Il conflitto tra Russia e Ucraina ha provocato disordini sui mercati finanziari e aumentato drasticamente l’incertezza della ripresa dell’economia globale. In poche settimane il mondo è cambiato e anche i rischi.

Nel critico contesto attuale, aggravato ulteriormente dal conflitto tra Russia e Ucraina, Coface stima almeno 1,5 punti percentuali di inflazione aggiuntiva nel 2022, mentre la crescita del PIL dovrebbe ridursi di un punto. Se a ciò si aggiunge un’interruzione totale dei flussi di gas naturale russo, l’impatto sul PIL sarebbe di almeno 4 punti, il che porterebbe a una crescita dell’UE prossima allo zero – o addirittura in territorio negativo – nel 2022.

Il conflitto aumenta la pressione sui mercati dell’energia e delle materie prime

La Russia è il 3° produttore mondiale di petrolio, il 2° produttore di gas naturale ed è tra i primi 5 produttori di acciaio, nichel e alluminio. È anche il principale esportatore di grano al mondo (quasi il 20% del commercio mondiale). Dal canto suo, l’Ucraina è uno dei maggiori produttori di mais (6°), frumento (7°), girasole (1°) ed è tra i primi dieci produttori di barbabietola da zucchero, orzo, soia e colza.

Alla notizia dell’invasione, i mercati finanziari globali sono crollati e i prezzi di petrolio, gas naturale, metalli e generi alimentari hanno subito un’impennata. I prezzi del petrolio Brent hanno superato la soglia dei 100$ al barile per la prima volta dal 2014 (125$ al barile nel momento in cui si redige il presente studio), mentre i prezzi del gas TTF in Europa sono balzati al massimo storico di 192 euro il 4 marzo.

Mentre i prezzi elevati delle materie prime erano uno dei rischi potenziali già identificati come un freno alla ripresa, l’escalation del conflitto aumenta la probabilità che i prezzi rimangano elevati per molto più tempo, intensificando la minaccia di un’inflazione elevata nel tempo e aumentando i rischi di stagflazione e disordini socialinelle economie avanzate ed emergenti.

Auto, trasporti e chimica sono i settori più vulnerabili

La crisi colpisce il settore automobilistico, già messo a dura prova da carenze e prezzi elevati di componenti e materie prime: metalli, semiconduttori, cobalto, litio, magnesio… Le fabbriche automobilistiche ucraine riforniscono le principali case automobilistiche dell’Europa occidentale. Alcuni hanno annunciato la chiusura dei loro stabilimenti in Europa, mentre altri stabilimenti in tutto il mondo stanno già pianificando interruzioni della produzione a causa della carenza di microchip.

A subire l’aumento dei prezzi del carburante saranno anche le attività di trasporto marittimo e le compagnie aeree, che sosteranno il peso maggiore. Infatti, si stima che il carburante rappresenti circa un terzo dei loro costi totali. Inoltre, i paesi europei, gli Stati Uniti e il Canada hanno vietato alle compagnie aeree russe di accedere ai loro territori e, in cambio, la Russia ha vietato l’accesso al proprio spazio aereo per gli aerei europei e canadesi. Ciò comporterà costi più elevati poiché gli aerei dovranno seguire rotte più lunghe. Infine, le compagnie aeree hanno ridotto il margine di manovra per far fronte all’aumento dei costi, dal momento che continuano a subire un calo delle entrate a causa della pandemia.

Anche il trasporto merci su rotaia ne risentirà: alle imprese europee è vietato fare affari con le ferrovie russe, il che probabilmente interromperà l’attività di trasporto merci tra l’Asia e l’Europa, transitando attraverso la Russia.

Coface prevede inoltre che le materie prime per l’industria petrolchimica saranno più costose e che l’incremento dei prezzi del gas naturale avrà un impatto sul prezzo dei fertilizzanti, e di conseguenza sull’intera industria alimentare.

Profonda recessione in vista per l’economia russa

L’economia russa sarà in grande difficoltà nel 2022 e vivrà una profonda recessione. Coface ora prevede un calo del PIL del -7,5% nel 2022 dopo la ripresa economica nel 2021.  Coface ha declassato la valutazione rischio paese da B (abbastanza elevato) a D (molto elevato).

