di a cura di Stefania Barsalini*, Maurizio Dattilo*, Rosa Scrimieri**
1. La successione: profili civilistici – cenni
La successione per causa di morte si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto e determina il subentro di uno o più soggetti nella posizione giuridica e patrimoniale del defunto, secondo le modalità indicate nell’articolo 457 del codice civile.
Nelle successioni gli attori coinvolti sono i seguenti:
– il de cuius, cioè colui della cui eredità si tratta, e
– i successori, cioè quelli che subentrano nel patrimonio del de cuius.
La nozione di successione comprende ogni specie di acquisto a causa di morte, stabilito dalla volontà del defunto o dalla legge, purché derivi dal patrimonio del defunto.
Sono esclusi pertanto gli acquisti che non derivano dal patrimonio del defunto, come pensioni e indennità varie, i quali avvengono direttamente a favore dei superstiti «iure proprio» e non «iure successionis».
Nell’ambito della successione occorre distinguere tra:
– successione a titolo universale in cui il successore, che prende il nome di erede, subentra nella posizione giuridica patrimoniale del defunto,
– successione a titolo particolare, detta legato, in cui si trasferisce uno o più diritti determinati o rapporti attribuiti specificamente al successore (detto legatario) dal testamento o dalla legge.
La differenza fra erede e legatario risiede nel fatto che il primo (erede) si sostituisce al defunto in tutti i suoi rapporti, ne acquista i diritti e nel contempo diviene obbligato per i suoi debiti, in pratica può essere definito il suo «continuatore», il secondo (legatario) non risponde dei debiti ereditari.
Gli eredi subentrano nelle situazioni soggettive del defunto e, quindi, anche in quelle di natura tributaria: quelle attive (ad esempio, i crediti di imposta) ma anche quelle passive (ad esempio, i tributi ).
La successione ereditaria è di due tipi:
successione legittima, disciplinata dagli artt. 565 e ss. del cod. civ., quando è assente il testamento;
successione testamentaria, quando è regolata dal testamento e segue la disciplina esposta negli artt. da 587 a 712 del cod. civ.
I beneficiari della successione legittima sono individuati sulla base delle disposizioni dettate dal codice civile, mentre nella successione testamentaria i beneficiari sono individuati dal de cuius in forza di un testamento (olografo, pubblico, segreto o speciale). Anche in presenza del testamento, tuttavia, devono essere rispettati i vincoli normativi dettati per la successione legittima relativamente alle figure degli eredi necessari (ossia coniuge, discendenti e ascendenti, in assenza di discendenti) ed alle quote di eredità legittima ad essi spettanti.
I beni oggetto di successione, legittima o testamentaria, compongono quello che è definito «asse ereditario», costituito dalla differenza, alla data di apertura della successione (ossia alla data del decesso per effetto dell’art. 456 del cod. civ.), fra il valore dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario e il valore complessivo delle passività deducibili e degli oneri differenti da quelli a carico degli eredi e dei legatari, come indicato dall’art. 8 del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con il decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (di seguito Tus).
Nelle tabelle riportate in Appendice si rappresentano le quote successorie in assenza di testamento (successione legittima) ed in presenza di testamento, con e senza coniuge.
Il patrimonio ereditario può essere distinto in due parti:
1. la quota disponibile, della quale il testatore è libero di disporre
2. la quota di legittima, ossia la porzione di eredità riservata per legge a determinati soggetti, denominati legittimari (o anche riservatari), legati al de cuius da stretti rapporti di parentela o di coniugio; la disposizione testamentaria che leda tale quota (c.d. quota indisponibile o riserva) non è nulla, ma è impugnabile da ciascun legittimario con una specifica azione, c.d. di riduzione, per ottenere quanto spetta per legge.
2. Aspetti fiscali
L’art. 2, commi da 47 a 54, del dl 3 ottobre 2006, n. 262, modificato in sede di conversione dalla legge n. 286/2006, ha ripristinato l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al Tus, per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006; imposta precedentemente soppressa per effetto della legge n. 383 del 2001, con decorrenza dal 25 ottobre 2001.
L’imposta sulle successioni si applica, pertanto, alle «successioni apertesi prima del 25 ottobre 2001 e a quelle apertesi dal 3 ottobre 2006» per i trasferimenti di beni e diritti (denaro, crediti, titoli, immobili ecc.) del de cuius, salvo alcune esclusioni nel prosieguo esposte.
Al di là di alcuni aspetti quali, ad esempio, le aliquote e le franchigie, l’impianto normativo generale vigente fino al 25 ottobre 2001 e successivamente al 3 ottobre 2006 è rimasto invariato, fatte salve alcune novità introdotte dall’art. 1, commi da 77 a 79, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) e relative agli eredi portatori di handicap.
L’art. 2, comma 48, del dl n. 262/2006, poi modificato dall’art. 1, comma 77, della legge n. 296/2006, dispone che gli eredi o i legatari, anche se residenti all’estero, sono tenuti al versamento dell’imposta di successione per i trasferimenti di beni e diritti per causa di morte con le seguenti aliquote e franchigie:
BeneficiariFranchigia per ciascun beneficiario (Euro)AliquotaConiuge e parenti in linea retta1.000.000,004%Coniuge e parenti in linea retta portatori di handicap grave ex lege n. 104/19921.500.000,004%Fratelli e sorelle100.000,006%Fratelli e sorelle portatori di handicap grave ex lege n. 104/19921.500.000,006%Altri parenti fino al quarto grado e affini in linea retta, nonché affini in linea collaterale fino al terzo gradonessuna franchigia6%Altri parenti fino al quarto grado e affini in linea retta, nonché affini in linea collaterale fino al terzo grado portatori di handicap grave ex lege n. 104/19921.500.000,006%Altri soggettinessuna franchigia8%Altri soggetti portatori di handicap grave ex lege n. 104/19921.500.000,008%
Quando prevista, la franchigia è attribuita a ciascun erede (ad esempio, nel caso di eredità devoluta al coniuge e a due figli – nessuno portatore di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104/1992- il valore complessivo esente è pari ad euro 3 milioni mentre è tassata con aliquota del 4% l’eventuale eccedenza relativa a ciascuna quota).
2.1 Ambito oggettivo di applicazione
L’imposta di successione si applica a tutti i beni e diritti trasferiti per causa di morte, quali ad esempio:
-i crediti, compresi ad esempio quelli derivanti da conti correnti, depositi di denaro o certificati di deposito,
-gli strumenti finanziari (azioni, quote di srl, obbligazioni, titoli atipici), sia italiani (compresi i Boc, i Bop e i Bor) sia esteri (compresi i titoli emessi dagli Stati esteri),
-le quote o le azioni di Oicr (fondi o Sicav), sia italiani sia esteri, Ue o meno, armonizzati o meno,
-i pronti contro termine aventi ad oggetto titoli diversi da quelli del debito pubblico dello Stato italiano o garantiti o equiparati, stipulati dal defunto in qualità di acquirente a pronti,
-i contratti derivati,
-i beni contenuti in cassette di sicurezza o plichi chiusi,
-il denaro,
-i gioielli,
-gli immobili (abitazioni, uffici, negozi ecc.) e i diritti reali immobiliari (si segnala che sugli immobili sono dovute anche le imposte ipotecarie e catastali con aliquota complessiva del 3%, senza franchigia, salvo che almeno uno degli eredi possa invocare i benefici «prima casa», nel qual caso le imposte ipo-catastali sono dovute in misura fissa ciascuna di euro 200),
-le aziende (a meno che ricorrano le condizioni previste per l’esenzione1 ).
Per effetto dell’art. 12, comma 1, lett. h) ed i), del Tus, sono esenti da imposta di successione e quindi esclusi dall’attivo ereditario:
-i titoli del debito pubblico (Bot, Cct, ecc.),
-i corrispondenti titoli del debito pubblico emessi dagli Stati appartenenti all’Unione europea e dagli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, e gli altri titoli di Stato (Btp, Cto, Ctz), garantiti dallo Stato o equiparati, quali ad esempio le obbligazioni emesse dalle Ferrovie dello Stato o dall’Enel anteriormente alla loro privatizzazione ed i buoni fruttiferi postali emessi dalla Cdp S.p.A., compresi i titoli di Stato e gli altri titoli ad essi equiparati emessi dagli Stati appartenenti alla Ue e aderenti all’Accordo sul See. Secondo quanto precisato nella cm 28 luglio 2000, n. 149, ai fini dell’imposta sulle successioni, sono esclusi dall’imposta anche i contratti di pronti contro termine stipulati dal defunto (in qualità di acquirente a pronti) su titoli del debito pubblico, titoli di Stato italiani, garantiti o equiparati, in quanto il trattamento tributario dei pronti contro termine aventi per oggetto i menzionati titoli segue la natura dei titoli, in modo da evitare una disparità di trattamento tra investimento diretto ed investimento mediato attraverso il pronti contro termine. In sostanza, con la citata pronuncia il Ministero delle Finanze ha affermato che, in presenza di pronti contro termine in cui l’acquirente a pronti sia deceduto prima della scadenza del contratto, devono essere fatti concorrere alla formazione dell’attivo tassabile solo i titoli acquistati a pronti, ovviamente se diversi da quelli esclusi, e non il diritto di credito per il prezzo a termine,
-le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto (ad esempio, le polizze sulla vita).
