Il Network Non Autosufficienza, dopo il confronto con studiosi, esperti e organizzazioni che si occupano del tema, ha redatto un nuovo e più dettagliato documento per modificare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 

La pandemia ha messo tragicamente in evidenza tutta l’inadeguatezza del modello italiano di assistenza agli anziani, che sono (stati) i più colpiti in questo anno di emergenza sanitaria e sociale. Nonostante l’invecchiamento demografico e le evidenti difficoltà del settore richiamino l’urgenza di intervenire, ad oggi il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) sembra mancare di un progetto complessivo riguardante l’assistenza agli anziani non autosufficienti. Negli ultimi vent’anni sono stati previsti solo interventi specifici e circoscritti, del tutto insufficienti ad affrontare i problemi di fondo di un settore sviluppatosi per stratificazioni successive e che oggi appare frammentato, disorganico e caratterizzato da differenziazioni territoriali che alimentano diseguaglianze crescenti.

Il Network Non Autosufficienza (NNA), gruppo di lavoro di cui fanno parte studiosi, esperti, operatori pubblici e privati impegnati a vario titolo in questo ambito di policyha avanzato a fine gennaio una proposta che prevede l’introduzione nel Piano di una sezione dedicata proprio a questo tema e lo stanziamento di risorse ad hoc. Una proposta che merita attenzione e di trovare ascolto da parte del Governo Draghi oggi impegnato a finalizzare il PNRR. Il documento elaborato da NNA definisce un quadro progettuale unitario e le azioni da perseguire per costruire anche in Italia – come avvenuto negli ultimi tre decenni nei principali Paesi europei – un sistema di long term care articolato e coerente con i bisogni di una popolazione che invecchia sempre più rapidamente. In tal senso il PNRR può davvero rappresentare un’occasione preziosa per cogliere l’opportunità riformatrice per costruire il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti nel nostro Paese.

Il documento, disponibile da sabato 6 marzo in una nuova versione che recepisce commenti e integrazioni di esperti e studiosi, è arricchito da dati comparati, stime e proiezioni, prevede una più precisa articolazione dei costi – stimati in 7,5 miliardi di euro – e ha visto l’adesione di diverse organizzazioni: AIMA Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, Alzheimer Uniti Italia, Cittadinanzattiva, Confederazione Parkinson Italia, Federazione Alzheimer Italia, Forum Disuguaglianze Diversità, Forum Nazionale del Terzo Settore e La Bottega del Possibile, oltre a Caritas Italiana.

La proposta parte da un’analisi delle criticità attuali e dall’identificazione di alcune priorità di intervento ampiamente condivise tra studiosi, esperti e operatori. Tre sono i problemi principali dell’attuale modello di assistenza alle persone anziane non più autosufficienti su cui appare urgente intervenire: la frammentazione delle rispostemodalità di intervento inadeguate e incapaci di adottare in modo sistematico un approccio multidimensionale all’assistenza intesa anche come care (e non solo come cure); il sottofinanziamento dei servizi. Per rispondere a questi problemi, la proposta del NNA – consapevole che il Next Generation EU mette a disposizione risorse per riforme e investimenti una tantum e che quindi convenga partire dall’analisi di che cosa è realisticamente possibile fare – propone 5 linee di intervento, che riprendiamo sinteticamente di seguito:

  1. costruzione di un “sistema di governance della conoscenza” in materia di assistenza agli anziani non autosufficienti che costituisca uno strumento utile all’azione dei diversi soggetti coinvolti;
  2. riforma del sistema di governance istituzionale per dare vita a un sistema multilivello che ricomponga l’insieme di servizi e interventi rivolti alle persone non autosufficienti – oggi afferenti a diverse filiere istituzionali – in un complesso unitario e coordinato di attività e processi;
  3. accesso unico alla rete degli interventi pubblici con l’obiettivo di unificare i passaggi che anziani e famiglie debbono compiere con riferimento al primo contatto e alla valutazione iniziale della condizione di non autosufficienza;
  4. riforma dei servizi domiciliari seguendo il paradigma del care multidimensionale;
  5. riqualificazione delle strutture residenziali per assicurarne l’ammodernamento e rafforzarne la dotazione infrastrutturale, così da migliorare la qualità di vita degli anziani residenti e l’efficacia dell’intervento assistenziale.

Ciascuna linea di intervento è corredata nella proposta dall’identificazione degli attori da coinvolgere (con una particolare attenzione alla valorizzazione di Regioni e Comuni), degli obiettivi da perseguire, delle azioni da realizzare, con relativo cronoprogramma e una stima dei costi che, come abbiamo detto, complessivamente ammonta a 7,5 miliardi di euro: di questi, 5 andrebbero destinati nel quinquennio 2022-2026 alla riforma della domiciliarità. Nel complesso, la strategia riformatrice proposta consentirebbe di agire direttamente attraverso 4 diversi livelli di azione relativi alla diffusione del sapere (linea di intervento 1), all’assetto istituzionale (linea di intervento 2), all’accesso al sistema locale (linea di intervento 3), all’offerta di interventi di natura sia domiciliare sia residenziale (linee di intervento 4 e 5).

Maggiori dettagli nell’articolo di di Franca Maino, Federico Razetti su Percordi di Secondo Welfare.

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