IL CEO DI VW AVVERTE: DALLA GUERRA IN UCRAINA CONSEGUENZE PEGGIORI DELLA PANDEMIA
di Francesco Bertolino
L’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia avranno un impatto sull’economia europea più forte della pandemia e della crisi dei semiconduttori. Ne è convinto Herbert Diess, ceo di Volkswagen, secondo cui la minaccia del conflitto per l’Unione europea e la Germania è enorme. Il problema non è tanto la chiusura degli stabilimenti in Russia e Ucraina. Nemmeno preoccupa la successiva decisione di bloccare le esportazioni di auto nel Paese, tutto sommato marginale nel mercato globale. Il timore di Diess riguarda semmai le materie prime che provengono dai due territori, queste sì fondamentali per la produzione di automobili come dimostra il recente blocco di molti impianti tedeschi. L’Ucraina, per esempio, è responsabile del 50% delle forniture di gas neon, adoperato per la fabbricazione di chip, componenti la cui mancanza è già costata quasi 14 milioni di veicoli. «Per un Paese come la Germania che dipende dalla Russia per l’energia e le materie prime, per quanto necessaria se questo conflitto non si fermerà l’eventuale interruzione delle relazioni commerciali potrebbe avere un impatto considerevole», ha aggiunto il top manager al Financial Times, con argomenti validi anche per l’Italia. I maggiori pericoli sono dunque a lungo termine: la svolta elettrica della mobilità può deragliare. La guerra ha fatto impennare le quotazioni d’energia e materie prime come nickel e litio, rallentando la produzione dei costruttori o rendendola anti-economica. Questa impennata rischia di mandare all’aria le previsioni di discesa dei prezzi delle auto elettriche su cui si basano le strategie industriali delle case. Il piano al 2030 di Stellantis assume per esempio che il costo dei veicoli a batteria si ridurrà del 40% nel corso di questo decennio, stima che richiede da un lato progressi tecnologici e dall’altro un calo del costo di componenti e materie prime. Il secondo elemento della previsione pare oggi improbabile e non è detto che il primo sarà in grado di compensarlo, con il risultato che i prezzi potrebbero salire anziché scendere. Prova ne sia che la casa da sempre all’avanguardia nell’elettrico, Tesla, ha deciso di aumentare di 1000 dollari il prezzo di due modelli a listino, Model 3 e Y Long Range, i soli a contenere nickel nelle batterie. Lo stesso ha provato a fare Rivian, incrementando di oltre 10 mila dollari il prezzo dei pickup elettrici pre-ordinati, salvo poi essere costretta a una precipitosa retromarcia dalle proteste dei clienti. D’altra parte, nota Diess, il galoppare dell’inflazione potrebbe abbattere il potere d’acquisto delle famiglie europee, a danno anche della diffusione delle vetture elettriche. Secondo Goldman Sachs, l’aumento esponenziale dell’energia diminuirà significativamente i consumi con un danno quantificato nello 0,5% del pil per la Germania, nello 0,7% per l’Italia e nell’1,2% per la Spagna. In queste condizioni, difficilmente molti consumatori vorranno accollarsi un premio verde. Basti pensare che nel 2030 Stellantis punta a vendere 5 milioni di auto a batteria a un prezzo medio di 30 mila euro, mentre nel 2021 ha consegnato veicoli benzina e diesel a un prezzo medio di 18 mila euro. Ieri, intanto, il gruppo ha deciso di sospendere importazioni ed esportazioni da e per la Russia, come richiesto da una pressante campagna di opinione pubblica. «Abbiamo una task force per assicurarci di rispettare tutte le sanzioni e i controlli sulle esportazioni decisi di giorno in giorno», sottolinea una nota. «Il nostro ceo ha fatto chiare dichiarazioni pubbliche contro ogni forma di violenza. Speriamo che la pace ritorni rapidamente per costruire un nuovo futuro». (riproduzione riservata)
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