Non sono altresì soggetti all’imposta (cfr. art. 3 del Tus) i trasferimenti a favore:
–dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni;
–di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità, compresi quelli aventi fini di culto;
–di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli di cui al precedente alinea, disposti per le finalità di cui all’alinea medesimo;
–di onlus;
–di movimenti e partiti politici.
Tutte le suddette fattispecie, in quanto escluse dall’imposta, non sono fiscalmente rilevanti, nel senso che, anche se dichiarate nella dichiarazione di successione, non rilevano ai fini del computo della franchigia e del limite di esonero posto per la presentazione della dichiarazione (cfr. paragrafo 4).
2.2 Ambito territoriale di applicazione
Per l’applicazione dell’imposta di successione, occorre effettuare un’ulteriore distinzione in ragione della residenza fiscale del de cuius. In tal senso, gli artt. 1 e 2 del Tus stabiliscono che se alla data dell’apertura della successione (ossia alla data della morte) il defunto era residente in Italia, l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero.
Se, invece, alla data del decesso il de cuius non era residente in Italia, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato italiano.
Ciò in pratica significa che, per i debiti dell’intermediario italiano e per i titoli emessi dall’intermediario italiano o depositati presso l’intermediario italiano, l’imposta è dovuta a prescindere dalla residenza (italiana o estera) sia del defunto sia degli eredi (salvi eventuali casi di doppia imposizione, da risolversi in base alla pertinente convenzione eventualmente stipulata tra l’Italia e l’altro Paese).
2.3 Determinazione della base imponibile
Il valore complessivo netto dell’asse ereditario è costituito dalla differenza tra:
–il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e diritti che compongono l’attivo ereditario, e
–l’ammontare complessivo delle passività deducibili (art. 8, comma 1, del Tus2) .
2.3.1Valorizzazione dell’attivo ereditario
Le regole di determinazione dell’attivo ereditario sono contenute nell’art. 16 del Tus, nel quale è stabilito che:
-per i titoli diversi dagli Oicr (azioni, obbligazioni ecc.), se quotati, va assunta la media dei prezzi fatti nell’ultimo trimestre anteriore all’apertura della successione, comprensivo, se si tratta di obbligazioni, del rateo interessi maturato fino alla data del decesso (cfr. art. 16, comma 1, lett. a), del Tus). Secondo il consolidato orientamento ministeriale più volte espresso in tema di computo dei termini per la determinazione del valore «normale» (cioè «di mercato») dei beni, per «trimestre» deve intendersi il periodo che va dal giorno della morte allo stesso giorno del terzo mese solare precedente (in pratica, se un titolo quotato è caduto in successione, per esempio, in data 15 dicembre, tale titolo va valorizzato, ai fini successori, in base alla media delle quotazioni fatte nel periodo 15 settembre – 15 dicembre);
-per le azioni (e le quote di srl) non quotate, occorre fare riferimento al valore del patrimonio netto dell’emittente risultante dall’ultimo bilancio, tenendo conto degli eventuali mutamenti intervenuti (cfr. art. 16, comma 1, lett. b), del Tus);
-per gli altri titoli (es. obbligazionari) non quotati, va invece assunto il valore comparato a quello dei titoli aventi analoghe caratteristiche quotati o, in mancanza, desunto da altri elementi certi (cfr. art. 16, comma 1, lett. d), del Tus);
-per i crediti fruttiferi (è il caso, ad esempio, dei conti correnti e, per analogia, dei certificati di deposito) la base imponibile è determinata assumendo il loro importo – pari al saldo contabile alla data del decesso – maggiorato degli interessi maturati alla predetta data (cfr. art. 18, comma 1, lett. a), del Tus);
-per gli immobili rileva il valore venale in comune commercio (cfr. art. 14, comma 1, lett. a), del Tus). È prevista un’eccezione per gli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il cui valore dichiarato non è soggetto a rettifica se non è inferiore a quello catastale rivalutato (cfr. art. 34, comma 5, del Tus).
2.3.2Valorizzazione delle passività deducibili
Le passività deducibili sono costituite dai debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione e dalle spese mediche e funerarie (art. 20, comma 1, del Tus).
I debiti verso banche, compresi i saldi passivi dei conti correnti, sono ammessi in deduzione, nei limiti della quota di pertinenza del defunto (sulla base del principio secondo cui le quote dei condebitori si considerano uguali se non risultano diversamente determinate).
La deduzione dei debiti verso banche è subordinata alla produzione di un certificato, rilasciato dalla banca entro 30 giorni dalla richiesta scritta. Il certificato deve attestare l’esistenza di ciascun debito, con la specificazione di tutti gli altri rapporti non solo debitori ma anche creditori, compresi i riporti e le garanzie anche di terzi, esistenti con il defunto alla data di apertura della successione presso tutte le filiali della banca. Per i saldi passivi dei conti correnti, dal certificato deve altresì risultare l’integrale svolgimento del conto dal dodicesimo mese anteriore all’apertura della successione o, se precedente, dall’ultimo saldo attivo (cfr. art. 23, comma 2, del Tus).
Fino al momento in cui non sarà operativamente possibile accertare tutti i rapporti debitori riferibili al defunto, l’intermediario certifica i soli rapporti presenti, facendo debita menzione di tale circostanza nella certificazione stessa.
Con disposizioni chiaramente antielusive è sancito che nella determinazione del saldo contabile dei conti correnti bancari non si tiene conto degli addebitamenti dipendenti da assegni bancari non presentati al pagamento almeno quattro giorni prima dell’apertura della successione (art. 22, comma 3, del Tus). In altri termini, gli importi addebitati a seguito della presentazione di assegni bancari all’incasso nel giorno della morte e/o nei tre precedenti vanno sommati al saldo contabile presente alla data del decesso.
A tal fine rileva esclusivamente la data contabile di addebito sul c/c (essendo del tutto irrilevante la data valuta).
Pertanto, eventuali addebiti per assegni bancari portati all’incasso a partire dal quarto giorno antecedente il decesso ovvero nei giorni successivi al decesso non determinano rettifiche ai saldi contabili come rivenienti dalle procedure alla data della morte, così come non deve essere operata nessuna rettifica nel caso di addebiti dovuti ad altro tipo di operazioni (bonifici, emissione di assegni circolari, home banking ecc.) pur se eseguiti nel giorno del decesso e/o nei tre giorni precedenti la morte.
Inoltre, ai sensi del comma 1 dell’art. 22 del Tus dall’asse ereditario non possono essere dedotti neanche i debiti contratti per l’acquisto di beni o di diritti non compresi nell’attivo ereditario (es. titoli di Stato italiani).
3. Le fasi successive al decesso
Il decesso del titolare di un conto corrente o di un dossier dà avvio a fasi che comportano il rispetto di norme procedurali nonché di regole fiscali a carico dei chiamati all’eredità, degli eredi o legatari nonché a carico dell’intermediario.
La prima fase è quella fino alla data del decesso del mandante; la seconda è quella compresa fra la data del decesso e la presentazione della dichiarazione di successione ovvero la dichiarazione di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione da parte degli eredi; la terza ed ultima fase è quella relativa al periodo successivo alla presentazione della dichiarazione di successione ovvero della dichiarazione di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione da parte degli eredi.
4. Adempimenti a carico dei chiamati all’eredità, degli eredi o legatari
La successione ereditaria per causa di morte comporta adempimenti di natura fiscale sia a carico degli eredi sia a carico di terzi.
Per quanto riguarda gli obblighi a carico degli eredi3, è prevista la presentazione entro i 12 mesi4 dalla data di apertura della successione – ossia dalla data del decesso del contribuente – della dichiarazione di successione (art. 31, comma 1, del Tus)5 mediante trasmissione telematica tramite i Servizi telematici dell’Agenzia delle entrate del modello all’Agenzia delle entrate6:
direttamente dal dichiarante;
dagli intermediari abilitati, come ad esempio professionisti e Caf;
dall’ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate competente per la lavorazione in relazione all’ultima residenza nota del de cuius.
Se la residenza del defunto è all’estero (o non è nota), ed egli non ha mai risieduto in Italia, l’ufficio competente è l’Ufficio Territoriale di Roma 6 – Eur – Torrino, della Direzione provinciale II di Roma.
Se il defunto ha risieduto in Italia, prima di risiedere all’estero, l’ufficio competente è quello dell’ultima residenza nota in Italia.
L’Agenzia delle Entrate deve entro i successivi 3 anni dalla data di presentazione della dichiarazione procedere alla liquidazione dell’imposta di successione calcolata sulla base della dichiarazione presentata (art. 27, comma 2, del Tus).
Successivamente al pagamento dell’imposta liquidata, l’Agenzia ha ancora due anni per procedere, se del caso, alla rettifica dell’imponibile e alla liquidazione della maggiore imposta, qualora ritenga la dichiarazione presentata incompleta o infedele7.
Se la dichiarazione è stata omessa, l’Agenzia può procedere all’accertamento entro il termine di cinque anni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione omessa8.
La dichiarazione deve essere sempre presentata, a prescindere dal valore globale netto dell’asse ereditario. In altre parole, la dichiarazione va presentata anche se il valore globale netto dichiarato è inferiore alla franchigia, ove applicabile. In tal caso, evidentemente, l’imposta dovuta e liquidata sarà pari a zero (ferma la debenza delle imposte ipo-catastali sul valore degli immobili).
