di Paola Valentini
Le gestioni separate delle polizze Vita tradizionali (le cosiddette ramo I) confermano anche nel 2015 stabilità di rendimenti. In base ai dati raccolti da MF-Milano Finanza, lo scorso anno il risultato lordo medio si è attestato attorno al 3,6%. L’analisi è stata condotta sia sulle gestioni separate che chiudono l’esercizio al 31 dicembre sia su quelle con i rendiconti che non coincidono con l’anno solare (al 30 settembre 2015, al 31 ottobre o al 30 novembre).
E anche allargando lo sguardo agli ultimi anni, i risultati medi, nonostante il drastico calo dei tassi, sono stati piuttosto costanti grazie alla possibilità per le gestioni separate di contabilizzare i titoli al costo storico: in base ai dati Ania negli ultimi cinque anni (2010-2014) hanno reso in media il 3,9% all’anno, con un rendimento retrocesso al cliente al netto di costi e imposte che può superare il 2%, contro il 3,5% registrato nel periodo dai titoli di Stato, il 2,7% della rivalutazione del Tfr e l’1,3% dell’inflazione. Nel 2014 il rendimento medio delle gestioni separate è stato pari al 3,8%.
La protezione dagli alti e bassi dei mercati è dovuta al fatto che i titoli nel portafoglio delle gestioni separate sono valorizzati al costo di acquisto e non al valore di mercato e ciò permette ai rendimenti di non essere influenzati dalle oscillazioni quotidiane dei prezzi dei titoli.
I guadagni, peraltro, si consolidano anno dopo anno, quindi i risultati ottenuti dalla gestione separata vengono in pratica bloccati, ferma restando la garanzia del capitale e il rendimento minimo garantito (quest’ultima però è una variabile sempre meno presente nei contratti). Certo, si tratta di dati in netto ridimensionamento rispetto alle performance superiori al 10% registrate da questi contratti negli anni 80, ma bisogna considerare che allora anche l’inflazione era tra il 5 e il 10%, mentre oggi è sotto zero. Parallelamente, i titoli di Stato (che restano l’investimento prevalente di queste polizze) a quei tempi rendevano oltre il 10% e ora sono ai minimi, mettendo in non poche difficoltà i gestori assicurativi. Non a caso alcune gestioni hanno iniziato a diversificare nei corporate bond e nei fondi.
Come ha fatto chi nel 2015 ha superato il 10% di rendimento (si veda tabella a pagina 17): le gestioni separate di Atlantic Lux (Md 1 e Md 3) hanno realizzato una performance, rispettivamente, del 13,79% e dell’11,71%.
Atlantic Lux è una compagnia lussemburghese posseduta al 100% dal gruppo tedesco Fwu AG di Monaco di Baviera con sedi secondarie in Germania, Francia, Austria e in Italia, quest’ultima costituita nel giugno 2006. A differenza delle classiche gestioni separate, che contengono soprattutto titoli di Stato, queste linee investono in fondi comuni o in sicav azionari, e quindi sono soggette a una elevata variabilità dei risultati, pur garantendo il capitale alla scadenza. Ad esempio la Md 1 da inizio anno ha un rendimento negativo del 9,5% e la Md 3 del 9,7% (al 29 febbraio). Dal lancio nell’ottobre 2006 la gestione Md 1 ha reso comunque il 26,3% e la Md 3 dall’avvio (31 agosto 2011) il 33,6%.
A parte queste due linee, tra le altre gestioni che chiudono il bilancio al 31 dicembre, i migliori rendimenti sono tutti superiori al 5%. Spiccano infatti Gestiprev (5,95%) e Fondo Dante (5,47%) di Unipol Sai, poi le gestioni S. Giusto Valore 2 di Antonveneta Popolare Vita (5,44%) e Giano Risparmio di Cnp Unicredit Vita (5,43%). Mentre tra le linee con data di fine bilancio non coincidente con l’anno solare (si veda tabella a pagina 18), la gestione Futuro Plus di Genertellife ha realizzato un +5,6%, seguita dalla Forever Progetto Previdenza di Itas Vita (5,34%), dalla Liquidagevole diGenerali Italia (5,28%), da Press euro 3 di Popolare Vita (5,20%) e da Artemis di Unipol Sai (5,11%).
