Il mercato auto nel 2030: Tesla vende 20 milioni di vetture elettriche, General Motors e Stellantis 5 milioni a testa, Volkswagen 4 milioni, Bmw e Mercedes 2 milioni ciascuna. Nell’insieme le sole case occidentali consegnano oltre 40 milioni di veicoli a batteria all’anno, sette volte più del totale globale 2021. I prezzi di un’auto elettrica e di una a benzina si equivalgono del resto da qualche anno, per alcuni costruttori già dal 2026. Le reti di ricarica sono capillari e riforniscono perlopiù di energia rinnovabile. Lo scenario al 2030 disegnato dai piani strategici delle maggiori case è talmente idilliaco da risultare poco credibile. Quantomeno agli occhi di un investitore del 2022. Da inizio anno l’indice Euro Stoxx Auto e Componenti ha perso quasi il 17%, più del doppio rispetto allo Stoxx 600. Sull’andamento hanno certo pesato la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia. S&P Global Mobility ha tagliato di 2,6 milioni le stime di produzione sia per il 2022 sia per il 2023, riducendole rispettivamente a 81,6 e 88,5 milioni. La previsione sconta da un lato il blocco delle vendite in Russia e dall’altro le difficoltà nelle forniture causate dal conflitto. Prima della guerra si prevedeva che il mercato russo potesse arrivare a 2,5 milioni di vendite nel 2030. Complici i bassi costi della manodopera e gli incentivi concessi da Mosca, case europee e asiatiche – Volkswagen, Nissan, Kia e soprattutto Renault – avevano perciò investito molto nella produzione locale, spesso anche per esportare in altre parti del mondo. Oggi quelle fabbriche sono ferme e la maggior parte potrebbe non ripartire mai per scelta dei costruttori o per la nazionalizzazione di Vladimir Putin. Quello sulle dimensioni del mercato russo nel 2030, tuttavia, non è l’unico pronostico errato né il principale rischio per l’auto. La crisi ucraina potrebbe invertire la corrente elettrica immaginata dai costruttori. Nel piano presentato poche settimane fa, Stellantis ha previsto che il costo di un veicolo a batteria possa scendere del 40% nel giro di meno di un decennio. A luglio 2021 VW si era detta fiduciosa di poter raggiungere la parità di prezzo fra alimentazioni elettriche ed endotermiche nel 2025. Allora queste previsioni erano parse a molti analisti ottimistiche; oggi la guerra in Ucraina le fa sembrare azzardate. Lo scontro bellico ha già causato problemi di approvvigionamento di cavi, specie alle case tedesche, costrette a fermare diversi impianti in attesa di trovare canali di fornitura alternativi. Nel medio termine, il pericolo principale riguarda il gas neon, necessario per i laser che incidono i semiconduttori. Al momento i livelli delle scorte sono ancora rassicuranti, ma l’Ucraina è responsabile per il 50% delle forniture globali dell’elemento e, se la guerra dovesse continuare a lungo, una seconda crisi dei chip sarebbe inevitabile. Nel lungo periodo preoccupa l’eventualità di un embargo di fatto o di diritto alle importazioni ed esportazioni dalla Russia. Dalle sterminate riserve del primo Paese al mondo per estensione provengono materie prime indispensabili per tutti i settori industriali. Come si vede dalla tabella, frutto di un’analisi di Boston Consulting Group, l’eventuale interruzione o riduzione delle forniture di questi elementi da Russia e Ucraina avrebbe un impatto enorme sui costi dell’auto (per neon, palladio, platino superiore al 10%). «Il rischio al ribasso è enorme», avverte S&P. La minaccia potrebbe diventare esiziale in caso di coinvolgimento della Cina nel conflitto geopolitico fra Mosca e l’Occidente, considerato che Pechino è un anello fondamentale e al momento insostituibile della catena produttiva dei veicoli elettrici. Vuoi anticipando questo pericolo, vuoi per speculazione, all’indomani della guerra il costo medio di una batteria è aumentato di 7.000 dollari a causa della fiammata delle quotazioni di nickel, litio e cobalto. Tesla è già stata costretta a incrementare per due volte i prezzi di listino nel giro di una settimana. Se gli altri costruttori ancora non hanno fatto altrettanto, è soltanto perché la loro offerta di auto elettriche è ancora scarna, ma l’inflazione dei materiali si sta facendo sentire su tutta la gamma. Paradossalmente, così, VW stima ora di riuscire a pareggiare i margini di profitto dalla vendita di auto elettriche ed endotermiche prima del previsto, non perché i costi delle prime scenderanno più rapidamente ma perché quelli delle seconde sono aumentati oltre le previsioni. Quanto saranno disposti a pagare i consumatori per un’auto nel 2030? La debolezza dei mercati azionari, l’inflazione e l’inasprimento dei tassi di interesse ne hanno già depresso la fiducia, riducendo sensibilmente la domanda in eccesso che sinora ha consentito ai costruttori di compensare i minori volumi con listini più alti. Le conseguenze a lungo termine della crisi ucraina rischiano di affossare il potere d’acquisto e di far lievitare ancora i prezzi delle auto elettriche che già Stellantis immaginava in media di 30 mila dollari nel 2030 e Volkswagen non inferiori a 20 mila euro. Un addio alle utilitarie che rende difficile immaginare la vendita di oltre 40 milioni di vetture elettriche e suscita un dubbio: ci sarà spazio per tutti i costruttori nel mercato auto del 2030? (riproduzione riservata)
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