La ripartizione della competenza fra il giudice ordinario e il tribunale regionale delle acque pubbliche, nelle controversie aventi per oggetto il risarcimento dei danni derivanti da atti posti in essere dalla P.A., deve essere effettuata nel senso di attribuire alla competenza dei tribunali regionali delle acque le domande in relazione alle quali l’esistenza dei danni sia ricondotta alla esecuzione, alla manutenzione e al funzionamento dell’opera idraulica, mentre debbono essere riservate alla cognizione del giudice in sede ordinaria le controversie aventi per oggetto pretese che si ricollegano solo indirettamente e occasionalmente alle vicende relative al governo delle acque.
Ciò in quanto la competenza del giudice specializzato si giustifica in presenza di comportamenti, commissivi o omissivi, che implichino apprezzamenti circa la deliberazione, la progettazione e l’attuazione di opere idrauliche o comunque scelte della P.A. dirette alla tutela di interessi generali correlati al regime delle acque pubbliche.
Nel caso in esame, invece, per le ragioni in precedenza indicate, non è in discussione l’esecuzione, la manutenzione o il funzionamento di un’opera idraulica, bensì la responsabilità dell’Amministrazione comunale per danni che si collegano, nell’assunto della società attrice, al verificarsi di un temporale di particolare violenza a fronte del quale si erano rotti i tombini e non erano funzionate le pompe idrovore.
Sicché va innanzitutto richiamata la sentenza 6 febbraio 2007 n. 2566, la quale ha affermato che la domanda di risarcimento per i danni che si assumono derivati al proprietario di un immobile in virtù della inadeguata efficienza del sistema di smaltimento delle acque piovane defluenti da strade comunali, riguardando la violazione del principio del neminem laedere, appartiene alla competenza del giudice ordinario.
Analogamente, l’ordinanza 5 settembre 2012 n. 14883, facendo propri i principi già enunciati dalle Sezioni Unite, ha chiarito che le acque, piovane e nere, convogliate nelle fognature non sono annoverabili tra le acque pubbliche, per difetto del fondamentale requisito, stabilito dall’art. 1 del r.d. n. 1755 del 1933, dell’attitudine a usi di pubblico generale interesse, rimasto fermo anche dopo l’entrata in vigore della legge 5 gennaio 1994, n. 36; invero l’art. 1 del d.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, conferma, per espressa esclusione, che non possono essere considerate acque pubbliche le acque meteoriche refluenti nella rete fognaria, come tali destinate, insieme con i liquami pure ivi convogliati, al mero smaltimento, senza possibilità di sfruttamento a fini di pubblico generale interesse, per cui la rete fognaria non può considerarsi opera pubblica ai sensi dell’art. 140 del R.D. n. 1755 del 1933.
Nello stesso senso è anche l’ordinanza 9 novembre 2012, n. 19575, secondo cui è competente il giudice ordinario, e non il tribunale delle acque, a conoscere della domanda di risarcimento del danno aquiliano causato da una tracimazione dell’impianto fognario pubblico, in conseguenza di eventi atmosferici.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 1 marzo 2017 n. 5261