di Anna Messia
L’ipotesi di una maxi cedola da pagare agli azionisti (e a Cassa depositi e prestiti) per finanziare una nuova privatizzazione di Poste piace al mercato. Ieri su queste voci il titolo è salito del 4,61% a 6,35 euro rispetto al -1,09% dell’indice Ftse Mib. Le Poste sono pronte a ulteriori processi di privatizzazione ma la scelta spetta ovviamente all’azionista governo, ha detto ieri l’amministratore delegato del gruppo postale, Francesco Caio, chiamato in audizione in commissione Industria al Senato. L’ad ha ricordato che Poste Italiane ha dimostrato di essere in grado di attrarre l’interesse del mercato realizzando nell’ultimo triennio una «crescita costante del fatturato», accompagnata dall’incremento di «ricavi, utili e generazione di cassa». Nel 2014 sono stati distribuiti in particolare 500 milioni di dividendi, nel 2015 altri 250 milioni e per il 2016 il manager ha ribadito l’impegno di distribuire l’80% dell’utile netto. Insomma l’appeal sul mercato non manca e il numero uno di Poste italiane ha confermato che il governo «sta valutando ulteriori ed eventuali evoluzioni», ricordando però che «le decisioni non sono in capo al management ma in capo all’azionista Stato. Che quindi valuterà, sta valutando, come e quando e quali sono le modalità per ulteriori ed eventuali evoluzioni della compagine azionaria».
Un’ipotesi sul tavolo sarebbe appunto l’acquisizione di una quota del 29,7% da parte della Cassa depositi e prestiti, visto che non ci sarebbero più i tempi per una quotazione di metà anno sulla quale ci sarebbero posizioni diverse all’interno del governo. Cdp finanzierebbe in parte l’operazione con la distribuzione da parte di Poste di un dividendo straordinario per un monte totale di un miliardo di euro, in aggiunta a quello previsto di 500 milioni di euro (dati consenso). Quota che potrebbe poi essere collocata in borsa nel prossimo autunno. Scenario che però divide gli analisti. Per Imi «il mercato apprezzerebbe» la prima opzione «in quanto potrebbe beneficiare proporzionalmente della distribuzione di una cedola extra e l’overhang relativo alla seconda tranche sarebbe rimosso». Ma allo stesso tempo resterebbero questioni di governance, dal momento che Cassa depositi e prestiti, già azionista delle Poste, arriverebbe a detenere circa il 60% del gruppo postale che per suo conto distribuisce buoni e libretti postali.
In Mediobanca Securities, che ribadisce su Poste la raccomandazione outperform e il prezzo obiettivo a 8,6 euro, sottolineano i vantaggi «della potenziale distribuzione di circa il 20% della capitalizzazione di mercato nei prossimi mesi». Mentre in Banca Akros (accumulate, target price a 7,9 euro), pensano che l’opzione migliore sia quella di rinviare il placement: «un dividendo straordinario è sicuramente positivo nel breve termine ma potrebbe compromettere il potenziale di crescita di Poste».
In ogni caso, ha sottolineato Caio, una nuova quotazione sarebbe neutrale «dal punto di vista della strategia aziendale», visto che l’introito andrebbe all’azionista Tesoro e non al gruppo. «Il primo grande passo è stata la prima quotazione e il piano non sarebbe influenzato» da una nuova tranche. Per quanto riguarda l’andamento e i progetti del gruppo nei prossime mesi, Caio ha ricordato il rilancio dei servizi postali, portando a esempio l’accordo sviluppato con Amazon. «Un partenariato che ci consente di consegnare attraverso la rete dei postini i pacchi di volume piccolo: nel picco natalizio con la modalità di packaging delle raccomandate abbiamo consegnato in quattro settimane più di 4 milioni di pacchi». Il gruppo è poi nelle condizioni di poter investire a breve fino a 6 o 7 miliardi «per progetti che muovano l’economia reale del Paese, con il finanziamento di grandi progetti infrastrutturali». Investimenti che saranno realizzati tramite Poste Vita. Mentre si lavora per arrivare al 25% di Anima sgr «per essere protagonisti nel risparmio gestito», salendo rispetto alla quota attuale del 10,324%. «Siamo in discussione con loro», ha detto il manager. E sulla necessità di aumentare il peso dei fondi e delle polizze, visti i tassi bassi, stiamo «postalizzando la finanza e non finanziarizzando Poste», ha concluso: «da noi si può trovare una consulenza anche se si entra con soli 1.500 euro da investire». (riproduzione riservata)
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