di Luisa Leone
Un fondo da almeno 500 milioni di euro per investire nelle infrastrutture italiane. Ci stanno lavorando le casse di previdenza dei professionisti riunite nell’Adepp, che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sta già analizzando alcune proposte concrete presentate da operatori finanziari di primo piano. Nello specifico, sono tre i progetti sotto la lente, elaborati per gli enti da Deutsche Bank , Macquarie e BlackRock. Quale che sia la scelta finale, il menù dovrebbe essere piuttosto simile; il fondo dovrebbe investire in opere già in funzione ma anche in progetti per nuove costruzioni, con un’attenzione particolare a quelle per il trasporto, sia su ferro che su gomma, ma anche ad aeroporti, grandi reti di trasmissione ed energia rinnovabile.
L’obiettivo è mettere insieme risorse provenienti dalle casse di previdenza per un ammontare minimo di 500 milioni, anche se in realtà si mira più in alto e non si esclude il coinvolgimento di altri attori istituzionali. Al momento però l’Adepp, l’associazione presieduta da Alberto Oliveti, va avanti per la sua strada, puntando a chiudere un primo investimento a stretto giro.
Insomma, il risparmio previdenziale non rimane fermo, anche se oggi le casse nelle loro logiche di investimento si muovono ancora in base a un codice di autoregolamentazione, in attesa che venga emanato il decreto ministeriale che fissi i criteri per gli investimenti degli enti privatizzati, come già avvenuto per i fondi pensione. Il provvedimento è fermo da più di un anno, nonostante abbia già ricevuto il parere del Consiglio di Stato. Forse sui ritardi hanno pesato le forti critiche arrivate dai diretti interessati, in particolare per la limitazione al 35% delle risorse investibili in asset alternativi a quelli quotati nei mercati regolamentati: dal private equity alle infrastrutture, dai fondi di debito all’immobiliare. Una fetta non piccolissima per la verità, se non fosse che le casse hanno i portafogli ancora pieni di immobili e il decreto stabiliva che la gran parte di questo 35% (fino al 30% complessivo) potesse essere riservato appunto all’immobiliare, con solo il 5% rimante investibile di fatto in altri strumenti. Insomma, la previsione agirebbe in maniera retroattiva e rischierebbe di limitare fortemente le risorse che gli enti possono riversare sull’economia reale, andando quindi in direzione opposta rispetto all’obiettivo del governo.
Non a caso nella legge di Stabilità 2017 si prevedono agevolazioni fiscali per gli enti privatizzati e per i fondi che acquistino e tengano in portafogli per almeno cinque anni asset legati all’economia italiana, a partire proprio dalle infrastrutture. La norma ha sostituito quella che prevedeva un credito di imposta per gli stessi soggetti e gli stessi investimenti, ma che si è rivelata troppo difficile da maneggiare, come dimostra il fatto che degli 80 milioni stanziati per finanziare il provvedimento ne sono stati spesi solo 34. (riproduzione riservata)
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