GIURISPRUDENZA
La stipula di un’assicurazione infortuni “in occasione” dell’erogazione d’un mutuo fondiario non sempre è quel che sembra. La S.C. chiarisce i criteri di qualificazione del contratto e gli oneri dell’intermediario
Autore: Marco Rossetti
ASSINEWS 339 – marzo 2022
1.Sono molto diffuse; in genere sono molto care; hanno le forme più diverse: non parliamo ovviamente delle borse da donna, ma delle polizze offerte dalla banca al mutuatario, in occasione della erogazione d’un finanziamento, più spesso d’un mutuo fondiario.
La prassi parla in questi casi di polizze “abbinate” ad un mutuo; e per essi l’Ivass ha dettato addirittura un regolamento ad hoc (regolamento 40/12, del quale si dirà meglio più oltre).
Ma a frugar con lo specillo nella realtà delle prassi commerciali ci si accorge subito che l’espressione “polizze abbinate” è giuridicamente insignificante.
Questi contratti, infatti, possono assumere le forme più diverse sia quanto alla stipula, sia quanto al rischio, sia quanto agli interessi assicurati: sicché il primo problema che essi pongono all’interprete è stabilire che tipo di rischi coprano; chi sia l’ “assicurato” e chi il “contraente”; e soprattutto a quali condizioni essi siano soggetti alla particolare disciplina dettata dall’Ivass.
Una parte di questi problemi è stata recentemente affrontata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 1° febbraio 2022 n. 2989: prima di dar conto dei contenuti di tale decisione, tuttavia, sarà bene mettere un po’ d’ordine nella categoria delle “polizze abbinate al mutuo”.
2. In occasione della stipula d’un qualsiasi finanziamento si fronteggiano due interessi esposti al rischio:
a) l’interesse della banca a conservare il proprio credito, interesse esposto al rischio di insolvenza del debitore (ad esempio per fallimento, morte o inabilità lavorativa);
b) l’interesse del debitore (o dei suoi aventi causa) a non perdere il bene ipotecato a garanzia della restituzione del mutuo, nel caso di impossibilità di restituire il finanziamento. Naturalmente ambedue questi interessi possono essere coperti da un’assicurazione.
Se, però, in base alle clausole contrattuali dovesse ritenersi che l’interesse esposto al rischio, ex art. 1904 c.c., sia quello della banca alla restituzione del mu- tuo, il contratto andrà qualificato come assicurazione del credito.
Se, per contro, dovesse ritenersi che l’interesse cui il contratto ha voluto dare copertura sia quello del debitore a non subire il rischio dell’esecuzione forzata, il contratto andrà qualificato come assicurazione contro il rischio delle perdite pecuniarie.
Se, infine, dovesse ritenersi che l’interesse cui il contratto ha voluto dare copertura sia quello del debitore a cautelarsi contro tutte le conseguenze svantaggiose teoricamente derivanti da una sua sopravvenuta inabilità lavorativa, il contratto andrà qualificato come assicurazione contro gli infortuni.
Per stabilire quale sia l’interesse esposto al rischio naturalmente non ci si può limitare alla qualificazione data dalle parti al contratto (normalmente definito “assicurazione sulla vita” oppure “assicurazione contro gli infortuni”), ma occorrerà badare alla sostanza dei patti negoziali.
2.1. Così, ad esempio, un contratto formalmente qualificato “assicurazione contro gli infortuni”, ma nel quale si stabilisca che nel caso di infortunio invalidante del mutuatario l’assicuratore si obbliga a pagare direttamente alla banca l’importo del mutuo non ancora restituito, difficilmente un contratto di questo tipo potrebbe sussumere se nel genus delle assicurazioni infortuni.
Qui, infatti, il mutuatario non ha alcun diritto di credito nei confronti dell’assicuratore, né può impedire il pagamento dell’indennizzo nelle mani della banca.
L’eventuale vantaggio che il mutuatario trae dalla stipula di una polizza di questo tipo è dunque soltanto un immediato e indiretto, mentre il soggetto effettivamente “assicurato” ai sensi dell’articolo 1904 c.c. è la banca, la quale per effetto del contratto acquista un diritto di credito immediato e diretto nei confronti dell’assicuratore.
Ricorrendo tale ipotesi, naturalmente, la qualificazione del contratto come assicurazione del credito nell’interesse della banca pone ulteriori problemi: se il contratto è stato formalmente sottoscritto dal mutuatario, esso andrà qualificato come assicurazione per conto altrui ex articolo 1891 c.c.; se il premio è stato pagato dal mutuatario, sorgerà il problema di stabilire se sia valida o “abusiva”, ai sensi dell’articolo 33 del codice del consumo, la clausola la quale in sostanza imponga al mutuatario di assicurare a spese proprie il credito della banca.