Un altro elemento da tenere in conto riguarda il fisco. Le polizze di ramo I restano esenti dall’imposta di bollo, una vera mini-patrimoniale che colpisce quasi tutti gli strumenti di investimento, tranne, appunto, le gestioni separate, oltre che i fondi pensione, i fondi sanitari e i buoni fruttiferi postali per giacenze sotto i 5 mila euro. Inoltre, le gestioni separate investono buona parte dei portafogli in titoli di Stato che sono soggetti all’imposta sul capital gain non con l’aliquota ordinaria del 26%, ma con quella ridotta del 12,5%, che è quella vigente per l’investimento diretto in obbligazioni governative. Altro punto di forza di questo tipo di contratti è l’impignorabilità e l’insequestrabilità dei capitali (mentre le polizze unit linked, ovvero il cosiddetto ramo III, sono state oggetto di alcune sentenze restrittive sul principio di impignorabilità e insequestrabilità). Senza dimenticare che la tassazione dei capital gain delle polizze Vita è differito al momento del disinvestimento. Ma negli ultimi anni c’è stata una stretta sulla tassazione delle plusvalenze. Fino al 31 dicembre 2014 i redditi corrisposti ai beneficiari della polizza Vita in caso di morte dell’assicurato godevano di un’esenzione totale, mentre ora vengono soggetti ad imposizione fiscale con aliquota del 26% (al pari delle rendite finanziarie) per la parte del capitale non relativa alla copertura del rischio morte. Si tratta di andare a vedere caso per caso a quanto ammonta la componente finanziaria. In ogni caso le polizze Vita restani esenti dall’imposta di successione e non fanno parte dell’asse ereditario, quindi il contraente può scegliere liberamente a chi destinare le somme del contratto a patto di non ledere la legittima. Tra l’altro, il beneficiario resta anonimo nei confronti degli eredi. Ma secondo il tam tam partito da alcuni studi legali il governo starebbe studiando l’opportunità di attuare alcuni inasprimenti di natura tributaria. «Tra questi interventi allo studio ci sarebbe una diversa impostazione dell’imposta di successione, ma non dovrebbero essere colpiti da questa eventuale manovra né i titoli di Stato né le polizze Vita che, per natura, hanno una funzione previdenziale», dice l’avvocato Roberto Lenzi. Resta quindi per ora il trattamento agevolato delle polizze Vita.
Inoltre, con le banche finite nel frattempo nell’occhio del ciclone e alle prese con la difficile impresa di recuperare la fiducia dei risparmiatori messa in crisi dopo i dissesti dei quattro istituti salvati a spese degli obbligazionisti e degli azionisti, le assicurazioni hanno in questa fase più leve da sfruttare per conquistare il risparmio degli italiani.
