri trend tecnologici misurati dagli Osservatori», ha detto Garavaglia. «Questo significa che c’è tanto spazio per crescere e l’incremento che abbiamo visto si manterrà su questi livelli ancora per diversi anni come stimano anche altri enti di ricerca a livello internazionale».
Gli investimenti in altre tecnologie di cui parla Garavaglia sono per esempio quelli in big data e analytics e nel cloud. Ma c’è un altro fattore che spinge a essere ottimisti: l’Ia è ancora poco utilizzata dalle pmi che pure potrebbero trarne giovamento a costi tutto sommato abbordabili. Lo ha sottolineato Pietro Rota, founding partner e presidente di Orobix, l’azienda di servizi e soluzioni di intelligenza artificiale di Bergamo. «Sono estremamente convinto che le piccole imprese possano utilizzare l’intelligenza artificiale. Le soluzioni non sono troppo capital intensive ma per poterlo fare dovranno prima aver digitalizzato tutto. Le pmi hanno forti competenze e si riesce a migliorarle con l’uso dei dati si possono avere grandi opportunità». Per Rota, l’essenziale è presentare l’Ia nell’uso concreto quotidiano, mostrando come possa impattare positivamente nella vita dell’azienda.
Oggi i dati parlano chiaro: il 59% delle grandi imprese ha progetti di Ia avviati contro soltanto il 6% delle pmi. Fra i settori che più l’utilizzano: quello finanziario, l’energy, risorse e utility e quello manifatturiero. «L’intelligenza artificiale è presente in Eni ormai ovunque», ha detto Giuseppe Magurno, head of AI Technology Solutions di Eni. «L’area di maggior sviluppo è quella di intelligent data process per migliorare le stime produttive, un altro ambito di applicazione è la manutenzione predittiva, utile per prevedere anticipatamente quali impianti dovranno essere sistemati, minimizzando i tempi di fermo, e un altro campo è quello dello sviluppo di un linguaggio naturale e la creazione di algoritmi che aiutino a ridurre i rischi operativi per i colleghi che lavorano negli impianti. Rimanendo sempre nell’area di applicazione dell’Ia in Eni, un’altra è quella della computer vision, che ci permette di verificare che gli operatori in campo adottino tutti i sistemi di protezione previsti, e l’ultima riguarda la cyber security, che ci aiuta a prevenire e limitare attacchi informatici».
L’Ia si presenta quindi come un supporto importante per le decisioni a tutti i livelli. «Per un manager decidere oggi risulta particolarmente complesso perché viviamo e operiamo in un contesto ormai in rapido e costante cambiamento», ha spiegato Renato De Marco, presales manager di Vedrai, azienda che gioca sul verbo vedere e sulla sua desinenza Ai quando declinato al futuro. «Decidere utilizzando unicamente i dati interni non è più sufficiente. Bisogna guardare anche al di fuori dell’azienda. La gestione ottimale non può più essere quella a consuntivo, con la quale guardiamo indietro per decidere, deve essere a preventivo. Noi abbiamo sviluppato prodotti che raccontiamo come agenti virtuali che da un lato vanno analizzare i dati dell’azienda dall’altro a elaborare variabili esterne, dalle meteorologiche a quelle geopolitiche.
Una grande spinta è attesa dalla politica economica e dal Pnrr, e dell’impegno delle istituzioni ha parlato Alessandro Fusacchia, deputato, membro della Commissione Cultura scienza e istruzione e coordinatore intergruppo parlamentare sull’Intelligenza artificiale.
«La presenza nascosta dell’Ia è fortissima perché dietro allo sforzo del Pnrr di digitalizzare il Paese, l’intelligenza artificiale sarà la protagonista», ha detto la professoressa Barbara Caputo del Politecnico di Torino, socia fondatrice di Ellis (European laboratory on learning and intelligent systems), nel panel con Giuseppe Attardi, professore di informatica all’università di Pisa. «I sistemi che sono all’avanguardia nel mondo, soprattutto in Usa e Cina, ci insegnano che l’Ia diventa motore di progresso della società e stimola la comunità accademica a crescere, preparando i giovani talenti formati nelle università ad atterrare direttamente nel sistema produttivo. In questo momento, però, nonostante il terzo pilastro del Pnrr sia dedicato a questo tema, non ci sono state ancora azioni concrete messe in campo dal governo».
E il rapporto dell’Ia con il lavoro? «Avremo un lavoro ibrido tra uomo e macchine», ha spiegato Marco Bentivogli, fondatore di Base Italia, «dove l’Ia sostituirà l’uomo in quei lavori più rischiosi e che non richiedono un particolare sforzo o impegno mentale».
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