L’obbligo di presentare la dichiarazione di successione è escluso, qualora si verifichino, contemporaneamente, le condizioni indicate dal comma 7 dell’art. 28 del Tus:
-l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta (ad es. padre/figlio/nipote);
-l’attivo ereditario ha un valore non superiore a 100.000 euro (art. 28, comma 7, del Tus, come modificato dall’art. 11 del dlgs 21 novembre 2014, n. 175, che ha innalzato il valore di esenzione da euro 25.833 ad euro 100.000);
-nell’attivo ereditario non sono compresi beni immobili o diritti reali immobiliari.
L’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e/o diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non compresi nell’attivo ereditario (artt. 9 e 12 del Tus). In altri termini, il valore sopra indicato di euro 100.000 deve intendersi riferito al solo valore corrispondente all’attivo ereditario, vale a dire al valore dei beni e dei diritti che formano oggetto della successione, e non anche ai valori che, come detto, non sono riconducibili all’attivo ereditario o che i cointestatari superstiti sono legittimati ad acquisire iure proprio. Nell’ipotesi, ad esempio, in cui il de cuius sia contitolare di un rapporto di conto corrente cointestato a tre persone, a firme disgiunte, il saldo da prendere a riferimento è la sola quota di spettanza del de cuius, stante la presunzione di eguaglianza delle quote indicata nell’art. 11 del Tus.
Al di fuori delle tre condizioni di esclusione dall’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione sopra elencati, la dichiarazione deve essere sempre presentata, a prescindere dal valore globale dell’asse ereditario, anche se è inferiore alla franchigia.
Con la risoluzione n. 234/E del 24 agosto 2009 l’Agenzia delle entrate ha analizzato il caso in cui, a seguito del decesso del de cuius, si verifica il decesso di uno degli eredi, che non ha ancora esercitato l’accettazione all’eredità.
In tal caso gli eredi superstiti sono tenuti alla presentazione di due dichiarazioni di successione:
-quella relativa alla successione del primo de cuius, indicando, quali chiamati, se stessi e l’erede defunto;
-quella relativa alla successione dell’erede defunto.
Per quanto riguarda le conseguenze fiscali dell’eventuale rinuncia all’eredità del de cuius, in nome e per conto dell’erede deceduto, ai sensi dell’art. 479, 1° comma, del cod. civ. «Se il chiamato all’eredità muore senza averla accettata il diritto di accettarla si trasmette agli eredi». Quindi, per effetto di tale disposizione il diritto di accettare non si estingue con la morte del chiamato prima dell’accettazione, ma si trasmette ai suoi successori a titolo universale, determinando la «successione nella delazione».
Ciò premesso in linea generale, occorre soffermarsi sui particolari effetti che dall’eventuale rinuncia all’eredità del de cuius, effettuata dall’erede superstite in nome e per conto dell’erede defunto, deriverebbero.
La rinuncia non produce alcun mutamento nella devoluzione ereditaria, che opera in favore dell’erede superstite, divenendo erede universale del de cuius.
La rinuncia potrebbe determinare un vantaggio in tema di imposte sulle successioni, ipotecarie e catastali, mediante l’eliminazione di un passaggio successorio e eventualmente nella differenza di aliquote e franchigie che intercorre fra le devoluzioni in linea retta e quelle in linea collaterale.
Rifacendosi alle pronunce espresse dalla Corte di cassazione (nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008 e n. 15029 del 26 giugno 2009), rese a Sezioni Unite, l’Agenzia delle entrate ha stabilito che lo strumento giuridico della rinuncia, sia pure non contrastante con alcuna specifica disposizione, può essere considerato utilizzato dall’erede superstite al solo scopo di ottenere un indebito vantaggio fiscale dando luogo, pertanto, sulla base dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione, ad un «abuso del diritto».
5. Adempimenti a carico dei terzi
Con riguardo agli adempimenti a carico di terzi, l’art. 48 del Tus stabilisce, in particolare ai commi 3 e 4, che i debitori del defunto e i detentori di beni che gli appartenevano non possono pagare le somme dovute o consegnare i beni detenuti agli eredi, legatari e ai loro aventi causa, se non è stata loro fornita la prova della presentazione della dichiarazione di successione con l’indicazione dei crediti e dei beni suddetti. La disciplina dell’imposta di successione comporta, infatti, per i trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte, a carico degli aventi causa interessati, l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione, al fine di ottenere lo svincolo del credito o del bene loro spettante.
Allo stesso modo, i soggetti (società, enti e banche) che hanno emesso i titoli acquistati o sottoscritti dal de cuius (azioni, obbligazioni, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori) non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture, né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata loro fornita la predetta prova con l’indicazione dei titoli.
Tali divieti e/o obblighi, posti a carico dei terzi in generale, non trovano applicazione:
nel caso di beni o crediti oggettivamente esenti dall’imposta di successione9 e, in tale circostanza, la consegna ovvero il pagamento dei predetti beni o crediti possono essere effettuati a favore degli eredi senza che per gli stessi sia necessario acquisire preventivamente la prova della presentazione della dichiarazione di successione con l’indicazione dei medesimi. Al fine di riconoscere gli eredi, in assenza di un testamento, gli emittenti sono tenuti a richiedere il certificato di morte o l’estratto dell’atto di morte, nonché l’atto di notorietà autenticato contenente: le generalità del defunto, le generalità degli eredi legittimi e la dichiarazione di assenza di testamento. In luogo dell’atto di notorietà, viene accettata anche la cosiddetta «dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà» (ai sensi dell’art. 47 del dpr n. 445/2000). In presenza di un testamento, invece, l’identificazione degli eredi è contenuta nel documento stesso, che deve essere pubblicato;
nel caso in cui l’interessato dichiari per iscritto che non vi è obbligo di presentare la dichiarazione di successione in quanto si trova, ad esempio, nella situazione in cui l’eredità sia devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l’attivo ereditario abbia un valore non superiore a centomila euro e non comprenda beni immobili o diritti reali immobiliari. In tal caso, la dichiarazione di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione ricevuta dagli intermediari deve essere dagli stessi trasmessa all’ufficio dell’Agenzia delle entrate di competenza (ossia quella nella cui circoscrizione era l’ultima residenza del de cuius oppure quella di Roma nel caso in cui la residenza del de cuius era all’estero o sconosciuta), a mezzo lettera raccomandata, entro 15 giorni (art. 48, comma 5, del Tus).
Per effetto dell’art. 48, commi 6 e 7, del Tus, le cassette di sicurezza non possono essere aperte dai concessionari prima che sia stata apposta la loro firma su apposito registro tenuto dai concedenti in forma cronologica e senza fogli o spazi bianchi, con l’indicazione della data e dell’ora dell’apertura e delle eventuali altre persone aventi facoltà di aprirle che siano tuttora in vita. Le cassette di sicurezza, dopo la morte del concessionario o di uno dei concessionari, possono essere aperte solo alla presenza di un funzionario dell’Amministrazione finanziaria o di un notaio, che redige l’inventario del contenuto, previa comunicazione da parte del concedente all’ufficio del registro, nella cui circoscrizione deve essere redatto l’inventario, del giorno e dell’ora dell’apertura. Analoghe disposizioni si applicano anche nel caso di armadi, casseforti, borse, valige, plichi e pacchi chiusi depositati presso banche o altri soggetti che esercitano tale servizio.
6. Sanzioni
Chi omette di presentare la dichiarazione di successione è punito con una sanzione amministrativa dal 120 al 240% dell’imposta liquidata. Se non è dovuta imposta si applica la sanzione amministrativa da euro 250,00 a euro 1.000,0010 .
Se la dichiarazione è presentata con un ritardo non superiore a 30 giorni si applica la sanzione amministrativa dal 60 al 120% dell’imposta liquidata e se non è dovuta imposta si applica la sanzione amministrativa da 150,00 a 500,00 euro.
Chi presenta una dichiarazione di successione incompleta o infedele è punito con una sanzione amministrativa dal 100 al 200% della differenza di imposta11 .
La banca che viola il divieto di svincolo dei beni e diritti del defunto se non dopo che sia stata acquisita la prova della presentazione della dichiarazione di successione contenente l’indicazione di detti beni e diritti, oppure non acquisisce e trasmette tempestivamente la «dichiarazione di esonero», è punita con la sanzione amministrativa dal 200 al 400% dell’imposta o della maggior imposta dovuta in relazione ai beni e ai diritti ai quali si riferisce la violazione12.
La banca che viola il divieto di consentire l’apertura delle cassette di sicurezza o dei plichi chiusi se non alla presenza di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate (previamente informata) o di un notaio è punita con la sanzione da euro 516,00 a euro 4.132,0013.
7. Impossibilità di utilizzo da parte dell’erede delle minusvalenze del defunto
La normativa in vigore individua nel solo intestatario del rapporto che si estingue il soggetto che può beneficiare delle minusvalenze14 ovvero del risultato negativo di gestione15 .
Al riguardo, l’Amministrazione Finanziaria ha confermato che le minusvalenze e le perdite assumono rilevanza esclusivamente in capo al soggetto che le ha realizzate e pertanto non possono essere oggetto di successione ereditaria, non trattandosi di diritti patrimoniali, ossia di crediti, di debiti o di cespiti16.
Di conseguenza, le minusvalenze e le perdite realizzate dal defunto anteriormente al decesso non possono essere trasferite agli eredi.
