di Elena Dal Maso
Nel caso della vendita dei diamanti da parte delle banche «c’era un vuoto normativo, che si moltiplica di fronte alle criptovalute: con i diamanti c’era un bene fisico, mentre dietro le criptovalute questo non c’è.Il Parlamento ha già fatto dei progressi, dando alla Guardia di finanza il compito di creare una lista di chi gestisce questi strumenti. È un compito importantissimo: per i 650 siti che abbiamo chiuso non riusciamo a trovare le persone che ci sono dietro».
Così si è espresso ieri il presidente della Consob, Paolo Savona, nel corso di un’audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario, aggiungendo che «dobbiamo procedere verso un’autorità per la tutela del risparmio». L’aspetto che merita attenzione, è intervenuta la presidente della Commissione banche, Carla Ruocco, «riguarda l’aver configurato la vendita dei diamanti tramite il canale bancario come un’attività connessa a quella bancaria escludendola, di fatto, dalla disciplina del Tub nonostante sia emerso un significativo coinvolgimento nell’attività distributiva di diversi istituti di credito».
Nel corso dell’audizione, il responsabile della Divisione Tutela dei consumatori dell’authority, Mauro Lorenzoni, ha riferito che «Consob ha svolto approfondimenti per verificare se possa essere considerata un’offerta di investimenti di natura finanziaria». Tuttavia non sono stati riscontrati «meccanismi contrattuali» come promesse di rendimento, obblighi di riacquisto ovvero vincoli al godimento del bene, «eventualmente previsti anche tramite contratti collegati al contratto principale di vendita del diamante, che potessero delineare la ricorrenza di un’offerta di un prodotto finanziario e, pertanto, una fattispecie di diretta competenza della Consob».
Lorenzoni ha ricordato che, ai sensi del Tuf, «per prodotto finanziario si intendono gli strumenti e ogni altra forma d’investimento in compresenza di tre elementi: un impiego di capitale; una promessa/aspettativa di rendimento di natura finanziaria; l’assunzione di un rischio connesso all’impiego di capitale».
Consob, ha fatto sapere Lorenzoni, sta svolgendo riflessioni su interventi per alzare il livello di tutela degli investitori. Il primo, ha spiegato, «riguarda il fenomeno della circolazione di cripto-attività nell’ambito di piattaforme di scambio online. Appare evidente che l’acquisto e lo scambio di criptovalute da parte dei piccoli investitori sono determinati dallo scopo di ottenere un profitto collegato all’aspettativa di una rivalutazione di tali attività che però è dovuta a fenomeni di mercato che poco o nulla hanno a che vedere con il loro valore intrinseco».
Potrebbero essere considerate offerte di prodotti finanziari le proposte che vengano reclamizzate con modalità «tali da enfatizzare la possibilità che gli aderenti all’iniziativa conseguano ritorni economici collegati alla fluttuazione di valore della cripto-attività nelle piattaforme in cui questa è scambiata». In secondo luogo, la Consob sta considerando la possibilità di estendere l’attività di contrasto agli abusivismi finanziari anche alle iniziative pubblicitarie condotte tramite internet e riferibili a soggetti non autorizzati alla prestazione di servizi e attività di investimento. (riproduzione riservata)
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