Un sistema sanitario sempre meno sostenibile e sempre più diseguale. È questo il quadro che è emerso dal Convegno “Sanità tra Equità ed Equilibrio”, organizzato dall’Associazione APROM e RBM Assicurazione Salute con l’obiettivo di fare il punto sulle prospettive del sistema sanitario italiano, a pochi giorni dalle elezioni 2018 che hanno disegnato un inedito quadro politico per il nostro Paese ed al quale hanno preso parte tutti i protagonisti principali del settore della salute, i medici (ENPAM), i farmacisti (FEDERFARMA), le strutture sanitarie (AIOP Lazio, ARIS ed ANISAP) l’AIFA, l’Istituto Superiore di Sanità ed il settore assicurativo (RBM Assicurazione Salute) insieme all’ISTAT ed alcuni degli esponenti più autorevoli della Magistratura Civile, Penale ed Amministrativa.
“Le modifiche demografiche della popolazione italiana, l’aumento della longevità, l’evoluzione tecnologica e i nuovi farmaci mettono sempre più a rischio la sostenibilità del sistema sanitario del nostro Paese sia dal punto di vista finanziario (secondo le ultime stime della Ragioneria Generale dello Stato di qui al 2025 saranno necessari dai 20 ai 30 miliardi di euro aggiuntivi) sia in un’ottica di mantenimento di un’adeguata capacità assistenziale – ha sottolineato Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RBM Assicurazione Salute -. Inoltre, la crescente cronicizzazione delle malattie e l’incremento del tasso di dipendenza impongono di identificare modelli organizzativi e di servizio per rispondere con efficacia ai “nuovi” bisogni di cura”.
Il numero uno di RBM Assicurazione Salute ha ancora sottolineato: “È proprio questo nuovo contesto di riferimento, ancor più che il sottofinanziamento del SSN, che fa sì che la spesa sanitaria privata sia in continua crescita perché intercetta il mancato assorbimento dei bisogni di cura dei cittadini da parte della sanità pubblica. Si stima che nel 2016 oltre 1 italiano su 2 abbia dovuto affrontare spese sanitarie di tasca propria per l’acquisto di servizi e prestazioni mediche, per una spesa complessiva di 39,5 miliardi. Di questi solo 5 miliardi (poco meno del 13%), sono stati “intermediati” da Forme Sanitarie Integrative lasciando, quindi, i cittadini di fronte alla necessità di dover ricorrere – ove possibile – ai propri redditi o ai propri risparmi. La situazione è tanto più paradossale se si pensa che coloro che, invece, già beneficiano già di una Forma Sanitaria Integrativa hanno la garanzia di avere già pagata oltre il 56% delle cure che dovrebbero pagare di tasca propria. È proprio alla luce di questi dati che non si può continuare ad ignorare l’urgenza di una riforma organica dell’impianto normativo della Sanità Integrativa, che abbandoni ogni indugio ideologico per guardare alla salute della persona”.
È proprio a partire dai limiti imposti dall’attuale disciplina della Sanità Integrativa, che muove la proposta di Vecchietti: “Per supportare lo sviluppo di un vero e proprio Secondo Pilastro anche in Sanità bisognerebbe riassorbire tutte le Forme di Sanità Integrative in un impianto normativo omogeneo improntato ai medesimi principi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale favorendone la trasformazione da “strumenti della contrattazione collettiva” a “strumenti a vocazione sociale”, prevedendo nel contempo regole omogenee per tutte le Forme di Sanità Integrativa sulle modalità di gestione del rischio, sui benefici fiscali e previdenziali (prescindendo dal modello di gestione del rischio adottato assicurazione/autoassicurazione) e dalla natura giuridica dei soggetti istitutori (profit/non profit). Si potrebbe così realizzare un effettivo affidamento in gestione della spesa sanitaria privata di tutti i cittadini ad un sistema “collettivo” con governance pubblica, ma a gestione privata in grado di assicurare una “congiunzione” tra le strutture sanitarie private (erogatori) e dei cosiddetti “terzi paganti professionali” (le Forme Sanitarie Integrative, appunto) con un conseguente contenimento del costo unitario delle singole prestazioni/beni sanitari (si tratta, in media, di un risparmio compreso attualmente tra il 20% ed il 30%). La salute è da sempre uno dei beni di maggior importanza per tutti i cittadini. L’assenza di una sanità integrativa strutturata come “Secondo Pilastro Sanitario” non preserva affatto l’universalismo e l’uguaglianza del sistema sanitario del nostro Paese ma anzi mette i cittadini nella condizione di poter accedere alle cure in ragione della propria capacità reddituale. La spesa sanitaria di tasca propria è la più grande forma di disuguaglianza sociale in sanità e può essere contrastata solo “restituendo una natura sociale” alla spesa sanitaria privata attraverso un’intermediazione strutturata da parte delle Forme Sanitarie Integrative quali Compagnie Assicurative, Fondi Sanitarie e Società di Mutuo Soccorso. Un’evoluzione verso un modello multi-pilastro anche in sanità appare sempre più ineludibile per preservare per noi e per le future generazioni quelle caratteristiche di universalismo, uguaglianza e solidarietà che rappresentano da sempre i punti qualificanti del sistema sanitario italiano”.
“L’auspicio – conclude Vecchietti – è che chi avrà la responsabilità del Governo del nostro Paese nei prossimi mesi sappia cogliere l’importanza di questa sfida ed abbia la capacità di valorizzare a beneficio di tutti i cittadini le importanti esperienze maturate in questo settore negli ultimi anni”.