L’authority chiede alle assicurazioni di definire piani di emergenza più puntuali
Dall’analisi del secondo pilastro di Solvency II emerge la necessità di mettere a punto stress test più severi, che possano essere utili per calibrare meglio piani industriali e distribuzione dividendi
di Anna Messia
I piani di emergenza devono essere più precisi e le assicurazioni devono indicare con maggiore dettaglio le azioni che sono pronte a intraprendere se il patrimonio o la liquidità dovesse scendere sotto la soglia di guardia. Non solo, quando effettuano uno stress test, le imprese devono prendere a riferimento parametri più sfidati di quelli usati finora, visto che spesso negli ultimi tempi le borse e lo spread sono stati negativi. Sono solo due delle numerose indicazioni recapitate alle compagnie di assicurazione dall’Ivass, l’istituto di controllo del settore. Indicazioni che emergono dall’analisi dei report Orsa, l’acronimo di Own risk and Solvency Assesment.
Si tratta del secondo pilastro di Solvency II, fondamentale per capire se le compagnie sono in grado di conoscere e gestire i propri rischi definendo di conseguenza dividendi, piano industriale e offerta assicurativa. Questo era il secondo anno di esame e benché ci siano stati «alcuni importanti progressi rispetto al precedente esercizio», scrivono dall’Istituto di controllo presieduto da Salvatore Rossi, «permangono tuttavia rilevanti aree che necessitano ancora di miglioramento». Sotto la lente c’è l’intero sistema assicurativo italiano: il campione analizzato da Ivass coinvolge il 73% della produzione Vita e il 76% di quella Danni; escluse solo le imprese più piccole, rispettando il principio di proporzionalità.
Una fotografia di gruppo visto che lo scopo dell’analisi macroprudenziale che caratterizza il secondo pilastro di Solvency II è individuare, a livello di mercato, la concentrazione dei rischi, i comportamenti comuni o anche testare l’utilizzo delle metodologie. In caso di questioni critiche l’Ivass interviene singolarmente ma l’analisi dei report Orsa è fondamentale per capire la capacità del sistema assicurativo italiano di saper gestire i rischi. «Le relazioni analizzate confermano la progressiva assimilazione del processo Orsa nella gestione d’impresa, confermandosi come strumento necessario al processo decisionale, per esempio per la distribuzione dei dividendi o nell’aggiornamento del piano strategico», osservano da Ivass dove aggiungono però che «in diversi casi la relazione non esplicita ancora adeguatamente le connessioni tra il processo Orsa, la gestione dei capitali e lo sviluppo dei prodotti».
Le analisi confermano che tra i rischi di primo pilastro sono prevalenti quelli di natura finanziaria, in primis il rischio spread, seguito dai rischi di tassi di interesse e dal rischio azionario. Insufficiente attenzione viene però rivolta all’individuazione, misurazione e mitigazione dei rischi non inclusi nel primo pilastro «sebbene l’esposizione a taluni di essi si sia accresciuta per via delle dinamiche di mercato», osservano da Ivass. Il riferimento è per esempio al rischio di liquidità, visto che la volatilità dei parametri finanziari ha accresciuto la probabilità di sopportare perdite in caso di smobilizzo forzoso di porzioni rilevanti di parti dell’attivo. E benché quest’anno sia stato più diffuso l’uso di tecniche di stress test, su spread creditizi sui titoli obbligazionari, osservano dall’istituto di controllo, «bisogna aumentare la severità delle ipotesi visti i valori assunti dai parametri nel 2018».
Nel caso degli spread sui titoli di Stato le compagnie avevano previsto una crescita tra 75 e 250 base mentre per il valore dei corsi azionari era stata ipotizzata una perdita media del 25% e Piazza Affari nel 2018 ha perso più del 16% avvicinandosi molto a quello che era stato ipotizzato come lo scenario più nero. (riproduzione riservata).
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