di Marino Longoni
A volte succede che il brutto anatroccolo si trasformi in un bellissimo cigno. E non solo nelle fiabe. In materia previdenziale, succede con la vituperata gestione separata Inps, spesso criticata come un meccanismo perverso o addirittura una frode ai lavoratori perché senza un certo numero di contributi versati (5 anni o 20 anni a seconda delle condizioni) non consente di maturare un diritto alla pensione e i relativi contributi versati rischiano di essere a fondo perduto. Invece la gestione separata ha rivelato pochi giorni fa prospettive sorprendenti, particolarmente interessanti per chi si trova in questo momento senza lavoro e teme di non riuscire a maturare i requisiti per il pensionamento.
Con una circolare diffusa il 18 novembre, infatti, l’Inps ha precisato che il lavoratore iscritto alla gestione separata, quindi colui che ha versato anche solo un mese di contribuzione, se ha versato altri contributi in altre gestioni (per esempio lavoro dipendente o lavoro autonomo; sono esclusi però i versamenti nelle casse dei liberi professionisti), può chiedere il pensionamento con le regole della gestione separata sommando (tecnicamente si parla di computo o totalizzazione) i contributi versati nelle varie gestioni. L’Inps precisa che si applica anche il regime della salvaguardia, cioè se il lavoratore, sommando i diversi spezzoni contributivi, ha maturato i requisiti per il pensionamento prima dell’entrata in vigore della legge Fornero, potrà andare in pensione con i requisiti più favorevoli allora vigenti. Il computo si applica a chi ha qualche contributo versato prima del 1995, altrimenti si applica la totalizzazione: l’unica differenza è che nel primo caso la quota retributiva va convertita nel contributivo, mentre nel secondo non ci sono versamenti calcolati con il retributivo.
Occorre naturalmente che in qualche modo si raggiungano i requisiti previsti per la pensione di vecchiaia, anticipata, di inabilità, di invalidità o indiretta ai superstiti. Nel primo caso, per esempio, occorre avere 64 anni e 9 mesi per le donne e 66 anni e 3 mesi per gli uomini e 20 anni di contributi versati, oppure cinque anni di contributi e 70 anni e tre mesi di età per entrambi i sessi. Nel secondo caso (pensione anticipata) i requisiti sono di 42 anni e sei mesi di contribuzione per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne, indipendentemente dall’età, oppure 20 anni di lavoro e 63 anni e tre mesi di età.
C’è evidentemente anche un rovescio della medaglia, ed è costituito dal fatto che il lavoratore sommando spezzoni contributivi diversi, si vedrà calcolata tutta la pensione con il metodo contributivo, di solito meno favorevole del retributivo o del sistema misto. Inoltre questa possibilità è esclusa per chi dovrebbe cumulare versamenti alla gestione separata Inps e versamenti alle Casse di previdenza dei liberi professionisti.
Resta tuttavia un’opportunità interessante per chi, magari anche con pochi versamenti alla gestione separata, riesce a maturare il diritto alla pensione.
Un’opzione che, fino a poco tempo fa non era ritenuta possibile, oppure era concessa solo grazie a un ricongiungimento oneroso, oppure a condizione di avere un certo numero di anni di contributi versati. (riproduzione riservata)
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