2.2. Diversa è l’ipotesi in cui il contratto individui il rischio assicurato nell’infortunio del mutuatario, e stabilisca che a quest’ultimo sia dovuto all’indennizzo, il cui pagamento però è “vincolato” a favore della banca in misura pari al debito residuo ad essa ancora dovuto.
In tal caso ci troveremmo dinanzi ad una ordinaria assicurazione contro gli infortuni, con una clausola di vincolo a favore della banca (clausola di vincolo che, anche in questo caso, a seconda dei patti contrattuali potrà di volta in volta essere qualificata come cessione di credito, delegatio solvendi o pegno di credito: valutazioni tutte che non possono essere compiuta ex ante, ma solo ex post, alla luce dei concreti patti contrattuali).
2.3. I contratti di assicurazione “abbinati” ai mutui possono essere molto diversi tra loro non solo quanto al rischio assicurato, ma anche per quanto attiene le modalità di conclusione.
Talora, infatti, la banca propone al mutuatario la stipula di una polizza con una compagnia assicuratrice del tutto terza ed estranea rispetto alla banca mutuante (ipotesi, peraltro, piuttosto rara): in questo caso la banca svolge il ruolo di un ordinario intermediario assicurativo, assumendone tutti gli obblighi precontrattuali di diligenza, correttezza, buona fede, e via dicendo.
In altri casi la banca propone al mutuatario la stipula di una polizza con una compagnia assicuratrice controllata dalla banca stessa, oppure appartenente al medesimo gruppo finanziario, od ancora con la quale la banca ha stipulato un accordo di distribuzione, che resta ignoto al terzo mutuatario.
In questo caso, salva la disciplina dettata dall’IVASS di cui si dirà più oltre, dal punto di vista civilistico la banca viene a trovarsi nella posizione di un intermediario che opera in potenziale conflitto di interessi, conflitto che pertanto dovrà essere correttamente reso noto al mutuatario, ai sensi dell’articolo 119 bis, settimo comma, codice delle assicurazioni.
Tale obbligo ad andrà adempiuto, come già stabilito dalla Corte di Cassazione nella affine materia della responsabilità degli intermediari finanziari, con una dichiarazione “graficamente evidenziata”, mentre non sarà sufficiente, per ritenere assolto l’obbligo informativo incombente sull’intermediario, la dichiarazione contrattuale resa dal cliente, su modulo predisposto dall’intermediario, nel quale si dichiari genericamente di “essere stato informato sull’esistenza di un conflitto di interessi” (Cass. civ., sez. I, 29.1.2019 n. 2472).
Si badi, tuttavia, che la violazione dell’obbligo di informazione circa l’esistenza di un conflitto di interessi da parte dell’intermediario non basta, di per sé, per pretendere la nullità del contratto il risarcimento del danno: quest’ultimo, infatti, potrà essere preteso soltanto se, e nella misura in cui, il mutuatario dimostri che la mancata informazione o la mancata astensione dell’intermediario dal compiere un’operazione non consentita perché in conflitto di interessi, ha avuto per effetto di indurre il mutuatarioassicurato a stipulare un contratto a condizioni più svantaggiose di quelle che avrebbe ottenuto se, correttamente informato, avesse deciso di rivolgersi ad altra compagnia (cfr. Cass. civ., sez. I, 14.2.2018 n. 3658, anch’essa peraltro in tema di responsabilità dell’intermediario finanziario).
Infine, la prassi commerciale conosce un terzo tipo di conclusione del contratto della polizza “abbinata” al mutuo. In questa terza modalità è la banca formalmente a stipulare il contratto di assicurazione, nella forma denominata “polizza collettiva”.
Questo tipo di contratti prevedono normalmente che il mutuatario, manifestando la volontà di aderire alla suddetta “polizza collettiva”, e pagando il relativo premio, beneficia della copertura alle condizioni stabilite tra la banca e l’assicurazione.
Si tratta dell’ipotesi più problematica da inquadrare sub specie iuris: infatti, questa forma negoziale da un lato non potrebbe essere qualificata come assicurazione per conto altrui, ex articolo 1891 c.c., dal momento che il premio pagato dal mutuatario e non dalla banca contraente; ma d’altro canto nemmeno potrebbe essere considerata una “normale” assicurazione, dal momento che il mutuatario aderente alla polizza non ha nessuna possibilità di contrattare termini e condizioni di essa, già stabiliti a monte tra la banca e la compagnia assicuratrice.
