di Michele Damiani

Un titolo edilizio falso non comporta nessuna responsabilità in capo al costruttore se lo stesso non è a conoscenza della sua invalidità. Lo stesso non ha neanche la responsabilità di verificarne la veridicità. La colpevolezza rimane, invece, per il progettista e per il committente. È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 11519/2019 pubblicata lo scorso 15 marzo. La vicenda riguarda la realizzazione di una casa civile di abitazione in zona agricola vincolata per la quale il comune di Castrignano del Capo aveva concesso, a committente e progettista, un permesso di costruire e un’autorizzazione paesaggistica «rilasciata a seguito di nulla osta concesso dalla Soprintendenza, indotta in errore». I provvedimenti infatti, afferma la Cassazione, sono stati «illecitamente rilasciati perchè affetti da falsità ideologica ed in contrasto con le previsioni normative e urbanistiche». L’opera era stata anche realizzata in una maniera non conforme al progetto originario.

Viene contestata in particolare la volumetria considerata edificabile, «ottenuta in base ad un illecito asservimento urbanistico di terreni distanti». Il costruttore veniva assolto in primo grado ma condannato in appello visto il mancato controllo della veridicità del titolo edilizio. Tuttavia, la Cassazione ha ribaltato il verdetto affermando che «il contestato profilo di colpa non è logicamente spiegato. La sentenza non chiarisce cosa avrebbe dovuto fare (il costruttore) per accertare l’invalidità o come egli potesse rendersi conto dell’illegittimità». Inoltre, «il ricorrente si è limitato ad eseguire la semplice struttura del fabbricato, come sarebbe attestato dalla fattura a saldo dei lavori prodotta in atti. La sentenza di appello non spende neppure una parola sul punto che, oltre a confortare l’insussistenza di alcun profilo di colpa, esclude in radice la stessa oggettività del fatto». Su queste basi, la Corte ha annullato la sentenza e dichiarato la non colpevolezza del costruttore.

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