Ha chiuso il 2017 con un utile netto in calo a 56 mln di euro, un risultato operativo in flessione a 206 mln con un combined ratio in aumento al 94,7%e con una raccolta oltre 5 mld. Elevata la solidità patrimoniale con un Solvency II al 239%. L’ad Minali: da Buffett nessuna richiesta di posti nel cda. Bozza statuto pronta, arriva in cda il 29 marzo | Analisti: l’utile ha deluso, non il dividendo
di Francesca Gerosa e Anna Messia
Il bilancio 2017 appena presentato da Cattolica Assicurazioni «è lo spaccato tra vecchio e nuovo», dice a MF-Milano Finanza l’ad Alberto Minali, commentando i conti della compagnia diffusi ieri. I numeri parlano chiaro: nel 2017 l’utile netto della società assicuratrice veronese è stato di 52 milioni, in calo del 40% rispetto al 2016. Ma la flessione era in buona parte prevista dato che il 2017 è stato l’anno del profondo riassetto avviato da Minali, al timone da inizio giugno. Ha pesato sul risultato netto soprattutto la pulizia sul bilancio che nel 2017, e in particolare nel primo semestre, ha portato a svalutazioni per 62 milioni dopo l’adozione di criteri più stringenti sui titoli Afs (available for sale) e a deprezzamenti di alcune partecipate. Ma già quest’anno è atteso il ritorno alla crescita e il 2018 sembra essere iniziato bene. «L’utile 2017 non è stato certo brillante ma abbiamo deciso di tenere ferma la cedola a 35 centesimi facendo affidamento sulla solidità della compagnia e sulla fiducia nel recupero della redditività da quest’anno», aggiunge Minali sottolineando che quello del 2017 «è stato un intervento singolo che non sarà ripetuto».
Ora, una volta rimessa in carreggiata la società, l’impegno è tutto sulla crescita in modo da raggiungere gli obiettivi del piano industriale 2018-2022 presentato lo scorso gennaio, che prevedono un utile operativo a fine piano compreso tra 375 e 400 milioni e un dividendo superiore a 50 centesimi.
Nel 2017 il risultato operativo è stato di 206 milioni, in flessione dell’8,8% per effetto in particolare di un aumento del combined ratio, arrivato al 94,5% (+1,5%) dopo gli eventi catastrofali che hanno caratterizzato il quarto trimestre. Ma il 2018 sembra essere partito decisamente bene, non solo perché non si registrano a oggi calamità significative e nell’Auto si registra una tendenza, sia pur modesta, a una ripresa dei premi medi, ma anche perché la raccolta Vita sembra essere «partita di slancio con l’aumento della quota delle unit sulla nuova produzione». Anche il 2017 era già stato positivo per i volumi Vita, con quasi 3 miliardi raccolti, in crescita del 7,5% con una buona performance sia dei rami tradizionali (+6,9%) sia soprattutto delle unit (+16,6%). A spingere è stata soprattutto Lombarda Vita, la joint venture con Ubi Banca , con 1,6 miliardi di euro raccolti, ma bene sono andate anche la rete di Cattolica, con circa 1 miliardo, e Iccrea, con 325 milioni, mentre Banca Popolare di Vicenza è di fatto rimasta ferma. «La joint venture con Ubi va molto bene e vorremmo replicare lo stesso modello e lo stesso successo con Banco Bpm , che dovrebbe partire da luglio dopo il via libera delle autorità competenti», continua Minali.
L’accordo con Ubi scadrà invece nel 2020 e, con ogni probabilità, i partner dovranno cominciare a discuterne il rinnovo già l’anno prossimo, con lo scenario che appare aperto. Ubi, secondo voci di mercato, sembra non aver gradito affatto la nascita della joint venture tra Cattolica e Banco Bpm ma la compagnia di Verona appare invece ben disposta e rinnovare l’alleanza, intenzionata anzi ad «aumentare ed estendere l’accordo», come dice l’ad. Accordi che ovviamente vanno firmati in due, si vedrà. Intanto c’è un altro evento importante che attende Cattolica nel 2018: la modifica della governance. L’appuntamento è in particolare per il 29 marzo quando il consiglio di amministrazione di Cattolica Assicurazioni deciderà definitivamente i cambiamenti da apportare all’assetto della compagnia, da proporre poi all’assemblea. Sul tavolo, come noto, c’è l’adozione del sistema monistico e la riduzione del numero di consiglieri rispetto ai 23 complessivi (18 nel cda e 5 sindaci) che compongono oggi gli organi di governo della compagnia.
Non solo. Da definire c’è la soglia di capitale che darà diritto agli investitori istituzionali di avere rappresentanti in cda. «La percentuale ancora da definire sarà legata al numero dei consiglieri», ha detto Minali aggiungendo che «il consiglio ha lavorato in maniera molto coesa e c’è stata una discussione molto costruttiva con l’Authority. È una compagnia che da anni non cambia lo statuto, ma questi cambiamenti sono evoluzioni decisive. Sono un passo avanti per dotarsi di una governance più adeguata possibile a portare avanti il piano industriale 2018-2020». Alla porta, come noto c’è il fondo Berkshire Hathaway del miliardario americano Warren Buffett, che dallo scorso ottobre detiene il 9,04% del capitale di Cattolica, divenendone quindi il primo socio, che finora non ha però espresso richieste di posti in consiglio, come ribadito ancora ieri da Minali. In ogni caso va ricordato che le modifiche alla governance con ogni probabilità non entreranno in vigore prima del prossimo aprile, quando scadrà anche l’attuale consiglio di amministrazione. Anche se ci sono alcuni cambiamenti più piccoli che potrebbero avere efficacia già da aprile di quest’anno, come per esempio l’abolizione del vincolo della «veronesità», in base al quale sei rappresentanti del cda devono provenire dalla città scaligera. (riproduzione riservata)
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