Credo pertanto che, salve le specificità di ogni singolo caso da esaminare in concreto, un contratto di questo tipo debba essere qualificato come “contratto normativo”, o, se si preferisce, “convenzione di distribuzione”, in base al quale banca e assicurazione si obbliga propriamente a non distribuire e non offrire ai mutuatari polizze con condizioni differenti da quelle stabilite nella “convenzione”.
Come sempre, la qualificazione giuridica non sarà fine a se stessa.
Ed infatti, negando alle “convenzioni” fra banche e assicurazioni la natura di contratti per conto altrui, ne discende che il mutuatarioaderente potrà invocare nei confronti dell’assicurazione la nullità di eventuali clausole contrastanti con le norme a tutela dei consumatori, possibilità che invece non sarebbe consentita se si qualificasse il contratto come assicurazione per conto altrui.
Nell’assicurazione “per conto”, infatti, è pacifico che le norme sulla tutela del consumatore possano essere invocate soltanto se a rivestire la qualità di “consumatore” sia il contraente, e non il beneficiario.
3. Detto dei problemi posti dalla sfuggente natura delle polizze “abbinate”, vediamo ora quale sia la disciplina normativa per esse attualmente vigente, donde sia nata l’esigenza di una regolamentazione specifica per questo fenomeno, e quale ne sia stata l’evoluzione.
Sin dal 2009 l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato e l’ISVAP, nei settori di rispettiva competenza, rilevarono il diffondersi di pratiche commerciali scorrette od aggressive nell’erogazione di mutui fondiari.
L’Autorità Garante avviò una indagine dalla quale emerse che alcuni istituti di credito avevano subordinato di fatto la concessione di finanziamenti alla sottoscrizione, da parte del mutuatario, di polizze assicurative aventi quale beneficiario l’istituto erogante, a copertura dei rischi di decesso, invalidità permanente, inabilità temporanea totale, malattia grave e perdita d’impiego, pur rappresentando nei relativi materiali pubblicitari e documentazione pre-contrattuale e contrattuale il carattere fa coltativo di tali coperture (Delibera AGCM 25 luglio 2012 n. 23764, confermata da TAR Lazio, 9.12.2019 n. 14066).
Contemporaneamente l’ISVAP avviò un’indagine sulla distribuzione delle polizze assicurative abbinate a mutui e prestiti personali, dalla quale emerse che:
a) le polizze abbinate a mutui e prestiti erano sovente di fatto imposte dalla banca e dagli intermediari finanziari al cliente, quale condizione per accedere al mutuo o al prestito;
b) le polizze erano vendute quasi esclusivamente con la formula del premio unico, da pagare anticipatamente all’atto della stipula del mutuo, di norma aggiungendo il premio assicurativo all’importo mutuato;
c) la banca richiedeva al cliente di essere designata come beneficiaria o vincolataria delle prestazioni offerte dalla polizza, conseguendo lo scopo di garantirsi la protezione della posizione creditoria, la riduzione del capitale di vigilanza, l’immediatezza della riscossione in caso di sinistro;
d) la banca perseguiva i suddetti scopi addossando il costo della polizza al cliente e richiedendo l’applicazione di provvigioni esorbitanti;
e) a causa di tali politiche di prezzo, le polizze in abbinamento a mutui o prestiti presentavano aliquote provvigionali più elevate in media del 44% rispetto a quelle distribuite dagli agenti [così il Servizio Studi del Senato (a cura del), Scheda di lettura n. 328/III, tomo 1, p. 189 ss., allegata al p.d.l. di conversione del d.l. 1/12).
A fronteggiare questo stato di cose intervenne dapprima l’ISVAP, con due atti normativi di identico contenuto: l’art. 52 del regolamento 26 maggio 2010 n. 35, che sarà annullato dal Giudice Amministrativo per un vizio procedurale; e successivamente l’art. 1 bis del Provvedimento 6 dicembre 2011 n. 2946 (anch’esso successivamente annullato dal Giudice Amministrativo, ma solo con riferimento alle polizze abbinate ai contratti di leasing, non a quelli di mutuo).
Con tali provvedimenti l’ISVAP vietò agli intermediari assicurativi di assumere, anche indirettamente, la contemporanea qualifica di intermediario e beneficiario (o vincolatario) dell’indennizzo dovuto in virtù della polizza stipulata per loro tramite.
