Cina, Corea del Sud, Singapore, Israele: per arginare la diffusione del coronavirus questi Paesi hanno adottato sofisticati sistemi di tracciamento dei contagiati. Altri governi stanno valutando soluzioni simili alla ricerca del delicato equilibrio fra tutela della salute e della privacy. C’è però chi teme che pandemia sia l’occasione per moltiplicare in futuro i casi di sorveglianza ammessi. «È possibile senza dubbio un affievolimento delle libertà individuali per fronteggiare situazioni eccezionali ma occorre disegnare un sistema per cui, terminata l’emergenza, vi sia un automatico e naturale ripristino delle libertà individuali ed un ritorno alla condizione di equilibrio con i pubblici poteri», commenta Massimiliano Masnada, privacy partner di Hogan Lovells. L’uso della tecnologia contro il virus «è senza dubbio utile (e in parte auspicabile)», aggiunge, «va però impedita un’incontrollata schedatura di massa idonea, se usata in modo distorto, a isolare, ghettizzare e impedire la libera partecipazione di tutti la vita democratica del Paese.
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