Euler Hermes ha pubblicato uno studio dedicato agli effetti economico-finanziari generati dai livelli bassi del prezzo del greggio dal titolo: Oil prices: Time for (nasty) second round effects. Mentre la domanda globale di petrolio dovrebbe rimanere contenuta nel 2016, l’eccesso di offerta dovrebbe persistere. I produttori di petrolio sembrano disposti a ridurre la produzione e l’Iran, da lungo tempo grande produttore, torna in gioco dopo l’eliminazione della maggior parte delle sanzioni internazionali. Sebbene la speculazione e la geopolitica potrebbero prendere il mondo di sorpresa e dare quindi una spiegazione ai i minimi record, fattori strutturali indicano che i prezzi del petrolio dovrebbero rimanere bassi per un periodo prolungato di tempo.
Per il 2016 Euler Hermes prevede un prezzo medio annuale del Brent pari a 38 dollari / barile. Gli importatori di energia, in particolare la zona Euro, gli Stati Uniti, l’India, la Cina e il Brasile beneficiano maggiormente dei prolungati prezzi bassi del petrolio. In miglioramento anche il potere d’acquisto delle famiglie e i margini delle aziende. Sebbene siano positivi, alcuni effetti potrebbero essere un po’sopravvalutati: la preferenza per il risparmio da parte delle famiglie, i minori costi e le pressioni deflazionistiche. Sul lato opposto, i paesi dipendenti dal petrolio stanno pagando un prezzo elevato. L’India è il grande vincitore con 0,25% di PIL, mentre il Venezuela è il principale perdente (-3,4% del PIL).
Le preoccupazioni maggiori derivano dalla durata della crisi petrolifera che potrebbero innescare effetti ulteriori. Infatti i cosiddetti effetti di secondo livello cominciano a manifestarsi in maniera più accentuata:
i disavanzi delle partite correnti si stanno ampliando (per esempio, tra il 2014 e il 2016,- 26% per l’Arabia Saudita e Venezuela); il deprezzamento di alcune valute e la diminuzione dello spazio fiscale (margini per gli aggiustamenti di bilancio) stanno innalzando il rischio di credito; gli esaurimenti delle riserve di alcuni Paesi (Guinea Equatoriale, Gabon, Angola, Oman e Venezuela) ricordano al mondo l’esistenza di un rischio di default; e, per ultimo, il rischio di disordini sociali che è in costante aumento (Venezuela, Russia, Algeria).
“In Italia – afferma Andrea Pignagnoli, analista economico Euler Hermes Italia – paese trasformatore di materie prime, i benefici del basso prezzo del petrolio si traducono in bassi prezzi alla produzione, in ampio avanzo della bilancia commerciale e in margini di redditività più elevati per le aziende. Il maggior avanzo che si è venuto a creare negli ultimi due anni corrisponde a una manovra di una certa importanza, nell’ordine dei 13/15 miliardi di euro. I vantaggi più rilevanti sono per le aziende energy intensive (carta, chimica, piastrelle, etc.) che hanno abbinato a un basso costo del barile espresso in dollari, la possibilità di esportare nella stessa valuta o in valute che si sono rivalutate (Usa in primis, dove va più del 7% dell’export italiano). Ne hanno beneficiato con vigore i settori direttamente collegati, come i mezzi di trasporto. Nei servizi, i minori costi energetici hanno rappresentato una boccata d’ossigeno in particolare per il commercio all’ingrosso (che include il commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli) e per il turismo. La maggior disponibilità di reddito delle famiglie nel 2016 si comincia a tradurre in un aumento delle vendite al dettaglio per i prodotti alimentari (penalizzati nei precedenti esercizi) e per la cura della persona (i primi a essere tagliati nei momenti di crisi)”.