Dopo aver sofferto a lungo per le vicissitudini del partner Popolare di Vicenza, primo socio con il 15% del capitale con cui ha un importante accordo di distribuzione, Cattolica Assicurazioni torna in borsa a livelli di prezzo che aveva abbandonato nel gennaio 2016. Spinta dai buoni conti 2016 e dal ritorno della fiducia degli analisti. Equita ha inserito l’azione nel suo portafoglio small cap e alzato il target price da 6,7 a 7,8 euro dopo un aggiornamento al rialzo delle stime 2017-18 in considerazione appunto dei risultati 2016 e delle indicazioni emerse in conference call, tenendo conto delle svalutazioni che hanno caratterizzato l’esercizio appena concluso. Al netto degli impairment, l’utile normalizzato 2016 sarebbe stato di circa 132 milioni contro i 76 milioni riportati. Le variazioni più significative per quest’anno e il prossimo riguardano un miglioramento della gestione finanziaria danni che ha portato a un rialzo del pay back time nel ramo danni del 6% in media; un miglioramento significativo della gestione ramo vita (pay back time +30% circa) che Equita si aspetta non risentirà di altre svalutazioni significative nei prossimi due esercizi. Confermate le previsioni sul combined ratio: 93,5% per quest’anno e 94% per il prossimo, partendo dal 92,4% del 2016.
Nel complesso l’aggiornamento ha comportato un rialzo della stima di utile in media del 17%. Per quest’anno Equita stima un utile netto di 126 milioni (141 milioni pre minorities contro una guidance di 150). L’aumento del target price si spiega alla luce di una valutazione interessante (9,2 volte l’utile stimato per il 2018); di un dividend yield del 5,5% sul 2016 e del 6,3% sul 2017; buona la visibilità prospettica data la solida situazione in termini di Solvency II (a oggi pari al 186% dopo lo stacco del dividendo atteso a maggio); per quanto riguarda gli utili, col venir meno delle significative poste straordinarie che hanno condizionato il 2016, la crescita attesa è del 65%. Riguardo al downside risk derivante dalla risoluzione della partneship con la Popolare di Vicenza, rappresentato per Equita dal possibile overhang, ossia eccesso di azioni sul mercato, legato alla quota del 15% circa detenuta e alla sua eventuale dismissione, dal punto di vista finanziario la risoluzione della joint venture dovrebbe comportare per la compagnia un incasso di oltre 175 milioni a fronte di una quota di utile che nel 2015, ossia prima dello scoppio della crisi, era stato di circa 7 milioni.
Anche Banca Akros ha alzato il prezzo obiettivo su Cattolica, da 6 a 7 euro, migliorando le stime (+25% per il 2017 e +19% per il 2018 quelle sull’utile) dopo i conti del quarto trimestre 2016, migliori delle loro attese. La previsione sul dividendo sale a 0,35 euro (da 0,28 e 0,30 euro). Gli esperti parlano di «game changer» in riferimento all’esercizio dell’opzione put sulla joint venture con Pop. Vicenza (prezzo di esercizio oltre 175 milioni). Akros stima che Cattolica potrebbe perdere circa 500 milioni di premi distribuiti attraverso questo canale e utili netti tra 8 e 10 milioni. Mentre la possibile vendita della quota del 15% detenuta da Pop. Vicenza potrebbe aprire a «nuovi accordi di bancassurance e anche trasformare Cattolica in un possibile target di m&a». Per Akros il più importante potenziale di rialzo per il medio-lungo termine resta «la trasformazione di Cattolica in spa o il più probabile miglioramento della corporate governance».
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