8. Aspetti procedurali a carico degli intermediari
All’apertura della successione, gli eredi devono presentare all’intermediario la seguente documentazione:
-il certificato di morte: nelle successioni testamentarie, il verbale di pubblicazione o di attivazione del testamento reca, di norma, in allegato il certificato di morte;
-la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con sottoscrizione autenticata da Notaio o da Cancelliere o da Segretario comunale o da altro funzionario comunale incaricato dal Sindaco, attestante i soggetti aventi diritto alla successione, l’esistenza di eventuali testamenti ed altri fatti rilevanti inerenti i diritti successori. È possibile richiedere uno schema-tipo di dichiarazione sostitutiva. L’erede può fornire, se già redatto, direttamente l’Atto notorio (attestazione di notorietà resa avanti a Notaio o Cancelliere del Tribunale);
-la copia conforme del verbale di pubblicazione o attivazione di testamento, in caso di presenza di testamento.
Non è consentito il rilascio di autocertificazioni, prive di autentica di firma, agli intermediari che, essendo operatori privati e non operatori pubblici, devono acquisire certificati e dichiarazioni di notorietà rese avanti a pubblici ufficiali, per procedere all’identificazione degli aventi diritto, cui consegnare le disponibilità economiche depositate dai propri clienti.
L’intermediario, a seguito della comunicazione scritta del decesso di un cliente, dispone automaticamente il blocco dei Mandati di gestione o di custodia ed amministrazione intestati al de cuius, ossia dei mandati ricevuti a custodire e ad amministrare gli strumenti finanziari in modo passivo con obbligo di restituzione degli stessi, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 48 del Tus. Con il decesso del titolare, si estinguono anche tutti i poteri di firma che il defunto aveva concesso a terzi quando era in vita. Ciò significa che, dopo la morte del titolare di un rapporto, nessuna persona che aveva poteri di firma è più autorizzata a effettuare prelievi o altre operazioni su tale rapporto.
Una volta effettuato il blocco che consente di riconoscere la natura («per successione») dello stesso, le uniche operazioni che possono essere effettuate dall’intermediario sul mandato intestato al de cuius oppure, in presenza di cointestazioni, sulla quota parte di proprietà del de cuius, riguardano la realizzazione della provvista per far fronte al pagamento delle eventuali commissioni maturate sino a quella data e dell’imposta dovuta sui capital gain realizzati; da tale momento, cessa l’addebito delle commissioni di gestione (cfr. parere Abi n. 1233 del 10 settembre 2010).
Fino a quando gli eredi non presentano la dichiarazione di successione oppure la dichiarazione di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione, l’intermediario apre dei nuovi mandati di gestione patrimoniale intestati a «Eredi di », con indicazione del codice fiscale del de cuius e vi attribuisce il patrimonio riconducibile al de cuius stesso presente sul Mandato estinto. In tali nuovi mandati intestati a «Eredi di ..», l’intermediario non svolge alcuna attività gestoria, limitando l’attività alle sole pratiche amministrative (pagamento cedole e interessi obbligazionari, rimborso obbligazioni, pagamento dividendi).
I beneficiari economici finali di tali nuovi mandati saranno gli eredi così come risultanti dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio o dalla dichiarazione di successione o ancora dalla dichiarazione di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione.
L’intermediario, su richiesta degli eredi e definita la successione trasferisce le attività finanziarie intestate al de cuius ai singoli rapporti di custodia o amministrazione intestati agli eredi presso il medesimo o altro intermediario, ovvero consente il loro prelievo materiale, attribuendo alle attività stesse i valori definiti o dichiarati ai fini dell’imposta sulle successioni.
8.1 La divisione fra gli eredi: aspetti civilistici (cenni) e aspetti fiscali
Sotto il profilo civilistico la divisione fra più eredi può essere oggetto di patto contrattuale o di domanda giudiziale.
Nel caso in cui tutti i coeredi siano d’accordo, si procede con la divisione contrattuale, che si perfezionerà una volta raggiunta l’unanimità dei consensi sull’insieme delle varie operazioni necessarie, disciplinate analiticamente dalla legge (artt. 718 e ss. del cod. civ.), o preventivamente indirizzate dallo stesso de cuius (art. 733 del cod. civ.). Qualora non sia raggiunta l’unanimità dei consensi, si deve procedere alla divisione giudiziale ad iniziativa di qualsiasi coerede interessato. La divisione in tal senso sarà fatta con sentenza, che può essere impugnata nelle ordinarie forme giurisdizionali.
Alla divisione può giungersi attraverso ulteriori varianti procedimentali, tra le quali vanno menzionate la divisione del testatore (art. 734 del cod. civ.) e la c.d. divisione notarile, formula che in realtà individua l’ipotesi in cui, nella divisione contrattuale, i condividenti, con decisione unanime, deferiscano a un notaio il compimento delle operazioni divisionali (art. 730 del cod. civ.); in mancanza di accordo, la nomina del notaio è fatta con decreto dal tribunale del luogo dell’aperta successione.
In ogni caso, l’intermediario dovrà limitarsi a creare un unico dossier titoli intestato ai coeredi, in attesa della divisione. Solo quando l’intermediario verrà a conoscenza della volontà di tutti gli eredi, manifestata attraverso la divisione contrattuale o in presenza della decisione del giudice in materia, essa potrà procedere alla divisione dei titoli.
Nel caso di situazioni caratterizzate da una diversa ripartizione delle attività finanziarie cadute in successione tra i vari coeredi, tale da condurre a quote di possesso non coincidenti con quelle previste dalla normativa successoria – così da assegnare, ad esempio, tutti i titoli a uno solo dei coeredi con esclusione degli altri – occorre verificare i presupposti giuridici che caso per caso conducono alla suddivisione.
8.1.1 La divisione fra gli eredi in caso di comunione dei beni
È utile ricordare che la comunione legale dei beni fra i coniugi, regolata dagli artt. 177 e ss. del cod. civ. costituisce uno schema normativo finalizzato alla tutela della proprietà della famiglia, attraverso particolari forme di protezione della posizione dei coniugi nel suo ambito e non alla tutela della proprietà individuale, come accade per la comunione ordinaria regolata dall’art. 1100 del cod. civ.. Conseguentemente, i crediti, data la loro natura di beni, ai sensi degli artt. 810, 812 e 813 del cod. civ., sono suscettibili di entrare in comunione, laddove non vi sia una delle eccezioni alla regola generale di cui all’art. 177 del cod. civ., poste dall’art. 179 del cod. civ.
In considerazione di quanto esposto, il saldo attivo di un conto corrente o di un dossier titoli, posseduto in regime di comunione legale fra i coniugi ed intestato ad uno solo dei due, fa parte della comunione legale al momento del decesso dell’intestatario, per effetto dell’art. 177, comma 1, lett. c), del cod. civ., anche se nello stesso siano affluiti proventi dell’attività separata svolta dal medesimo titolare.
Il decesso di uno dei due coniugi comporta lo scioglimento della comunione legale ed il riconoscimento della titolarità comune, in parti uguali, dei due coniugi sul saldo attivo del conto corrente e del dossier intestato ad uno dei due. Pertanto, posto che i beni rinvenuti nei depositi intestati al coniuge defunto diventano di proprietà del superstite iure proprio e non iure successionis, il superstite, operando in veste di contitolare della comunione e non di erede, non è tenuto alla presentazione alla banca della dichiarazione di successione per ottenere lo svincolo dei beni17.
8.1.2. La divisione fra gli eredi in caso di cointestazione dei beni
A seguito della stipula di un contratto di conto corrente bancario, si presume che titolari dell’intera provvista siano, in parti uguali, tutti i cointestatari del conto compreso il contitolare defunto.
L’art. 1854 del cod. civ. stabilisce, infatti, che «Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.» e l’art. 1298 del cod. civ. dispone che nei rapporti interni tra i cointestatari « l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.».
Nei rapporti di conto corrente cointestati, occorre considerare tuttavia che l’operatività può essere svolta con firma disgiunta da parte dei cointestatari ovvero con firma congiunta.
In presenza della firma congiunta fra i cointestatari, così come il de cuius non poteva disporre in vita delle somme depositate senza l’imprescindibile collaborazione dell’altro cointestatario, analogamente quest’ultimo perderà ogni potere di disposizione sulle giacenze del conto corrente. In altri termini, né il cointestatario superstite né gli eredi nuovi cointestatari potranno autonomamente disporre del denaro e dei titoli presenti sul dossier bancario.
Per quanto concerne invece le liquidazioni parziali spettanti a ciascun coerede, la Cassazione18 ha più volte chiarito che, in tale ipotesi, ognuno di essi avrà diritto alla propria quota indipendentemente dal consenso o dalla contestuale presenza di altri soggetti. Per l’orientamento citato, infatti, l’esistenza di una pluralità di eredi determinerebbe il sorgere di autonomi rapporti obbligatori con l’istituto di credito coinvolto nella vicenda successoria.
Nel caso in cui l’operatività sul dossier cointestato sia svolta con firma disgiunta, per effetto degli artt. 1292 e 1294 del cod. civ., la firma separata da un lato consente a ciascun contestatario di disporre disgiuntamente del conto e dall’altro lato obbliga la banca ad adempiere alla restituzione totale o parziale delle somme eventualmente depositate con efficacia liberatoria nei confronti di tutti.
A tal proposito, la Corte di cassazione19 ha chiarito che mentre, in generale, la cointestazione determina una situazione di titolarità plurisoggettiva, regolata dalle norme che disciplinano la comunione di diritti reali sui beni, in forza delle quali nessun partecipante può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri, la coesistenza della separazione delle firme integra la facoltà di ciascun cointestatario del deposito di prelevare disgiuntamente, anche oltre i limiti delle rispettive quote, con l’obbligo corrispondente della banca di adempiere alla restituzione di quanto depositato, con effetto liberatorio nei confronti di tutti i cointestatari.
