In piena emergenza da coronavirus stiamo assistendo al dilagare della paura da contagio e ai suoi effetti sulla vita quotidiana. Abbiamo visto città deserte, farmacie assaltate da cittadini alla ricerca di mascherine, supermercati svuotati di acqua, generi alimentari e disinfettanti. Insomma, un clima da reclusione in attesa della catastrofe imminente.
È oggettivamente alta la percezione di un forte rischio per la nostra salute, a volte anche irrazionale. Ad esempio, sono in molti a chiedersi come mai lo stesso timore non sia avvertito per altre problematiche di gravità anche maggiore come ad esempio i cambiamenti climatici.
Lo sappiamo, è tutta una questione di dinamiche psicologiche e sociologiche a spiegare l’allarme massimo per un pericolo che si giudica imminente e dagli effetti immediati, a fronte della pericolosità degli eventi climatici i cui effetti vengono sempre declinati al futuro.
Eppure, cambiamenti climatici e fenomeni naturali catastrofali sono temi molto discussi, collegati tra loro con conseguenze non trascurabili.
Secondo i ricercatori del Centre for Risk Studies dell’Università di Cambridge, le perdite economiche legate a eventi meteorologici estremi potrebbero aumentare del 40% nell’arco dei prossimi 20 anni, a causa proprio del climate change.
Se attualmente la media dei costi diretti causati da eventi meteorologici estremi ammonta a circa 195 miliardi di dollari all’anno, i ricercatori di Cambridge stimano un aumento fino a 234 miliardi di dollari all’anno entro il 2040, con un incremento delle perdite globali di ben 39 miliardi.
Si tratta di dati raccolti attraverso il Cambridge Climate Change Business Risk Index che incorpora l’output del modello climatico per analizzare i crescenti rischi da eventi meteorologici estremi e quantificare il potenziale incremento delle relative perdite.
Inoltre, il Climate Change Business Risk Index esamina anche i potenziali rischi in termini di business interruption e della supply chain a livello globale.
Ad esempio, l’indice sostiene che entro il 2040 le aziende di Chicago avranno il 50% delle probabilità di avere 20 giorni in più all’anno con temperatura media superiore ai 25° C e una settimana in più con più di 30°. Tenendo conto dei costi indiretti derivanti dall’interruzione della supply chain e di altre conseguenze economiche, i ricercatori di Cambridge ritengono che i cambiamenti climatici potrebbero arrivare ad appesantire le perdite economiche annuali per oltre 100 miliardi di dollari su scala globale. Andrew Coburn, Chief Scientist del Center for Risk Studies, spiega che “Le aziende stanno lottando per adattarsi alle previsioni che prefigurano sul lungo termine un pianeta che sarà più caldo, ma soprattutto per rispondere ai cambiamenti climatici che si fanno già sentire in vari modi durante la necessaria fase di transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio”.
Poiché le perdite economiche globali dovute a condizioni meteorologiche estreme tenderanno a crescere in conseguenza dei cambiamenti climatici, anche le perdite del mercato assicurativo e riassicurativo aumenteranno nei prossimi anni.
Questo significa che sarà necessario aumentare le capacità del mercato riassicurativo. Insomma, per assicuratori e riassicuratori si prospetta un periodo di grande lavoro per i prossimi anni, dove il finanziamento e il trasferimento del rischio dovranno tener conto dei costi crescenti delle catastrofi naturali: sarà quindi di vitale importanza la solidità del mercato assicurativo e riassicurativo. Poco più di una settimana fa il gruppo australiano QBE ha detto che i cambiamenti climatici aumenteranno significativamente i costi dei sinistri e potrebbero far salire le tariffe a costi insostenibili, avvertendo che alcune aree del mondo potrebbero diventare non assicurabili.