di Andrea Montanari
Inesorabile e pesante. Il macigno coronavirus si sta per abbattere sull’economia reale dell’Italia. E se già ha portato al collasso le borse e le banche centrali mondiali, adesso la pandemia colpirà pesantemente il tessuto industriale nazionale, composto principalmente da pmi. E se ci sono problemi di produzione, di logistica, di occupazione e di vendita, vi è parallelamente un tema di reperimento della liquidità per la gestione operativa. In particolare, come analizzato da Cribis, la società del gruppo Crif specializzata nella business information, nei prossimi tre mesi il Covid-19 avrà un impatto sul capitale circolante delle piccole e medie aziende (5,3 milioni in tutto, oltre il 90% del sistema imprenditoriale italiano) stimato tra 10 e 19 miliardi su un totale di 342 miliardi di crediti e debiti commerciali. Il dato è emerso dall’Osservatorio che ha preso in esame un campione di 84 mila pmi (fatturato di 2-50 milioni) e ha calcolato l’allungamento dei tempi di incasso e pagamento dovuto alle ripercussioni economiche dell’epidemia. Al contempo Crif Ratings ha stimato che il fabbisogno finanziario compresi rimborsi del debito finanziario in scadenza e investimenti, potrebbe arrivare a 45 miliardi.
La richiesta arriverà principalmente dalle tre regioni che sono al contempo quelle più colpite dal coronavirus e quelle che trainano l’economia e il Pil nazionale: Lombardia (27% di richieste), Veneto (12%) ed Emilia-Romagna (10%). Il calcolo del fabbisogno complessivo è stato fatto su un fatturato aggregato di 716 miliardi: di questi, 190 miliardi sono i crediti verso i clienti e rappresentano il 19% del totale dell’attivo. I settori più colpiti sono quelli del commercio all’ingrosso, della manifattura e del tessile-abbigliamento. Senza trascurare poi il comparto turismo che, seppur godendo di maggiore liquidità, è uno dei business travolti dalla pandemia, su scala globale. «I nostri clienti stanno già registrando i primi segnali di ritardi in aumento rispetto ai termini concordati. Possiamo ragionevolmente attenderci un peggioramento nei prossimi due mesi, a causa della crisi del Coronavirus. Il monitoraggio costante dei tempi di pagamento, che in Cribis viene elaborato in real-time, assume un ruolo gestionale strategico per le imprese», ha commentato l’ad della società, Marco Preti.
Le simulazioni effettuate sul campione hanno valutato l’effetto di un allungamento fino a 20 giorni dei tempi di incasso su 190 miliardi di crediti commerciali e di 10 giorni su 152 miliardi di debiti verso fornitori. L’impatto stimato indica un aumento dei crediti compreso tra 30 e 41 miliardi e tra 10 e 19 miliardi per il capitale circolante netto. In base a questa dilatazione temporale, l’Osservatorio ha riscontrato una crescita dei crediti verso i clienti di circa 41 miliardi. Inoltre, l’aumento dei giorni di pagamento ai fornitori determinerebbe una crescita dei debiti commerciali di 22,6 miliardi, pari al 15%.
Per Crif Ratings il 55% del campione dello studio ha livelli minimi o nulli di indebitamento finanziario. Anzi, si trova anche in situazione di disponibilità di cassa pari o superiori al debito finanziario in scadenza nel corso dei successivi 12 mesi. E se queste aziende riusciranno a superare la crisi temporale rappresentata dal Covid-19, secondo le stime ci sono 31mila pmi che affronteranno la difficile situazione con situazioni di liquidità delicate, Infine, 6mila società non avranno molti margini di manovra. Come fare, quindi, per superare un contesto così difficile? Dall’analisi è emerso che la principale leva di azione per generare cassa nel breve termine, specie per le aziende operanti in settori ad elevata intensità di capitale, sarà legata al contenimento degli investimenti. Ma, come emerge dallo studio Cribis-Crif, questa scelta non sarà sufficiente a coprire per intero il fabbisogno di circa 45 miliardi di liquidità del quale avranno bisogno circa 37mila aziende, quelle in fase critica. (riproduzione riservata)
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