Posto, infatti, che in mancanza della clausola «a firma separata» o di quella «a firma congiunta», ciascun cointestatario del deposito potrebbe solo ritirare le somme corrispondenti alla propria quota, della quale è contitolare ai sensi dell’art. 1101 del cod. civ., la funzione della «firma separata» consente ai cointestatari, con effetto nei confronti della banca, partecipe dell’accordo, al prelievo disgiunto, anche oltre i limiti della quota, attraverso lo scambio reciproco dell’autorizzazione ad esercitare il diritto anche al di là di quei limiti, in deroga alla regola codicistica dell’art. 1102 del cod. civ.
Pertanto, in base al predetto orientamento, il contitolare superstite che agisce iure proprio, quale contitolare attivo, può legittimamente prelevare le somme depositate senza presentare la dichiarazione di successione oppure dimostrare di essere esonerato dalla presentazione della stessa.
I titoli e gli strumenti nominativi intestati al de cuius concorrono alla tassazione per il loro intero ammontare, ancorché immessi in un deposito cointestato con altro soggetto.
Per i titoli e gli strumenti cointestati, ovvero al portatore depositati in rapporti cointestati a nome del defunto e di altre persone, compresi quelli contenuti in cassette di sicurezza o plichi chiusi, nonché per i crediti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari o postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate20.
9. Effetti fiscali della successione in presenza di dossier con opzione per il risparmio amministrato o gestito
È opportuno esporre alcune preliminari considerazioni di carattere generale, ai fini della corretta individuazione della normativa tributaria di riferimento applicabile nel caso di acquisizione per successione di attività finanziarie suscettibili di determinare plusvalenze ed altri redditi diversi, avendo riguardo alle ipotesi in cui il de cuius abbia esercitato l’opzione per il regime di risparmio amministrato oppure per il regime di risparmio gestito, disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 6 e 7 del dlgs n. 461/1997.
In particolare, le disposizioni generali rilevanti a tali fini sono essenzialmente due:
-il principio di neutralità fiscale fissato dal comma 6 del citato art. 6 per i dossier con opzione per il risparmio amministrato e dal comma 8 dell’art. 7 del dlgs n. 461/1997 per i dossier con opzione per il risparmio gestito21, secondo cui i trasferimenti mortis causa non sono equiparati, ai fini impositivi, alle operazioni di cessione e, come tali, pertanto, non costituiscono presupposto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze;
-la regola di valorizzazione prevista dall’art. 68, comma 6, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), secondo cui «nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione».
Da tali disposizioni emerge, pertanto, che per i trasferimenti agli eredi di attività finanziarie precedentemente intestate al de cuius:
-non si evidenziano né minusvalenze né plusvalenze rilevanti fiscalmente ai fini della normativa dei c.d. capital gain e non operano quindi le regole di tassazione previste dal regime del risparmio amministrato o del risparmio gestito per i trasferimenti a dossier intestati agli eredi;
-le attività finanziarie così trasferite agli eredi sono valorizzate assumendo i criteri applicabili in sede di dichiarazione di successione e descritti nel paragrafo che segue (fatte salve le regole particolari previste per i titoli esenti da imposta di successione); in altri termini, il valore così determinato va utilizzato (in sostituzione dell’originario costo storico di acquisto sostenuto dal de cuius per il dossier con opzione per il risparmio amministrato ovvero dell’ultimo valore rilevato in sede di determinazione del risultato di gestione per il dossier con opzione per il risparmio gestito) come costo di acquisto dell’erede utile ai fini della successiva eventuale tassazione dei capital gain ottenuti dall’erede stesso – ora nuovo titolare – a seguito di operazioni di smobilizzo dei titoli ricadenti nell’ambito applicativo del regime del risparmio amministrato o gestito. Per quanto concerne la determinazione delle plusvalenze o minusvalenze in capo agli eredi, l’Agenzia delle entrate (vd. risoluzione n. 120/E del 24 luglio 2001) ha precisato che le attività finanziarie acquisite dagli eredi per effetto della successione devono essere valorizzate assumendo i criteri previsti dall’art. 68 del Tuir
Quando l’atto di assegnazione ad uno degli eredi delle attività finanziarie cadute in successione sia riconducibile all’istituto della divisione ereditaria, redatto sia in forma di atto pubblico sia in forma di scrittura privata autenticata, l’intermediario effettua l’operazione di trasferimento a favore dell’erede senza applicazione dell’imposta sostitutiva, utilizzando quale «costo di carico» per i titoli in dossier il valore determinato ai fini della dichiarazione di successione.
In proposito, è utile ricordare quanto chiarito dal Ministero delle finanze, con la circolare n. 165/E del 24 giugno 1998, secondo cui «non costituiscono atti di realizzo gli scioglimenti della comunione con divisione in natura e senza conguaglio in denaro», ancorché si tratti di affermazione riferita alla comunione «in generale», di cui all’art. 1111 del cod. civ. (che comunque condivide, in quanto compatibile, la stessa normativa di quella ereditaria).
È quindi opportuno che, negli atti di divisione tra eredi, si specifichi che l’operazione stessa non comporta conguagli in denaro, al fine di evitare una riqualificazione di tali somme come capital gain imponibili conseguenti ad operazioni realizzative.
Qualora, invece, gli eredi si limitino a dare disposizione all’intermediario di procedere al trasferimento dei beni finanziari caduti in successione a favore di uno solo (o anche più di uno) dei vari coeredi, senza dare prova di un atto di divisione come definito dalla normativa civilistica, tale fattispecie costituisce un normale trasferimento tra conti aventi diversa intestazione, con applicazione delle regole ordinarie di tassazione previste per l’emersione di capital gain.
Tali criteri, in linea generale, appaiono applicabili indipendentemente dalla circostanza che il trasferimento delle attività stesse dal rapporto originario a favore di una molteplicità di rapporti intestati ai singoli eredi o a favore di un unico rapporto intestato alla collegialità degli eredi.
9.1. Periodo dal decesso del de cuius fino alla data in cui l’intermediario viene a conoscenza del decesso del mandante
Nel periodo di tempo che intercorre tra la data del decesso del titolare del rapporto di deposito e la data in cui l’intermediario ha conoscenza dell’apertura della successione (cfr. art. 459 del cod. civ.), i redditi realizzati sono assoggettati, in via provvisoria, al medesimo regime fiscale applicabile prima del decesso; ciò in quanto l’intermediario in tale fase non è ancora a conoscenza della morte del contribuente e degli effettivi beneficiari del patrimonio del de cuius.
Pertanto, nel caso in cui il de cuius abbia esercitato, per un dossier in deposito presso l’intermediario, l’opzione per il risparmio amministrato oppure l’opzione per il risparmio gestito, l’intermediario effettua in capo al de cuius l’ordinaria tassazione prevista per l’opzione esercitata, fino a quando acquisisce conoscenza con comunicazione scritta del decesso del titolare del rapporto.
Al riguardo l’Agenzia delle entrate (cfr. risoluzione n. 120/E del 24 luglio 2001) ha chiarito che «gli eventuali redditi diversi di natura finanziaria realizzati nel periodo di tempo che intercorre tra la data del decesso del titolare del rapporto di deposito e la data in cui l’intermediario ha conoscenza dell’apertura della successione (cfr. art. 459 del codice civile), devono essere assoggettati, in via provvisoria, al medesimo regime fiscale applicabile prima del decesso».
9.2. Periodo compreso fra la data di conoscenza da parte dell’intermediario dell’avvenuto del decesso del mandante del dossier e la presentazione della dichiarazione di successione
9.2.1. Dossier con opzione per il risparmio amministrato
– Effetti in capo al de cuius
L’intermediario quando viene formalmente a conoscenza del decesso del mandante e fino a quando gli eredi non presentano la dichiarazione di successione – oppure la dichiarazione di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione stessa – deve considerare cessata alla data del decesso l’opzione per il regime di risparmio amministrato esercitata a suo tempo dal de cuius.
Considerato che nel regime del risparmio amministrato, il mandante tiene le proprie attività finanziarie in custodia o amministrazione presso gli intermediari senza affidarne loro la gestione, al momento della chiusura del dossier l’intermediario non dovrebbe gestire alcun capital gain derivante dal realizzo in quanto in tale regime il realizzo dovrebbe essere determinato direttamente dal mandante. Al contrario, per i redditi di capitale, l’intermediario dovrebbe trovarsi a gestire eventuali redditi di capitale divenuti esigibili dalla data del decesso del mandante alla data in cui l’intermediario ha conoscenza dell’apertura della successione. Tali redditi vanno assoggettati al medesimo regime fiscale applicabile nei confronti del de cuius e previsto in relazione alle diverse fattispecie imponibili.
– Effetti in capo agli eredi
Alla data di chiusura del dossier intestato al de cuius e fino a quando gli eredi non presentano la documentazione necessaria per il trasferimento delle attività finanziarie a loro favore, l’intermediario è tenuto ad applicare il regime dichiarativo di cui all’art. 5 del dlgs n. 461/1997 sul dossier intestato al de cuius o agli «eredi del de cuius» (cfr. ris. n. 120 del 2001) fino a quando gli eredi non sono individuati mediante la dichiarazione di successione o atto notorio.
