di Andrea Pira
L’Italia ha dimostrato in molti comparti industriali le doti che, secondo Euler Hermes, serviranno alle imprese per superare al meglio il 2016. La riprova è il previsto calo dell’8% delle insolvenze rispetto al 2015. E assieme alle minori insolvenze va registrata la promozione della meccanica italiana, uno degli appena 12 upgrade concessi da Euler Hermes (società di assicurazione credito del gruppo Allianz ) nell’ultimo trimestre del 2015.
Tale giudizio va ad aggiungersi ai miglioramenti registrati negli anni precedenti dalla chimica e dall’alimentare. «Si vede la luce rispetto alla crisi del 2007-2008», ha spiegato Massimo Reale, direttore rischi per l’Italia commentando l’Outlook economico per l’anno in corso. Il rapporto utilizza la metafora delle Olimpiadi e della competizione per analizzare le prospettive di 18 comparti economici in 72 Paesi. Di questi, uno su quattro è a rischio sensibile o elevato. Per superare il 2016 le aziende dovranno confrontarsi su cinque sfide: la resilienza al perdurare dei bassi prezzi delle materie prime; la precisione nel collocarsi sui mercati tenendo a mente le difficoltà di Cina, Russia e Brasile; la solidità nel fronteggiare l’aumento del debito e del rischio di credito; la rapidità nell’adattarsi allo «sconvolgimento digitale»; l’agilità nell’affrontare la prossima ondata di fusioni e acquisizioni. L’anno scorso a livello globale c’è stato un «notevole peggioramento dei pagamenti per la siderurgia e la meccanica». Va meglio invece per Information technology e farmaceutico. Nel complesso il maggiore deterioramento dei profili di rischio settoriali si è avuto in America Latina, nei Paesi del Golfo e in Russia. Mentre in Cina sono saliti a 81 i giorni medi d’incasso, con la prospettiva di arrivare quest’anno a 84, in concomitanza con una crescita del 20% delle insolvenze. In questo contesto le aziende italiane sono bene attrezzate. Si prenda per esempio la meccanica; quella nazionale, sottolinea Reale, è ad alta precisione, contraddistinta da settori di nicchia favoriti dal fatturato pesante. Il Paese beneficia dell’export verso mercati consolidati, come l’Europa settentrionale e centrale, e quindi risente meno del rischio dei Paesi emergenti. «Tra il 2013 e il 2014 si è assistito a una crescita in Medio Oriente e Nord Africa. Si tratta di una crescita meno efficace, se paragonata a quelle nei mercati consolidati», precisa. «Probabilmente però le aziende italiane non avranno i problemi di quelle tedesche, caratterizzate dalla presenza su mercati come quello cinese». La nota dolente restano i tempi di pagamento. «Nel 2015 i giorni medi d’incasso sono stati 95 e per il 2016 caleranno a 93-94», dice Reale. Le difficoltà sui tempi di incasso variano però da settore a settore. Ci sono tempi più ridotti per l’agri-food, i servizi, la meccanica e la componentistica, Vanno invece male il tessile, la manifattura e le costruzioni. Quest’ultimo settore sta comunque riuscendo a tenere nonostante la crisi, anche perché è riuscito a fare pulizia al proprio interno. C’è stata in particolare una ripresa dell’edilizia per le ristrutturazioni, anche grazie agli interventi governativi, ma soffrono ancora le nuove costruzioni. Chi «presenta aspetti virtuosi» nel comparto è la filiera. Su tutti al ceramica anche per via delle esportazioni che assorbono circa l’80% della produzione. Dove si avverte qualche debolezza per le aziende italiane è nell’agilità a rispondere ad acquisizioni e fusioni. Appaiono «più attaccabili». Quando invece sono loro ad andare all’attacco, le acquisizioni sono rivolte più alla distribuzione che non al lato produttivo. E questo è «uno dei più grandi problemi dell’economia italiana». (riproduzione riservata)
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