Le sanzioni interessano le principali banche russe, la banca centrale russa, il debito sovrano russo, alcuni funzionari pubblici e oligarchi russi, nonché il controllo delle esportazioni di componenti high-tech nel Paese. Queste misure esercitano una notevole pressione al ribasso sul rublo, già crollato, e porteranno a un aumento dell’inflazione dei prezzi al consumo.

La Russia ha una situazione finanziaria relativamente solida: basso livello di debito pubblico estero, avanzo di conto corrente ricorrente e grandi riserve valutarie (circa 640$ mld). Tuttavia, il congelamento imposto dai paesi depositari occidentali di queste riserve impedisce alla banca centrale russa di usufruirne e riduce l’efficacia delle azioni russe.

L’economia russa potrebbe beneficiare dell’aumento dei prezzi delle materie prime, in particolare per le sue esportazioni di energia. Tuttavia, i paesi dell’UE hanno annunciato che intendono limitare le loro importazioni dalla Russia. Nel settore industriale, la restrizione dell’accesso a semiconduttori, computer e apparecchiature per telecomunicazioni, automazione e sicurezza dell’informazione prodotte in occidente influirà negativamente, data l’importanza di questi elementi nei settori minerario e manifatturiero russo.

Le economie europee sono le più minacciate

A causa della sua dipendenza dal petrolio e dal gas naturale russi, l’Europa sembra essere l’area più esposta alle conseguenze di questo conflitto. Sostituire l’intera fornitura europea di gas naturale russo è impossibile nel breve e medio termine e gli attuali livelli dei prezzi avranno un effetto significativo sull’inflazione. Nel momento in cui si redige il presente studio, con un barile di Brent scambiato sopra 125$ e con i contratti a termine sul gas naturale che suggeriscono prezzi stabilmente al di sopra di € 150/Mwh, Coface prevede almeno 1,5 punti percentuali di inflazione nel 2022. Ciò eroderebbe i consumi delle famiglie e, insieme al calo previsto degli investimenti e delle esportazioni delle imprese, ridurrebbe la crescita del PIL di circa mezzo punto percentuale.

Se Germania, Italia o alcuni paesi dell’Europa centro-orientale sono maggiormente dipendenti dal gas naturale russo, l’interdipendenza commerciale dei paesi della zona euro suggerisce un rallentamento generale.

Inoltre, Coface stima che un’interruzione totale dei flussi di gas naturale russo verso l’Europa aumenterebbe l’impatto sulla crescita del PIL nel 2022 a 4 punti percentuali, portando l’evoluzione del PIL vicino allo zero, o addirittura negativo, a seconda di come viene gestita la riduzione della  domanda.

Nessuna regione sarà risparmiata dall’inflazione e dalle interruzioni del commercio globale

Nel resto del mondo le conseguenze economiche si faranno sentire soprattutto attraverso il rialzo dei prezzi delle materie prime, che alimenterà le pressioni inflazionistiche già esistenti. Come sempre, quando i prezzi delle materie prime salgono, gli importatori netti di energia e prodotti alimentari saranno particolarmente colpiti, con lo spettro di gravi interruzioni di approvvigionamento se il conflitto dovesse intensificarsi ulteriormente. Il calo della domanda europea ostacolerà anche il commercio mondiale

In Asia-Pacifico, l’impatto si farà sentire quasi immediatamente a causa dell’incremento dei prezzi all’importazione, in particolare dell’energia. Molte economie della regione sono infatti importatori netti di energia, guidati da Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia.

Poiché i legami commerciali e finanziari tra Nord America, Russia e Ucraina sono piuttosto limitati, l’impatto del conflitto sarà principalmente attraverso il canale dei prezzi e il rallentamento della crescita europea. Nonostante la prospettiva di una crescita economica più debole e di un’inflazione più elevata, i recenti eventi geopolitici non dovrebbero far deragliare la politica monetaria in Nord America.

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