Consapevole della maggiore efficienza derivante dall’utilizzo dei regimi opzionali di cui agli artt. 6 e 7 del dlgs n. 461/1997 che prevedono l’applicazione delle imposte a cura degli intermediari finanziari, riconosciuta peraltro dalla stessa Amministrazione finanziaria, l’Associazione Bancaria Italiana con parere n. 1233 del 10 settembre 2010 ha proposto in alternativa al regime dichiarativo, la continuazione dell’opzione per il regime amministrato a titolo provvisorio anche durante il periodo che ha inizio dalla chiusura del rapporto in capo al de cuius fino alla data di presentazione della dichiarazione di successione.
Secondo l’Associazione bancaria, infatti, nel periodo compreso tra la data del decesso e quella in cui l’intermediario ne viene a conoscenza mediante la dichiarazione di successione, l’imposta applicata dall’intermediario sulla base dell’opzione per il risparmio amministrato originariamente esercitata dal de cuius può essere effettuata a titolo provvisorio nei confronti dell’erede o degli eredi, solo dopo avere ricevuto il consenso scritto da parte degli eredi stessi.
9.2.2. Dossier con opzione per il risparmio gestito
– Effetti in capo al de cuius
La gestione individuale di portafoglio si differenzia dagli altri servizi elencati dall’art. 1, comma 5, del Tuf, in particolar modo per il trasferimento formale del potere decisionale dall’investitore all’intermediario e, quindi, per la discrezionalità di cui gode l’intermediario nell’esecuzione dell’incarico.
In caso di decesso del mandante o di uno degli intestatari del rapporto di gestione individuale di portafoglio con opzione per il regime del risparmio gestito, ai sensi dell’art. 7 del dlgs n. 461/1997, si realizza l’automatica estinzione del relativo mandato di gestione (ai sensi dell’art. 1722 del cod. civ. il mandato si estingue per la morte del mandante).
In tal caso l’intermediario, informato del decesso del mandante, dovrà chiudere il rapporto di gestione in corso di anno e assumere il patrimonio alla chiusura del contratto – in luogo del patrimonio al termine dell’anno – per la determinazione del risultato di gestione di pertinenza del de cuius.
L’imposta sostitutiva di cui al citato art. 7 del dlgs n. 461 del 1997, dovuta sul risultato della gestione maturato nel periodo d’imposta, è determinata confrontando il valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare con il valore del patrimonio stesso all’inizio dell’anno. Occorre, pertanto, stabilire quale sia il periodo da prendere in considerazione per determinare il risultato della gestione del periodo in cui è avvenuto il decesso del mandante, nonché i criteri applicabili per la valorizzazione del patrimonio al momento dell’estinzione del mandato. L’Agenzia delle entrate, nella citata risoluzione n. 120/E del 2001 ha chiarito che in tal caso si applica la disposizione contenuta nel comma 6 dell’art. 7 del dlgs n. 461 del 1997, la quale stabilisce che nel caso di contratti di gestione conclusi in corso d’anno, in luogo del patrimonio alla fine dell’anno si assume il patrimonio alla chiusura del contratto. Pertanto, in caso di decesso del titolare di un rapporto di gestione, ai fini della determinazione del risultato della gestione, si deve assumere, quale valore del patrimonio alla fine dell’anno, il valore del patrimonio gestito alla data di apertura della successione, assoggettando a tassazione, nel rapporto del de cuius, i soli redditi realizzati dagli strumenti finanziari prelevati fino alla data del prelievo o del trasferimento.
– Effetti in capo agli eredi
Valgono le stesse considerazioni esposte al par. 7.2.1 «Effetti in capo agli eredi».
9.3. Periodo successivo alla presentazione della dichiarazione di successione
A seguito della reintroduzione dell’imposta di successione non è più possibile per gli eredi e legatari assumere il costo fiscale sostenuto dal de cuius né quello che il de cuius aveva eventualmente provveduto in vita a rideterminare, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria nella circolare n. 12/E del 18 febbraio 2008.
Con la reintroduzione dell’imposta di successione, per quanto concerne la valutazione del costo di carico per l’erede o legatario di partecipazioni e titoli compresi nella successione viene ripristinata l’applicazione dell’art. 68, comma 6, del Tuir, per effetto del quale, in caso di successione, il calcolo delle plusvalenze e delle minusvalenze deve essere valorizzato, in capo agli eredi, assumendo come valori di partenza il valore normale dei beni alla data di apertura della successione, come definito dall’art. 16 del Tus(22)(23).
Nel caso in cui cadano in successione titoli esenti dall’imposta, in luogo dell’art. 16 del Tus, occorre fare riferimento al valore normale determinato secondo i criteri previsti dall’art. 9 del Tuir (cfr. ris. n. 120/E del 2001).
La necessità di fare riferimento al valore determinato secondo l’art. 16 del Tus può comportare una perdita di valore fiscalmente riconosciuto nel passaggio dal de cuius all’erede o legatario, nel caso in cui il primo abbia acquistato la partecipazione ad un valore superiore a quello contabile ovvero abbia rideterminato il costo o valore di acquisto avvalendosi dell’art. 5 della legge n. 448/2001 o di uno dei successivi provvedimenti di proroga o riapertura dei termini.
I valori di carico individuati dall’art. 16 del Tus devono essere iscritti nel nuovo rapporto di gestione intestato agli eredi, in quanto le plusvalenze e minusvalenze devono essere calcolate in capo ad essi e non in capo al de cuius.
In assenza di chiarimenti espliciti nella prassi ministeriale, si ritiene che il carico dei valori, calcolati in ossequio all’art. 16 del Tus, si effettua sia in capo agli eredi, sia in capo all’eredità giacente, indipendentemente dal regime opzionale adottato (amministrato, gestito o dichiarativo).
La motivazione per la quale tali valori si possano adottare anche nell’ipotesi di eredità giacente risiede nel fatto che, quando vi sarà l’accettazione dell’eredità da parte degli eredi, questi ultimi entrano in possesso dell’intero patrimonio ereditario con efficacia retroattiva dalla data di apertura della successione, ai sensi dell’art. 459 del cod. civ..
Poiché l’intermediario in tale fase non è ancora a conoscenza degli effettivi beneficiari del patrimonio del de cuius, la plusvalenza ovvero la minusvalenza, determinata in capo al de cuius secondo le disposizioni ordinarie, potrebbe non coincidere con quella effettivamente realizzata da ciascun erede in quanto da calcolare tenendo conto, in luogo del costo, del valore definito o dichiarato ai fini dell’imposta di successione, l’Agenzia ha ritenuto che in tal caso, qualora l’imposta applicata sui capital gain realizzati risulti maggiore di quella effettivamente dovuta dagli eredi, l’intermediario debba restituire agli eredi la differenza tra l’imposta prelevata e quella effettivamente dovuta e scomputare l’importo restituito dai successivi versamenti secondo le disposizioni previste dal dpr 10 novembre 1997, n. 445.
Qualora, invece, l’imposta sostitutiva dovuta dagli eredi risulti superiore a quella applicata dall’intermediario, quest’ultimo deve provvedere al versamento del maggior importo dovuto, esercitando la rivalsa nei confronti degli eredi dell’ammontare corrispondente.
L’Agenzia delle entrate ha altresì chiarito che solo per i redditi di capitale, qualora la ritenuta alla fonte ovvero l’imposta sostitutiva applicata dall’intermediario risulti non dovuta, in tutto o in parte, dall’erede in virtù di un diverso regime fiscale ad esso applicabile, l’erede può presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del dpr 29 settembre 1973, n. 602 (cfr. ris. n. 120/2001).
La banca effettuerà un successivo conguaglio, ricalcolando le plusvalenze e/o le minusvalenze effettivamente realizzate dall’erede sulla base del costo attribuibile alle attività ereditate, secondo la regola dettata dall’art. 68, comma 6, del Tuir, vale a dire assumendo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, in luogo del costo storico originariamente sostenuto dal de cuius.
La banca è tenuta, inoltre, alla produzione di report con la valorizzazione dei beni presenti sui Mandati, secondo l’art. 16 del Tus, ai fini successori, nonché di un rendiconto finale di chiusura dei Mandati, sulla base dei valori degli strumenti presenti sui Mandati stessi alla data di ricezione della comunicazione della morte del de cuius, e liquida l’imposta maturata, se dovuta, alla data del decesso, secondo quanto indicato dal dlgs n. 461/97.
In caso di decesso del titolare di un rapporto in regime di risparmio amministrato o gestito, l’erede non può utilizzare le minusvalenze realizzate dal de cuius. Infatti, esse non formano oggetto di successione ereditaria, non trattandosi di diritti patrimoniali, ossia di crediti, di debiti o di cespiti (cfr. ris. 24 luglio 2001, n. 120/E).
In considerazione della regola per cui il trasferimento di titoli, quote, valute, certificati e rapporti, ad altro deposito o rapporto di custodia, amministrazione o gestione intestato agli eredi non realizza il presupposto impositivo ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi di natura finanziaria, la data cui fare riferimento per la valorizzazione delle attività finanziarie è quella del decesso tenendo in considerazione l’ultimo costo di acquisto sostenuto dal gestore, oppure se posteriore l’ultimo valore rilevante ai fini dell’imposta sostitutiva – così come previsto dal comma 8 del citato art. 7, e come chiarito nella circolare n. 165/E del 24 giugno 1998, secondo cui «in caso di prelievo, i titoli, i certificati e i rapporti sono valorizzati in capo al patrimonio gestito tenendo conto dell’ultimo costo di acquisto sostenuto dal gestore, ovvero se posteriore, dell’ultimo valore fiscalmente rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva. Inoltre ai fini della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze in capo agli eredi, i prelievi e i trasferimenti conseguenti a una successione devono essere valorizzati assumendo i criteri fissati dall’articolo 68, comma 6, del Tuir».
