Dopo l’ok in commissione, il decreto 4/2019 verso il via libera in aula alla camera
Per il recupero non bisogna aver lavorato prima del 1996
di Simona D’Alessio
Recupero «scontato» degli anni di laurea (ai fini del raggiungimento dei requisiti per andar in pensione) senza limiti d’età: potranno ricorrervi anche i lavoratori con più di 45 anni, godendo dell’opportunità di detrarre dalle tasse il 50% dell’importo pagato, a patto, però, d’aver iniziato a versare dal 1996 (l’anno nel quale è entrato in vigore il metodo di calcolo contributivo). E colpo di spugna sui tre mesi di attesa (le «finestre») per la decorrenza della pensione per gli occupati in mansioni «gravose» (categorie professionali diverse, dagli insegnanti delle scuole per l’infanzia ai conduttori di mezzi pesanti e di convogli ferroviari, dal personale sanitario agli operatori ecologici) che potranno accedere all’«ape social» rinnovata dal 2019 (con 63 anni d’età e 36 di contributi) e beneficeranno della chance di andare in quiescenza con la «quota 41» destinata ai lavoratori «precoci». È considerevole la mole delle correzioni impresse dai deputati al «decretone» (4/2019), sbarcato ieri nell’aula di Montecitorio per la discussione generale; atteso al Senato in terza lettura, il provvedimento, che ha come «pilastri» due misure particolarmente care alla Lega e al M5s, la «Quota 100» che consente l’anticipo pensionistico (sperimentale per un triennio) e il reddito di cittadinanza, con cui tutelare le fasce fragili della popolazione (anche nella ricerca di un’occupazione), dovrà esser votato e convertito in legge entro il 29 marzo.
Il testo recepisce i contenuti dell’accordo dei giorni scorsi tra governo e regioni: le amministrazioni, rivendicando le prerogative costituzionali di gestione delle politiche del lavoro, hanno ottenuto tanto il dimezzamento della quota dei «navigator», assunti a livello centrale (il ministro Luigi Di Maio intendeva dotarsi di 6 mila «tutor» a supporto dei Centri per l’impiego sparsi sul territorio nazionale, cifra scesa a 3 mila unità, da inquadrare con contratti di collaborazione a tempo determinato), quanto garanzie sul potenziamento delle strutture per l’incontro fra domanda e offerta di occupazione, attraverso un piano straordinario di assunzioni e di risorse aggiuntive.
Ricco, inoltre, il capitolo delle restrizioni e dei controlli sulla fruizione dei benefici: da un lato viene dato l’altolà alla possibilità per chi ha avuto guai giudiziari (i condannati senza sentenza definitiva, le persone sottoposte a misura cautelare ed i latitanti) di presentare domanda per ottenere reddito, o pensione di cittadinanza, e si immettono fra i parametri reddituali pure le case detenute all’estero, dall’altro vengono irrobustiti gli organici della Guardia di finanza e dell’Arma dei carabinieri, affinché possano svolgere le verifiche sui percettori dei sostegni. Inseriti, invece, i «working poor» tra coloro che saranno presi in carico dai Centri per l’impiego, facendo sì che chi riceve paghe basse venga considerato alla stregua di un disoccupato. E sia, perciò, aiutato a trovare incarichi per migliorare la propria condizione. Novità voluta dalle relatrici, le deputate Elena Murelli (Lega) e Dalila Nesci (M5s), è quella sulle modalità di incasso dell’assegno pensionistico, che potrà essere ritirato alle Poste, o in banca, anche in contanti.
Nulla di fatto, infine, per l’emendamento che avrebbe permesso all’Inpgi (Istituto previdenziale dei giornalisti) di ampliare il proprio bacino ai comunicatori dal 2020: malgrado la mediazione raggiunta con la Federazione delle relazioni pubbliche (Ferpi) per individuare le figure che sarebbero rientrate nell’obbligo di iscrizione alla Cassa (si veda ItaliaOggi del 15 marzo 2019), la norma, a firma leghista (appoggiata da parte del governo, però osteggiata da alcuni esponenti del M5s), è caduta sotto la tagliola dell’inammissibilità del presidente della Camera Roberto Fico. «Sono molto delusa», dice la presidente dell’Inpgi Marina Macelloni, «eravamo riusciti a metter d’accordo tutti i soggetti interessati, ma non è bastato. Cercheremo un’altra soluzione, un altro veicolo legislativo per ottenere l’allargamento della platea dell’Inpgi», conclude.
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