Non stupisce così che il 2015 si sia chiuso con una raccolta record da parte del settore Vita che ha superato anche i flussi nei fondi comuni che pure hanno un andamento in forte crescita. E gli ultimi dati Ania mostrano che proprio in coincidenza con la crisi dei quattro istituti locali e con mercati più incerti, a partire dal secondo semestre la raccolta delle polizze Vita di ramo I ha avuto una accelerazione. In base alle statistiche dell’associazione delle compagnie di assicurazione presieduta da Maria Bianca Farina, nel 2015 i nuovi premi Vita individuali emessi hanno raggiunto il record di 97,1 miliardi di euro, in aumento del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Considerando anche i nuovi premi Vita del campione delle imprese Ue, i nuovi affari Vita complessivi nel 2015 hanno raggiunto 113 miliardi, ai massimi storici, il 6,4% in più rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. I fondi comuni, dal canto loro, nel 2015 hanno raccolto 95 miliardi. E tra i vari rami si conferma preponderante la raccolta delle polizze di ramo I con nuovi premi nell’anno pari a 64,5 miliardi, il 66% dell’intera produzione Vita. In tutto il 2015 la loro raccolta è scesa del 4% rispetto al 2014 nel quale però questi prodotti avevano messo a segno una raccolta record. Ma c’è stata una forte ripresa sul finale d’anno: a dicembre i flussi sono cresciuti del 21% rispetto allo steso mese 2014. «Tale tendenza è evidente per le reti di consulenti per le quali nel quarto trimestre le polizze di ramo I sono cresciute di quasi il 30% compensando la flessione delle polizze unit linked (quelle legate a fondi o sicav interni senza garanzia del capitale, ndr) oggetto quasi esclusivo dell’offerta nei primi due trimestri dell’anno», spiega la società di consulenza Prometeia. Una tendenza che prosegue anche quest’anno, a maggior ragione visto che l’elevata volatilità e l’entrata in vigore della normativa del bail-in sta spingendo gli investitori a cercare investimenti più prudenti e le reti a tornare a puntare più sulle gestioni separate e meno sulle unit linked che sono molto più esposte all’andamento dei mercati. «In termini di prodotti, l’incertezza sui mercati finanziari ha favorito le soluzioni gestite più difensive come quelle assicurative», spiega a tal proposito Banca Generali che nei primi due mesi del 2016 ha registrato una raccolta netta di 1,1 miliardi di cui quasi la metà (489 milioni) confluiti proprio nelle polizze tradizionali. Banca Generali segnala l’interesse per BG Stile Libero (129 milioni nel mese), una polizza mista che consente di acquisire un’esposizione ai mercati finanziari combinata alla protezione delle gestioni separate. Questo perché la riduzione dei tassi renderà sempre più complicato per le polizze che comprendono solo gestioni separate arrivare a questi risultati. E ciò accade soprattutto per le nuove polizze che acquistano titoli oggi con tassi ai minimi. Mentre le gestioni più datate hanno titoli che offrono cedole ancora piuttosto generose.
Per tutte, comunque, resta il problema di dove investire una massa di raccolta così ampia che sta arrivando nelle loro casse. Per questo motivo il rendimento minimo garantito che è stato per anni un punto di forza del ramo I si sta sempre più riducendo e oggi non è così raro trovare contratti che ne sono privi. Se fino a pochi anni fa si trovavano rendimenti minimi che in media viaggiavano attorno al 2-2,5%, oggi le compagnie possono permettersi di garantire ritorni più bassi. E dal marzo 2015 l’asticella è scesa all’1% per effetto della normativa Ivass che stabilisce il tasso massimo garantibile dalle polizze. Ciò vuol dire che le nuove polizze in commercio non possono garantire un tasso superiore a questo livello. Perché i rendimenti dei titoli di Stato italiani, dove investono prevalentemente le gestioni separate, sono ai minimi storici. Resta il fatto che i titoli pubblici rimarranno l’attivo principale degli investimenti delle polizze di questo ramo. Non a caso sempre l’Ivass ha obbligato le assicurazioni ad abbassare (dal primo gennaio 2016) dal 4 al 3% il tasso di rendimento da utilizzare nella redazione dei progetti esemplificativi delle polizze di ramo I e che viene utilizzato anche per calcolare l’indicatore sintetico dei costi delle polizze. E così, per dare una marcia in più alle performance, le ultime polizze lanciate sono di tipo misto, ovvero abbinano alla componente garantita legata alla gestione separata un portafoglio più dinamico di quote di fondi (unit linked). Come rovescio della medaglia le polizze tradizionali presentano costi iniziali che possono essere piuttosto salati. Altro punto da considerare è il riscatto prima della scadenza, che può essere penalizzante soprattutto se chiesto durante i primi anni del contratto. Da sottolineare infine che non tutto il rendimento viene retrocesso al cliente. Solitamente la compagnia gira al cliente una quota che si aggira oggi attorno all’80% del rendimento lordo. (riproduzione riservata)
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