I dati dell’osservatorio Cerved: nel 2018 sono uscite dal mercato 90 mila imprese (-1,3%)
Chiusure in calo ma crescono le liquidazioni volontarie
Pagina a cura di Tancredi Cerne
La crisi dell’economia italiana non si è ancora scaricata del tutto sulle imprese. La conferma è contenuta nell’ultimo osservatorio del Cerved che ha mappato l’andamento dei fallimenti aziendali nel corso del 2018. Per il quarto anno consecutivo, infatti, gli analisti hanno certificato una contrazione del numero delle aziende che hanno chiuso i battenti. Anche se a ritmi meno sostenuti rispetto agli anni passati. «Lo scorso anno sono uscite dal mercato a seguito di una procedura concorsuale o di una liquidazione volontaria 90 mila imprese (ai minimi dal 2005), un dato in leggero calo (-1,3%) rispetto al 2017, quando hanno chiuso i battenti 91.573 aziende», hanno avvertito gli esperti del Cerved. Mentre le aziende fallite sono state 11.277, in calo del 7% rispetto al 2017, valore minimo dopo il picco del 2014.
I miglioramenti hanno riguardato tutta l’economia, ma con tendenze in forte frenata nell’industria (-3% contro il -18,6% dell’anno precedente) e nelle costruzioni (-6,2% contro -16,4%).
Tuttavia, da settembre a dicembre, hanno ripreso a crescere anche le liquidazioni volontarie di società in bonis. «La brusca frenata dell’economia italiana non ha finora prodotto effetti significativi sui fallimenti e sulle altre procedure concorsuali, ma ha generato un’impennata delle liquidazioni volontarie (+6,3% nell’ultima parte dell’anno), un segnale di aspettative meno positive da parte di chi rischia il capitale nell’attività d’impresa», ha spiegato Valerio Momoni, direttore marketing e sviluppo del business di Cerved. «Ci aspettiamo da questa crisi impatti meno violenti sul numero di default rispetto al recente passato, grazie a un sistema di imprese che ha rafforzato i fondamentali economico-finanziari». Analizzando più in profondità i dati raccolti dal Cerved si scopre che lo scorso anno Valle d’Aosta e Puglia sono state le regioni più virtuose d’Italia con un numero di fallimenti in calo rispettivamente del 31,8% e del 20,3% rispetto al 2017. Bene anche il Friuli-Venezia Giulia (-19%), l’Emilia-Romagna (-18,5%), il Trentino-Alto Adige (-17,3%) e il Veneto (-13%). In controtendenza, invece, alcune regioni del centro e sud Italia dove il numero di fallimenti è tornato a salire in maniera consistente. È il caso, per esempio, dell’Umbria, che ha ottenuto il triste primato di regione peggiore della Penisola a causa di un aumento delle chiusure aziendali del 17,3% rispetto a un anno prima. Mentre in Calabria e Sardegna il numero di fallimenti è cresciuto rispettivamente del 3,5 e del 7,1% in rapporto al 2017.
E cosa dire delle procedure non fallimentari? Secondo l’analisi del Cerved, nel 2018 sono state 1.377 le aziende che hanno avviato questo genere di procedura concorsuale, in netta diminuzione rispetto alle 1.715 del 2017 (-19,7%). «Si tratta del valore minimo dal 2008», hanno avvertito dal Cerved secondo cui il dato è stato influenzato delle domande di concordato preventivo che, dopo l’impennata registrata tra il 2007 e il 2013, hanno visto una brusca inversione di tendenza: solo 491 richieste presentate nel 2018, in calo del 78% rispetto al picco di 2.280 del 2013. Il calo delle procedure non fallimentari ha riguardato tutti i settori produttivi, con riduzioni più consistenti nei servizi (-19,7%, da 1.081 a 868, dopo un aumento l’anno precedente del 3,6%) e nelle costruzioni (-23,9%, da 280 a 213, con un’accelerazione rispetto al -12,2% del 2017). Calo a due cifre anche nell’industria (-13,2%), ma in netto rallentamento rispetto a quanto osservato tra 2016 e 2017 (-34,3%). La forte riduzione delle procedure non fallimentari ha riguardato tutta la Penisola: dopo l’aumento del 2017 (+7,8% sul 2016), il numero di casi è tornato a diminuire nel Mezzogiorno, passando da 441 a 349 (-21%), una tendenza analoga a quella del Nordovest, in cui le procedure si sono ridotte da 470 a 353 (-25%). Nel Centro e nel Nordest invece i dati indicano un rafforzamento del calo del 2017: rispettivamente -14,7% (da 457 a 390 casi) e -17,9% (347 a 285). E cosa dire invece dell’andamento delle liquidazioni? In questo caso, la fotografia scattata dal Cerved ha messo in luce una crescita consistente del numero di società che hanno chiuso volontariamente i battenti nel settore dell’industria (+5,6% a quota 3.316). Mentre nei servizi, dove si concentrano tre quarti delle liquidazioni volontarie, l’aumento è risultato più contenuto passando dalle 26.516 del 2017 alle 27.194 dello scorso anno (+2,6%). A livello geografico, le liquidazioni volontarie hanno ripreso a crescere nel Nord, in particolare in Piemonte (+13,8%), Lombardia (+10,3%) e Friuli (+5,5%). Mentre è proseguito il calo nel Centrosud Italia (Campania -14,6%, Basilicata -4,9% e Lazio -4,3%).
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