di Luca Gualtieri
La forte discontinuità scelta da Unipol per il vertice di Bper dovrebbe imprimere un’accelerazione al processo di consolidamento del settore bancario italiano. Così il mercato ha interpretato il licenziamento del ceo Alessandro Vandelli da parte del primo azionista (oggi attestato al 18,9%) e la scelta come capo azienda dell’ex amministratore delegato di Bpm e di Carige Piero Montani. Se difficilmente qualcosa si muoverà a Modena prima dell’assemblea del prossimo 21 aprile, si mormora che uno dei primi atti del nuovo consiglio di amministrazione potrebbe essere la nomina di un advisor finanziario per analizzare le diverse opzioni di m&a. I possibili candidati? Per il momento si può solo osservare che in passato Bper ha lavorato proficuamente sia con Rothischild che con Citi, mentre Unipol vanta un solido rapporto con Mediobanca. Nel frattempo entro maggio l’istituto avrà completato l’integrazione delle filiali Ubi acquisite all’inizio di quest’anno e sarà quindi in grado di concentrarsi su nuove operazioni straordinarie. In quale direzione? La pista su cui il mercato è pronto a scommettere conduce a Banco Bpm. Nel 2020 il blitz di Intesa su Ubi ha privato Piazza Meda del suo partner naturale lasciando il ceo Giuseppe Castagna a bocca asciutta. Il banchiere ha esplorato molte possibilità: da un matrimonio con Unicredit a un’integrazione con il Crédit Agricole fino a un’acquisizione del piccolo ma rodato Credito Valtellinese. Banco e Bper però hanno molto in comune. Non solo la contiguità territoriale e le comuni radici cooperative, ma anche più di un tentativo di fidanzamento. Qualche manager a Milano come a Modena ricorda ancora l’abortito matrimonio del 2007 quando gli influenti e litigiosi sindacati della Bpm stracciarono un contratto già pronto, con tanto di concambio. Dopo anni burrascosi in Piazza Meda l’ipotesi riprese quota nel 2015, quando, in vista della trasformazione in spa, l’istituto già guidato da Castagna si mise alla ricerca di un partner. Anche in quel caso il progetto tornò presto nel cassetto e Bpm preferì concedersi al Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti. Oggi però le premesse per un terzo tentativo ci sono tutte e Lazard (advisor di Banco Bpm) avrebbe iniziato a studiare il dossier da qualche mese.
Oltretutto, pensa qualcuno in piazza Meda, un’accelerazione con Bper potrebbe dissuadere l’Unicredit di Andrea Orcel da una mossa a sorpresa. Il diavolo però sta nei dettagli. A certi soci di piazza Meda il matrimonio con Bper non garba molto e si mormora che alcune fondazioni preferiscano altre soluzioni. Di una simpatia per l’opzione Unicredit non fa mistero nemmeno qualche investitore istituzionale come Davide Leone che, con la sua Leone & Partners, detiene circa il 5% dell’istituto. L’investitore, basato a Londra, vede molto valore inespresso nel titolo Banco Bpm e ritiene che debbano essere esplorate tutte le opzioni.
Se Banco-Bper non dovesse andare in porto, per Modena le alternative non dovrebbero mancare. I contatti con la Popolare di Sondrio per esempio non si sono mai interrotti e anzi potrebbero registrare un’accelerazione e sfociare in un fidanzamento prima della trasformazione in spa dell’istituto valtellinese. Neppure la carta Carige va trascurata. Dopo la decisione di Cassa Centrale di non esercitare l’opzione di acquisto sull’80% del capitale della cassa genovese, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd) potrebbe infatti bussare nuovamente a Bper che già nella primavera del 2019 aveva studiato con estrema attenzione i numeri della banca. Decisamente più fantasiosi appaiono i rumor che accreditano Bper-Unipol tra i candidati della privatizzazione di Banca Mps. (riproduzione riservata)
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