Il regolamento, come si legge nella relazione che lo accompagnava, aveva lo scopo di prevenire conflitti di interessi, facilitare la mobilità del mercato dei mutui, colmare le asimmetrie informative tra imprese, intermediari e debitori.
Lo stesso giorno in cui l’ISVAP adottò il Provvedimento 2946/11 intervenne anche il legislatore. Con l’art. 36 bis d.l. 6.12.2011, n. 201 (convertito dalla l. 22.12.2011, n. 214) venne inserito nell’art. 21 del codice del consumo (d. lgs. 206/05) un nuovo comma 3 bis, il quale stabilì che “è considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario”.
Pochi giorni dopo il d.l. 201/11, infine, venne emanato il d.l. 24.1.2012 n. 1 (convertito nella l. 24.3.2012 n. 27), il cui art. 28, nel testo originario, stabiliva: “le banche (…) se condizionano l’erogazione del mutuo immobiliare (…) alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita sono tenute a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche (…) stesse.
Il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato la polizza sulla vita più conveniente che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo”.
La norma venne in seguito modificata (sia nella rubrica che nel testo) dall’art. 1, comma 135, della legge 4 agosto 2017, n. 124, il quale:
a) ha esteso l’obbligo della presentazione di due diversi preventivi al mutuatario anche all’ipotesi di “offerta di un contratto di assicurazione connessa o accessoria all’erogazione del mutuo o del credito”, e dunque non solo “condizionata”;
b) se il mutuo è condizionato alla stipula della polizza, ha imposto alla banca di “accettare la polizza che il cliente reperirà sul mercato”, a condizione che soddisfi i requisiti minimi indicati dalla banca
c) ha accordato al mutuatario, che abbia sottoscritto “all’atto della stipula del finanziamento una polizza proposta dalla banca”, il diritto di recesso entro sessanta giorni, senza effetti sul contratto di mutuo;
d) ha imposto alla banca l’obbligo di informare il cliente delle sue facoltà e diritti “con comunicazione separata rispetto alla documentazione contrattuale” (l’ennesima!);
e) ha imposto alla banca l’obbligo di dichiarare al cliente la provvigione ad essa erogata dall’assicuratore per la vendita della polizza, “in termini sia assoluti che percentuali sull’ammontare complessivo”.
4. La disciplina primaria è stata integrata, come si accennava, dal regolamento 40/12 dell’Ivass, il quale – a ciò delegato alla legge – ha stabilito i requisiti minimi delle polizze “abbinate”, ma (attenzione!) solo nel caso in cui l’assicurazione abbia la veste di assicurazione sulla vita: ne restano dunque escluse le polizze contro gli infortuni non mortali, contro il rischio di perdite pecuniarie, contro il rischio di insolvenza.
Entro questi limiti, l’Ivass ha stabilito che la polizza vita “abbinata” al mutuo (mi limito a dar conto delle peculiarità più rilevanti):
a) debba avere la forma di assicurazione temporanea per il caso di morte a capitale decrescente (nei casi in cui il rimborso del mutuo immobiliare segua un piano di ammortamento), oppure a capitale costante (nei casi in cui il rimborso del credito al consumo non segua un piano di ammortamento predefinito) [art. 1, lettera a), reg. 40/12];
b) debba coprire il rischio di morte per qualunque causa, eccetto ovviamente il dolo (art. 1, lettera c);
c) debba avere durata pari (almeno, aggiungo io) alla durata prevista per la restituzione del mutuo (art. 1, lettera d);
d) debba prevedere un periodo di carenza non superiore a 90 giorni (art. 1, lettera h).
5. Si è detto dei problemi posti dalla qualificazione giuridica delle polizze “abbinate” e della disciplina per esse dettata dalla normativa primaria e secondaria.
Ho volutamente lascito per ultimo il problema più delicato: ma a quali condizioni una assicurazione può dirsi “abbinata” ad un mutuo? Quando è stipulata uno actu con esso? Quando è condicio iuris per l’erogazione del finanziamento? E se è stipulata un giorno prima od un giorno dopo il mutuo, potrà dirsi ancora “abbinata”?
Il problema non è solo di interpretazione della legge, ma anche di diritto intertemporale. L’originaria stesura dell’art. 28 d.l. 1/12, infatti, parlava genericamente di “mutui la cui erogazione è condizionata alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita” (mentre la rubrica dell’articolo parlava di assicurazioni “connesse” alla stipula del mutuo, e non “condizionate”, e già tale discrepanza bastava a confondere gli interpreti).