10. Titoli obbligazionari disciplinati dal decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239
Un’attenzione a parte deve essere rivolta ai titoli obbligazionari disciplinati dal dlgs 1° aprile 1996, n. 239, in quanto il trasferimento degli stessi da un deposito a un altro, costituito presso il medesimo o altro intermediario, essendo equiparato alle operazioni di compravendita, comporta l’accredito e l’addebito dell’imposta sostitutiva nel conto unico costituito presso gli intermediari abilitati, ai sensi dell’art. 3, comma 5, del medesimo decreto legislativo.
In caso di trasferimento del titolo mortis causa, per effetto dell’art. 2, comma 2, di tale decreto, l’imposta sostitutiva si applica anche ai trasferimenti a titolo gratuito che comportano il mutamento della titolarità giuridica degli strumenti finanziari. Pertanto, anche il trasferimento a favore degli eredi di un titolo soggetto al regime di cui al suddetto decreto comporta l’applicazione, da parte della banca, dell’imposta sostitutiva sul trasferimento.
Ai fini della determinazione degli interessi sui quali applicare l’imposta sostitutiva di cui al citato dlgs n. 239 del 1996 a carico del de cuius, si deve tener conto degli interessi maturati fino alla data di apertura della successione, considerato che gli interessi maturati successivamente sono attribuibili agli eredi.
Si ipotizzi il caso di un dossier titoli cointestato a due soggetti A e B e che il decesso riguardi il cointestatario A.
A seguito del decesso, il dossier cointestato si chiude e la quota parte riferita al de cuius (nel caso in esame, A) è trasferita a favore degli eredi mentre la quota parte del dossier di proprietà del superstite B è trasferita al nuovo dossier intestato a B.
La quota parte riferita al de cuius è soggetta ad imposizione ai sensi dell’art. 2, comma 2, del suddetto decreto, mentre il trasferimento della parte di spettanza di B nel nuovo dossier intestato a B è soggetto «formalmente» ad imposizione, ai sensi dell’art. 5, comma 3, del richiamato decreto, in quanto si verifica un addebito ed un accredito di imposta sostitutiva di pari importo.
11. Quote Oicr
Come per i titoli dei grandi emittenti descritti al paragrafo precedente, anche per i trasferimenti dal de cuius agli eredi delle quote di fondi comuni di investimento, di diritto italiano o estero, la disciplina non è improntata al generale principio di neutralità, nel senso, cioè, che il trasferimento delle quote di fondi comuni a rapporti di custodia, amministrazione o gestione intestati a soggetti diversi dall’intestatario del rapporto di provenienza è assimilato a una cessione anche nei casi in cui il trasferimento stesso sia avvenuto per successione o donazione.
Ciò si desume, in particolare, dalle modifiche apportate dal dlgs 16 aprile 2012, n. 47 (Ucits IV), per effetto delle quali sono stati riscritti sia il comma 6 dell’art. 26-quinquies del dpr n. 600/1973 sia il comma 3 dell’art. 10-ter della legge n. 77/1983, senza più riprodurre la precisazione secondo cui l’equiparazione alle operazioni di cessione dei trasferimenti di quote od azioni a diverso intestatario non opera per i trasferimenti dovuti a successione o donazione. Gli Oicr, sia italiani sia esteri, si assumono al Nav della data del decesso, il quale va depurato del valore dei titoli esclusi da tassazione (titoli di Stato italiani, garantiti dallo Stato ecc.) presenti nel portafoglio dell’Oicr alla citata data.
12. Polizze sulla vita
Nelle polizze di assicurazione sulla vita il contraente deve designa il beneficiario al quale spetta, al verificarsi del sinistro (morte) la somma assicurata. La designazione è portata a conoscenza dell’assicuratore perché spieghi i suoi effetti e può avvenire:
-nel contratto di assicurazione
-con successiva dichiarazione scritta
-per testamento
Il beneficiario designato dal contraente (ex art. 1920, 3° comma, cod. civ.) gode di un diritto proprio sulle somme assicurate, di conseguenza, gli eredi del contraente non potranno rifarsi su tale somma per soddisfare i loro diritti. Il beneficiario acquista il diritto ai vantaggi dell’assicurazione per effetto della designazione da parte del contraente e non per effetto della stipulazione. La designazione del beneficiario è revocabile personalmente dal contraente, non dai suoi eredi o creditori. Dal punto di vista fiscale, l’imposta sulle successioni non è dovuta, in quanto il capitale riconosciuto al beneficiario – a seguito del verificarsi della morte del contraente – non rientra tra i beni del defunto che concorrono a formare il patrimonio caduto in successione.
Le somme da liquidare da parte di Compagnie di Assicurazione a fronte di contratti di assicurazione sulla vita non rientrano nell’asse ereditario (e ciò anche se la designazione di polizza è a favore degli «eredi testamentari o legittimi»). Tali somme non sono quindi soggette ad imposta di successione e di esse non viene fatta menzione nella dichiarazione di consistenze bancarie per successione rilasciata dalla Banca agli eredi.
Si evidenzia che, per effetto dell’art. 2952, 2° comma, del cod. civ., come modificato dall’art. 22, comma 14, dl 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono trascorsi dieci anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda: trascorso questo termine il beneficiario del contratto assicurativo perde il diritto a incassare la prestazione prevista e la polizza si «prescrive». In precedenza il comma era già stato sostituito dall’art. 3, comma 2-ter, del dl 28 agosto 2008, n. 134, convertito dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166 che fissava il termine di prescrizione in due anni anziché in un anno.
Le Compagnie di Assicurazione devono devolvere gli importi che non sono reclamati entro il detto termine di prescrizione a uno speciale Fondo, alimentato dai rapporti anche bancari cd. dormienti, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze (art. 1, comma 345-quater, della legge n. 266/2005).
Negli esempi che seguono si rappresenta il differente prelievo fiscale in presenza di una polizza assicurativa vita o di titoli di Stato in luogo di un dossier titoli.
Esempio n. 1: successione a favore di coniuge e di un figlio di un immobile per 1 mln e di titoli per 2 mln
È prevista la franchigia di 1 mln per ciascun erede, quindi occorre calcolare l’imposta di successione solo su 1 mln = (3 mln – 2 mln di franchigia)
Imposta di successione = 4% di 1 mln = 40.000
Imposta Ipotecaria sull’immobile = 2% di 1.000.000 = 20.000
Imposta Catastale sull’immobile = 1% di 1.000.000 = 10.000
Totale prelievo fiscale = 70.000
Esempio n. 2: successione a favore di coniuge e di un figlio di un immobile per 1 mln e di polizza vita o titoli di Stato per 2 mln
L’imposta di successione è pari a zero, in quanto i titoli di Stato o la polizza sono esenti e la franchigia (2 mln) è superiore al valore dell’immobile
Imposta di successione = nessuna (i titoli di Stato o la polizza vita sono esenti dall’imposta di successione)
Imposta Ipotecaria sull’abitazione = 2% di 1.000.000 = 20.000
Imposta Catastale sull’abitazione = 1% di 1.000.000 = 10.000
Totale prelievo fiscale = 30.000
Esempio n. 3: Successione testamentaria tra conviventi di un immobile per 1 mln e titoli per 2 mln – non ci sono altri eredi legittimi e quindi tutto il patrimonio può essere destinato tramite testamento al convivente
Imposta di successione = 8% di 3 mln = 240.000
Imposta Ipotecaria sull’abitazione = 2% di 1.000.000 = 20.000
Imposta Catastale sull’abitazione = 1% di 1.000.000 = 10.000
Totale prelievo fiscale = 270.000
Esempio n. 4: Successione testamentaria tra conviventi di un immobile per 1 mln e titoli di stato o polizza vita per 2 mln – non ci sono altri eredi legittimi e quindi tutto il patrimonio può essere destinato tramite testamento al convivente
Imposta di successione = 8% di 1Mln= 80.000
Imposta Ipotecaria sull’immobile = 2% di 1.000.000 = 20.000
Imposta Catastale sull’immobile = 1% di 1.000.000 = 10.000
Totale prelievo fiscale = 110.000
13. Piani di risparmio individuali
Il comma 101 dell’art. 1 della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (legge di Bilancio 2017) definisce il piano individuale di risparmio (di seguito Pir) come il prodotto che si costituisce mediante la destinazione di somme o valori per un importo non superiore, in ciascun anno solare, a 30.000 euro ed entro un limite complessivo non superiore a 150.000 euro, all’investimento in strumenti finanziari «qualificati» (individuati nel comma 102) mediante l’apertura di un rapporto di custodia o di amministrazione, anche fiduciaria, o di gestione di portafoglio o di altro stabile rapporto, con opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, instaurato con operatori professionali. I redditi di capitale e i redditi diversi degli strumenti finanziari oggetto di investimento nel Pir non sono soggetti a imposizione a condizione che gli strumenti finanziari siano detenuti per almeno cinque anni.
Il successivo comma 114 prevede che il trasferimento a causa di morte degli strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni di cui al dlgs n. 346 del 1990.
APPENDICE
Tab. 1 – Quote previste per legge in caso di successione legittima con coniuge
Quote previste per legge in caso di successione legittima con coniugeConiuge
Figlio (uno)
Ascendenti o fratelli/sorelle1?2 al coniuge + diritto abitaz.
