di Giulio Zangrandi
Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria ed economica per molte aziende italiane rischia di farsi sempre più concreto lo spettro del default. E tra le imprese maggiormente esposte a questa drammatica prospettiva rientrano soprattutto i cosiddetti fallen angels, ossia le società con un merito creditizio di classe intermedia e che da sole rappresentano ben il 65% dell’intero tessuto nazionale di pmi. Lo rivela l’ultima analisi condotta da Modefinance, la prima agenzia di rating fintech d’Europa, che attraverso For-ST, tool di simulazione progettato per svolgere proiezioni di bilancio e attività di stress testing, ha mostrato che le realtà imprenditoriali con rating compreso tra B e BBB soo quelle destinate a subire il maggior contraccolpo nell’ambito di ogni possibile sviluppo dell’attuale crisi, arrivando perfino a diventare speculative grade.
Partendo da un campione di 187 mila piccole e medie aziende del Nord (60%) e del Centro-Sud (40%) con un fatturato tra 2 e 50 milioni di euro e attive soprattutto in manifattura e commercio all’ingrosso (circa il 60% del totale), il gruppo con sede a Trieste ha disegnato le traiettorie delle diverse categorie di creditori in due alternativi scenari futuri, oltre a quello attuale di partenza: un primo moderatamente negativo, in cui si ipotizza una contrazione del fatturato del 4% per tutti i settori e le imprese, incluse quelle predisposte per lo smart working; un secondo gravemente negativo, in cui la contrazione generalizzata del fatturato si attesta in media almeno al 10% e coinvolge anche le aziende al momento poco o per nulla colpite dalla situazione, come quelle della grande distribuzione e del comparto farmaceutico. Stando alle evidenze dello studio, se le prime della classe, ovvero le AAA, si rivelano in grado di superare con disinvoltura anche le previsioni più avverse, le aziende dalla classe A in avanti acquisiscono una probabilità di default prossima se non addirittura superiore alla categoria speculative grade. Nello specifico, per quelle della classe B, che raccoglie imprese equilibrate seppur con margini risicati, il rischio di fallimento raddoppia al 2,14% in un contesto moderatamente negativo, avvicinandole al 2,38% attuale di una pmi con rating CCC, mentre crescono di oltre tre volte in caso di scenario fortemente negativo, passando dallo 0,98% ad addirittura il 3,29%. Una circostanza, quest’ultima, che, visto il peso percentuale di questo gruppo, rischierebbe di mettere a forte rischio la tenuta del sistema bancario, trasformando improvvisamente molti crediti nei portafogli degli istituti da solvibili in non performing.
Nessun pericolo aggiuntivo invece per le imprese che già presentano un basso merito creditizio e quindi un’alta probabilità di fallire in partenza, sulle quali, in maniera simile a quanto rilevato per le AAA, l’aumento della probabilità di default, che pure è rilevante (per la classe D il rischio passerebbe dal 30% al 100%), ugualmente non modificherebbe il livello di rischiosità della categoria. (riproduzione riservata)
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