A far data dal 29.8.2017, come accennato, l’art. 28 d.l. 1/12 è stato modificato dall’art. 1, comma 135, l. 124/17, e adesso fa riferimento non solo alle assicurazioni cui è “condizionata all’erogazione del mutuo”, ma più generalmente a tutte le assicurazioni sulla vita “connesse o accessorie all’erogazione del mutuo”.
Speciale disciplina di cui si discorre troverà dunque obbligazione, per i contratti stipulati dopo il 29 agosto 2017, in tre casi:
a) quando la stipula dell’assicurazione è condizione per l’erogazione del mutuo;
b) quando la stipula dell’assicurazione è “connessa” all’erogazione del mutuo;
c) quando la stipula dell’assicurazione è “accessoria” all’erogazione del mutuo.
Eccezion fatta per la nozione di “condizione”, ovviamente rientrante senza residui nella previsione di cui all’articolo 1353 c.c., le nozioni di “assicurazione connessa” e di “assicurazione accessoria” sono di così sconfinata latitudine da non consentire dubbi sul fatto che esse debbano ricomprendere tutti i contratti di assicurazione stipulati dal mutuatario su offerta della banca, o con l’intermediazione della banca, oppure su proposta o consiglio della banca, od anche soltanto nei locali della banca.
Ne resta fuori, praticamente, la sola ipotesi in cui il mutuatario di sua iniziativa e per il tramite di intermediari del tutto diversi scollegati dalla banca mutuante, si sia provveduto in totale autonomia di una copertura assicurativa.
Per i contratti stipulati tra il 2012 ed il 2017, per contro, è più problematico stabilire l’ambito applicativo dell’articolo 28 d.l. 1/12, in quanto tale norma come si è visto nella sua formulazione originaria faceva riferimento unicamente alle assicurazioni “condizionanti” l’erogazione di un mutuo: e poiché l’articolo 1 del regolamento IVASS 40/12 definiva il proprio campo di applicazione rinviando puramente e semplicemente ai contratti “di cui all’articolo 28 d.l. 1/12”, va da sé l’ambito applicativo del regolamento IVASS finisce per dipendere dalla maggiore o minore ristrettezza con cui si interpreta la norma di legge appena ricordata.
Tale problema è stato affrontato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza sopra ricordata (Cass. civ., sez. VI-3, ord. 1° febbraio 2022 n. 2989).
Ha stabilito la Corte, con riferimento ad un contratto stipulato per l’appunto fra il 2012 ed il 2017 (e quindi soggetto alla norma che parlava unicamente di assicurazione “condizionante” l’erogazione del mutuo), che l’art. 28 d.l. 1/12, nel suo testo originario, va interpretato nel senso che il contratto di assicurazione non conforme al reg. Isvap 40/12 sarà nullo – con sostituzione automatica delle sue clausole, ex art. 1339 c.c. – non solo quando il contratto di mutuo prevedeva espressamente una clausola che ne subordini l’efficacia alla previa stipula di un contratto di assicurazione, ma anche in tutti i casi in cui, a prescindere da patti contrattuali espressi, la banca mutuataria abbia anche solo di fatto imposto al cliente la stipula della polizza o comunque limitato la sua libertà di scelta.
Ha precisato la corte che questa “imposizione di fatto” potrà aversi, ad esempio, quando al mutuatario sia lasciato intendere che la stipula della polizza accelererà la pratica; quando non gli sia data alcuna facoltà di scelta dell’assicuratore, né alcuna informazione sul diritto di sceglierne altri; quando i patti del mutuo e dell’assicurazione denotino che l’interesse assicurato, di cui all’art. 1904 c.c., è solo o prevalentemente quello del mutuante a garantirsi contro il rischio di insolvenza del debitore; quando, infine, la stipula della polizza sia indotta con condotte opache, ordite ad decipiendum alterum.
Sulla base di questi principi è stata cassata con rinvio la sentenza di merito la quale aveva ritenuto inapplicabile il regolamento IVASS 40/12 al contratto di assicurazione sulla vita stipulato dal mutuatario per il tramite della banca, in base al rilievo che l’efficacia del contratto di mutuo non era formalmente condizionata alla stipula d’un contratto di assicurazione, senza indagare se la stipula del contratto di assicurazione sulla vita fu di fatto imposta dalla banca, oppure la polizza fu semplicemente “offerta”, lasciando al mutuatario la facoltà di scegliere se accettarla o meno.
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