1?2 al figlio
Non spetta nullaConiuge
Figli (due o più)
Ascendenti o fratelli/sorelle1/3 al coniuge + diritto abitaz.
2/3 ai figli in parti uguali
Non spetta nullaConiuge
Ascendenti
Fratelli/sorelle2/3 al coniuge + diritto abitaz.
1?4 in parti uguali
1/12 ai fratelli in parti ugualiConiuge
Fratelli/sorelle2/3 al coniuge + diritto abitaz.
1/3 ai fratelli in parti ugualiConiuge
Altri parentiTutto al coniuge
Non spetta nullaSolo coniuge Tutto al coniuge
Tab. 2 – Quote previste per legge in caso di successione legittima senza coniuge
Quote previste per legge in caso di successione legittima senza coniugeFiglio (uno)
Ascendenti o fratelli/sorelleIntera eredità
Non spetta nullaFigli (due o più)
Ascendenti o fratelli/sorelleIntera eredità in parti uguali
Non spetta nullaAscendenti
Fratelli/sorelle1/2 in parti uguali
1/2 ai fratelli in parti ugualiAltri parenti entro il sesto gradoIntera eredità al parente più prossimo
Tab. 3 – Successione testamentaria con coniuge
Successione Testamentaria con coniugeConiuge
Figlio (uno)
Ascendenti o fratelli/sorelle1/3 al coniuge + diritto abitaz.
1/3 al figlio
Non spetta nullaDisponibile* 1/3Coniuge
Figli (due o più)
Ascendenti o fratelli/sorelle1/4 al coniuge + diritto abitaz.
1/2 ai figli in parti uguali
Non spetta nullaDisponibile* 1/4Coniuge
Ascendenti
Fratelli/sorelle1/2 al coniuge + diritto abitaz.
1/4 in parti uguali
Non spetta nullaDisponibile* 1/4Coniuge
Fratelli/sorelle1/2 al coniuge + diritto abitaz.
Non spetta nullaDisponibile* 1/2Coniuge
Altri parenti1/2 al coniuge + diritto abitaz.
Non spetta nullaDisponibile* 1/2Solo coniuge1/2 al coniuge + diritto abitaz.Disponibile* 1/2
ab. 4 – Successione testamentaria in assenza di coniuge
Successione Testamentaria senza coniugeFiglio (uno)
Ascendenti
Fratelli/sorelle1/2 dell’eredità
Non spetta nulla
Non spetta nullaDisponibile*
1/2Figli (due o più)
Ascendenti
Fratelli/sorelle2/3 in parti uguali
Non spetta nulla
Non spetta nullaDisponibile*
1 /3Ascendenti
Fratelli/sorelle1/3 in parti uguali
Non spetta nullaDisponibile*
2/3Fratelli/sorelle e
altri parenti
Non spetta nullaDisponibile*
intera eredità
Note:
1) Per quanto riguarda il trasferimento di aziende e in genere le quote di srl, l’art. 1 comma 78, della legge n. 296/2006 ha previsto un’articolata esenzione da imposta nel caso di trasferimenti, a favore di discendenti, di aziende, rami di aziende, quote o azioni, a condizione, con riferimento alle quote o azioni, che il trasferimento consenta al beneficiario di acquisire o integrare il controllo della società e il beneficiario stesso prosegua l’esercizio dell’impresa o detenga il controllo dell’impresa trasferita per almeno cinque anni.
2) Per effetto della legge n. 342/2000, con decorrenza dal 1° luglio 2000, era stata soppressa la previgente disposizione secondo cui si consideravano compresi nell’attivo ereditario anche i beni ed i diritti soggetti ad imposta venduti dal defunto negli ultimi sei mesi di vita, se, a seguito di tale vendita, il defunto non aveva acquisito beni o diritti anch’essi soggetti ad imposta o comunque il relativo controvalore non era stato dagli eredi dichiarato ai fini della liquidazione dell’imposta.
3) Più precisamente dei chiamati all’eredità (per legge o per testamento, anche se non hanno ancora accettato l’eredità, purché non vi abbiano espressamente rinunziato), dei legatari, ovvero dei loro rappresentanti legali, degli immessi nel possesso dei beni, e in caso di assenza del defunto o di dichiarazione di morte presunta degli amministratori dell’eredità, dei curatori delle eredità giacenti, degli esecutori testamentari o ancora dei trust.
4) Il termine è stato esteso da 6 mesi a 12 mesi per effetto dell’art. 1, comma 78, della legge n. 296/2006
5) Ci sono alcuni casi in cui i 12 mesi non decorrono dalla data del decesso ma da un momento diverso: a) nel caso in cui sia stato nominato, in seguito all’apertura della successione, un rappresentante legale degli eredi o dei legatari o dei chiamati all’eredità, un curatore dell’eredità giacente, oppure un esecutore testamentario: i dodici mesi decorrono dalla data in cui questi soggetti hanno avuto notizia legale della loro nomina; b) nel caso di fallimento del defunto in corso al momento dell’apertura della successione o in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta entro i successivi sei mesi dal decesso: i dodici mesi decorrono dalla data di chiusura del fallimento; c) nel caso in cui i beneficiari siano stati immessi nel possesso temporaneo dei beni della persona assente: i dodici mesi decorrono dalla data di immissione nel possesso dei beni; d) a seguito di sentenza di morte presunta, i dodici mesi decorrono dalla data in cui è divenuta eseguibile la sentenza dichiarativa di morte presunta se non è stata precedentemente richiesta l’immissione nel possesso dei beni dell’assente; e) nel caso in cui l’eredità è accettata con beneficio d’inventario entro dodici mesi dalla scadenza del termine per la formazione dell’inventario; f) nel caso di rinunzia all’eredità o al legato, i dodici mesi decorrono dalla data della rinunzia o dalla diversa data in cui gli altri obbligati dimostrino di averne avuto notizia; g) nel caso di eventi sopravvenuti che modificano il legato, la ripartizione dell’eredità ovvero che determinano l’applicazione di una imposta superiore rispetto a quella liquidata, i dodici mesi per la presentazione della dichiarazione sostitutiva decorrono dalla data della sopravvenienza o dalla diversa data in cui l’obbligato dimostra di averne avuto notizia; h) nel caso in cui, per eventi sopravvenuti che modificano l’attivo ereditario, non sussistono più le condizioni per cui il coniuge ed i parenti in linea retta del defunto erano stati esonerati dalla presentazione della dichiarazione di successione, i dodici mesi decorrono dalla data della sopravvenienza; i) nel caso di enti non ancora riconosciuti che hanno presentato domanda di riconoscimento entro un anno dall’apertura della successione, i 12 mesi decorrono dalla data in cui hanno avuto notizia legale del riconoscimento ovvero del diniego.
6) Fino al 22 gennaio 2017, la dichiarazione di successione si presentava all’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione era l’ultima residenza del de cuius, o se questa era all’estero o non è nota, all’Agenzia delle entrate di Roma (art. 6 del Tus). Dal 23 gennaio 2017 l dichiarazione di successione si presenta telematicamente
7) Art. 27, comma 3 del Tus.
8)Art. 27, comma 4 del Tus
9) Cfr. par. 2.1.
10) Art. 50 del Tus.
11) Art. 51 delTus.
12) Art. 53 ,commi 2 e 4 del Tus.
13)Art. 53, commi 3 e 4 del Tus
14) Art. 6, comma 5, del dlgs n. 461/1997.
15 Art. 7, comma 13, del dlgs n. 461/1997.
16) Rm n. 120/E del 24.7.2001.
17) cfr. Sentenza della Corte di cassazione 6 maggio 2009, n. 10386.
18) cfr. Cass. S.u., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657.
19) cfr. sentenza del 29 ottobre 2002, n. 1523.
20) Con riferimento a tale principio, preme rilevare che con la legge n. 342/2000 è stata soppressa la previgente disposizione secondo cui se i cointestatari erano eredi o legatari, escluso il coniuge in comunione, i beni e diritti si consideravano appartenenti al defunto per il loro intero ammontare.
21) Nel dossier con opzione per il risparmio gestito ai sensi dell’art. 7 del dlgs n. 461/1997 le attività finanziarie prelevate o trasferite per successione sono valutate in base all’ultimo costo sostenuto oppure, in assenza di questo, al valore finale che ha concorso a formare l’ultimo risultato della gestione, tassando, nel rapporto di provenienza, i soli redditi di capitale prodotti dagli strumenti finanziari prelevati fino alla data del prelievo o trasferimento.
22) «La base imponibile, relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’attivo ereditario, è determinata assumendo:
a) per i titoli quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto, la media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell’ ultimo trimestre anteriore all’ apertura della successione, maggiorata dei dietimi o degli interessi successivamente maturati, e in mancanza il valore di cui alle lettere successive;
b) per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’art. 12;
c) per i titoli o quote di partecipazione a fondi comuni d’ investimento, il valore risultante da pubblicazioni fatte o prospetti redatti a norma di legge o regolamento;
d) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a), b) e c) il valore comparato a quello dei titoli aventi analoghe caratteristiche quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto o in mancanza desunto da altri elementi certi.»;
23) Nel caso in cui oggetto del trasferimento mortis causa siano attività finanziarie per le quali è stata presentata la dichiarazione di emersione (c.d. «scudo fiscale») di cui al decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito dalla legge 23 dicembre 2001, n. 409, in mancanza del costo d’acquisto, può essere assunto l’importo indicato nella dichiarazione di emersione.
Fonte: