Il costruttore investe per la prima volta nella merchant e ha l’1,04%
Gli acquisti fatti a febbraio, mentre Del Vecchio sorpassava il patto proiettandosi oltre il 13%. Una mossa fatta guardando al rinnovo del vertice delle Generali. Consob e Antitrust monitorano
di Luca Gualtieri
La quota di Mediobanca che Francesco Gaetano Caltagirone ha comprato lo scorso 23 febbraio ha un valore puramente simbolico. Agli attuali prezzi di mercato quell’1,014% rilevato attraverso l’Istituto Finanziario 2012 vale circa 80 milioni, poca cosa per un imprenditore che ha in cassa oltre un miliardo di liquidità. Ma l’iniziativa, svelata ieri dalla Consob, è rilevante per almeno un paio di ragioni. In primo luogo Caltagirone non era mai entrato nel capitale di Mediobanca e anzi ha sempre centellinato gli investimenti nella finanza del nord, limitandosi ad alcuni presidi strategici come Unicredit (che fino all’autunno del 2019 è stato l’azionista di maggioranza relativa di piazzetta Cuccia) e soprattutto le Generali. Proprio le Generali, di cui il costruttore ed editore romano detiene il 5,65%, sono l’altro elemento che rende assai rilevante il blitz in Mediobanca. L’anno prossimo scadrà infatti il board della compagnia di cui la merchant milanese è primo azionista al 12,97%. Le procedure di rinnovo non potranno entrare nel vivo prima di giugno, ma i grandi soci hanno iniziato a posizionarsi in vista della scadenza (vedi pezzo a fianco). In questo ambito non è un mistero che Caltagirone vedrebbe di buon occhio un cambio di passo che, pur preservando il ruolo e l’identità di Mediobanca, desse un assetto più plurale alla governance della compagnia. Il punto di equilibrio dovrebbe insomma essere una sorta di co-gestione, da applicare soprattutto alla stesura della lista del cda. Molte di queste idee sarebbero condivise anche dall’altro grande azionista di Mediobanca e Generali, Leonardo Del Vecchio.
Dopo il primo blitz nel settembre del 2019 Mister Luxottica è progressivamente arrivato al 13,2% di piazzetta Cuccia, pur potendo spingersi fino al 20%. Proprio nelle scorse settimane la partecipazione di Delfin ha superato quella dell’accordo parasociale che nel 2018 aveva rimpiazzato il vecchio patto di sindacato. Nuovi pacchetti potrebbero arrivare molto presto visto che, per esempio, Vincent Bolloré sta smontando la partecipazione della Financiere du Perguet (appena scesa al 2,76%) e la permanenza di altri soci storici nel capitale non è scontata. Nel frattempo Del Vecchio ha investito con decisione anche sulle Generali di cui è azionista da 14 anni e detiene oggi il 4,8% del capitale. Non vi è dubbio del resto che l’imprenditore abbia progetti molto ambiziosi per Trieste: la mia idea è «riportare Generali al ruolo di leader che aveva nel mercato assicurativo europeo alla fine degli anni 90 e che poi ha perso», aveva dichiarato alle agenzie di stampa qualche mese fa.
Occorre però osservare che finora l’attivismo di Del Vecchio non si è tradotto in iniziative concrete né in Mediobanca, né in Generali. In piazzetta Cuccia per esempio la graduale scalata di Delfin ha avuto pochi effetti sulla governance. Non solo perché la Bce e il mercato non gradirebbero schermaglie tra il primo socio e il board ma anche perché, sin dall’inizio, Del Vecchio ha scelto di presentarsi come investitore puramente finanziario. Coerentemente con questa scelta all’assemblea di rinnovo del cda dell’ottobre scorso, Delfin ha appoggiato la lista di Assogestioni astenendosi da operazioni di disturbo nei confronti del vertice. La tregua è destinata a durare? Si vedrà, anche se oggi certamente l’ingresso di Caltagirone muta la geografia del potere nel Galassia del Nord.
Una cosa comunque è certa: la partita intorno ai futuri equilibri di potere sull’asse Milano-Trieste andrà giocata con grande cautela, non solo perché, come spesso ribadisce il Copasir, bruschi ribassi del titolo Generali potrebbero stimolare raid ostili, ma anche perché iniziative unilaterali potrebbero non piacere ad altri player del mercato, come Intesa Sanpaolo. Creare consenso attorno a un nuovo assetto non sarà insomma semplice, ma c’è chi ritiene che un pezzo dell’establishment finanziario italiano potrebbe tifare per la coppia Del Vecchio – Caltagirone. A partire dall’ Unicredit di Andrea Orcel che Mister Luxottica ha sostenuto convintamente per la successione a Jean Pierre Mustier.
Molto attente agli sviluppi della partita saranno naturalmente anche le authority, dalla Consob all’Antritrust Europeo. Temi che potrebbero finire sotto la lente sono quelli relativi gli intrecci azionari tra Mediobanca e Generali, a eventuali forme controllo di fatto o a presunte azioni di concerto da parte degli stakeholder delle due realtà. Quasi scontata sarà anche l’attenzione della Bce che l’anno scorso, nell’autorizzare la salita al 20% di piazzetta Cuccia, aveva posto a Delfin paletti stringenti e, come spesso accade per le decisioni di Francoforte, non negoziabili. (riproduzione riservata)
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