Con la quota 100 un’ipotesi di pensionamento ragionevole
A fronte delle recenti proposte in materia previdenziale, il segretario generale della Cisal, Francesco Cavallaro, spiega perché solo proposte di pensionamento senza penalizzazioni possono fermare la spirale di povertà e sfiducia che colpisce soprattutto le fasce più deboli del paese.

Domanda.

Segretario, l’anno prossimo i cittadini italiani si recheranno alle urne per le elezioni politiche. Quali provvedimenti prevede saranno assunti da Governo e Parlamento in questo lasso di tempo?

Risposta. Di certo non mi aspetto miracoli. Mi basterebbe che con coraggio e senso di responsabilità si prendesse atto che i problemi più gravi del Paese, a livello socio economico, di occupazione e di welfare, non sono stati neanche sfiorati dall’azione politica. E si cominciasse ad affrontarli seriamente.

D. Pensa dunque finora si sia perso tempo prezioso?

R. La risposta sta nella situazione in cui versano i cittadini e in particolare i giovani, sempre che non si voglia affermare che le condizioni e le aspettative di lavoratori e pensionati siano cambiate in meglio negli ultimi anni. Livelli di disoccupazione giovanile che si attestano intorno al 40% non mi sembra rappresentino un indice di successo nella lotta alla disoccupazione.

D. Un’occupazione che imprigiona invece sempre più a lungo, e nell’incertezza del trattamento pensionistico che li attende, migliaia di lavoratori con decine di anni di contribuzione all’attivo.

R. Purtroppo le norme che disciplinano il sistema previdenziale, a partire da quelle contenute nella riforma Monti/Fornero, hanno trasformato il conseguimento del diritto alla pensione in una sorta di corsa ad ostacoli verso un traguardo che viene spostato continuamente in avanti. Risultato, chi ha un lavoro ci resta inchiodato fino ad oltre 67 anni di età.

D. Vittime primarie i pensionandi, secondarie i giovani, che si trovano davanti a un mondo del lavoro impermeabile perché saturo di risorse.

R. Esatto. In ambito previdenziale, si sono adottate scelte motivate esclusivamente da esigenze di cassa, quindi si sono nei fatti bloccati i pensionamenti, lasciando peraltro sul campo vittime incolpevoli come gli esodati. Ma la crisi occupazionale è la naturale conseguenza di una gestione poco lungimirante anche su altri fronti. Nei fatti, e i numeri sono ancora sconfortanti, si sono bloccati i consumi. Bloccando i consumi e la domanda, si è mandato in cortocircuito tutto il sistema.

D. Eppure il Governo ha previsto misure destinate a incentivare i consumi. Perché non hanno funzionato?

R. Questa domanda spero se la pongano gli autori degli interventi. Per ora parlano i dati e, a meno che non si cominci a discutere dello zero virgola, onestà intellettuale imporrebbe di riconoscere che si è trattato di misure ininfluenti da un punto di vista pratico, seppure onerose sotto quello economico.

D. Ora il dibattito si sta concentrando su alcuni interventi in campo previdenziale che potrebbero favorire l’occupazione giovanile. E’ una scelta che condivide?

R. L’alternativa tra restare al lavoro o accedere alla pensione anticipatamente, facendosi carico di un mutuo che durerà fino alla fine dei propri giorni, è tutt’altro che allettante e non rappresenta uno stimolo al turnover. Solo lavoratori con redditi ben più consistenti della media possono apprezzare una siffatta soluzione. Si deve smettere di parlare in termini retorici e teorici delle difficoltà delle famiglie italiane e bisogna individuare rimedi concreti ai problemi. La profonda crisi di sfiducia, la preoccupazione per il futuro che vivono le famiglie, unitamente alla ridotta disponibilità economica, sono un poderoso freno reale oltre che psicologico. Il dibattito sulla necessità di intervenire sul sistema pensionistico, di rendere meno rigide le norme della Fornero, è un ulteriore banco di prova. Per restituire serenità agli italiani è necessario costruire ipotesi di trattamenti pensionistici non gravati da oneri ulteriori rispetto all’introduzione del calcolo contributivo.

D. Dunque lei sarebbe d’accordo con la ventilata quota 100, cui fanno riferimento recenti proposte di legge, per agevolare il ricambio generazionale?

R. Rimettere mano al sistema pensionistico è un passo fondamentale e la reintroduzione della quota 100 avrebbe sicuramente un effetto positivo sull’occupazione e sul clima generale del Paese. Fino a ora gli interventi di contenimento spesa come il blocco delle pensioni, delle indicizzazioni e dei contratti non hanno sortito effetti positivi, anzi, hanno portato a paradossi come, appunto, quello di anziani al lavoro e giovani a spasso. Come si suol dire, «le sciabole appese e i foderi a combattere». E le sciabole resteranno appese, in questo caso, fintantoché vigerà un sistema che continua ad aumentare le diseguaglianze, anziché risolverle.
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