di Paola Valentini
L’Inps ha promesso che da metà aprile comincerà a spedire le buste arancione generandole al ritmo di 150 mila al giorno. L’intenzione del presidente dell’istituto di previdenza, Tito Boeri, è inviare le lettere a 7 milioni di lavoratori nel 2016, a partire dai dipendenti privati (per i lavoratori pubblici le informazioni arriveranno assieme al cedolino, per posta, in base ad accordi con le pubbliche amministrazioni).
Le buste arancione mostreranno l’importo previsto mensile lordo della pensione (ai prezzi attuali), la possibile data di pensionamento e il tasso di sostituzione (rapporto tra il primo assegno pensionistico e ultimo stipendio stimato). In questo senso il documento rappresenta un utile strumento di educazione finanziaria, peraltro molto atteso perché questa operazione avrebbe dovuto essere fatta 20 anni fa quando con la legge Dini sulle pensioni si passò dal più generoso sistema retributivo a quello contributivo (per coloro che avevano meno di 18 anni di contributi al momento di entrata in vigore della legge). Ma poi l’operazione busta arancione (dal nome della missiva che il governo svedese spedisce ai cittadini, appunto di questo colore) è rimasta sempre nel cassetto. E dopo l’avvio nel maggio dello scorso anno del servizio online di simulazione dell’importo della pensione futura e di calcolo della possibile data di pensionamento, accedendo tramite un codice Pin nel sito dell’Inps (nella sezione dedicata La Mia Pensione), ora a questa busta arancione virtuale (che nel corso del 2016, sarà disponibile anche per i dipendenti pubblici) si aggiunge la missiva cartacea. Gli iscritti Inps (i lavoratori dipendenti, anche domestici, gli aderenti alle gestioni dei lavoratori autonomi e i lavoratori della gestione separata) riceveranno direttamente a casa le proiezioni, sulla base di un insieme di ipotesi, insieme al riepilogo dei contributi versati e quelli futuri stimati.
D’altra parte l’esperimento online La Mia Pensione ha avuto un buon riscontro: nei dieci mesi di operatività gli accessi totali sono stati più di 8,9 milioni, di cui 1,3 milioni di under 40. E le simulazioni della pensione sono state 4,6 milioni da parte di utenti che si sono dotati dell’apposito Pin per usufruire del servizio online. Il picco di accessi, rileva l’Inps, c’è stato tra gli individui nati tra il 1955 e il 1960, che sono quelli toccati più da vicino, in senso almeno temporale, dall’ultima riforma della previdenza, la Fornero di fine 2011, che ha aumentato drasticamente l’età della pensione.
Pur con tutti i limiti di queste stime, il simulatore online La Mia Pensione è un importante passo avanti verso una maggiore consapevolezza da parte di milioni di contribuenti dei passi necessari per costruirsi una vecchiaia il più possibile serena.
Ma non basta perché, afferma l’Inps, secondo il Desi (Digital Economy and Society Index) 2016 l’Italia è all’ultimo posto tra i paesi dell’Ue nell’uso di internet. Attualmente gli iscritti dotati del Pin dell’Inps che possono quindi accedere a La Mia Pensione online sono 18,5 milioni. Restano scoperti 12 milioni di contribuenti che non hanno ancora il codice. Di questi, il 40% ha meno di 40 anni. «La busta arancione a casa permetterà quindi di raggiungere chi non è digitalizzato. Tra questi molti giovani che hanno particolare bisogno di pianificare a lungo termine», ha detto Boeri nel corso della presentazione della nuova iniziativa, «la collaborazione con l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale, ndr) ci consentirà di inviare nel 2016 le buste a casa dei contribuenti del settore privato appartenenti alle gestioni già coperte e prive di Pin o Spid (il nuovo sistema pubblico di indennità digitale, ndr), una platea di circa 7 milioni di persone. La busta», ha aggiunto Boeri, «conterrà l’estratto conto contributivo, una simulazione standard e l’invito a richiedere lo Spid e ad andare online sul sito La Mia Pensione per usufruire di tutte le funzionalità aggiuntive offerte dal servizio online di simulazione della pensione». Con il sistema di calcolo contributivo delle pensioni infatti, l’importo dell’assegno pubblico non è più legato come nel sistema retributivo all’importo degli ultimi stipendi, quindi non ne è più certo l’ammontare. La pensione che si percepirà scaturisce invece dai contributi versati nell’arco della vita lavorativa, più si versa più si avrà. Ma un’ulteriore incognita è data dal fatto che il montante così accumulato viene rivalutato ogni anno in base all’andamento quinquennale del pil. Che è in frenata. La media degli ultimi dieci incrementi quinquennali è stata lo 0,2%, degli ultimi 20 lo 0,9% perché l’economia italiana da anni cresce poco. E un Paese che cresce poco può garantire solo pensioni magre. È proprio la variazione del pil l’incognita delle simulazioni. Infatti il servizio online La Mia Pensione ipotizza un aumento annuo del pil dell’1,5%, con la possibilità di scendere all’1%, ma non più in basso. È anche possibile variare l’importo della crescita annua della retribuzione: anche in questo caso l’ipotesi di base prevede l’1,5%, ma si può scendere fino allo 0 o salire fino al 5%. Mentre le buste arancioni si basano sui dati base di pil e carriera all’1,5%. Dai calcoli emerge che è ampia la forchetta di risultati a cui può portare l’utilizzo di un dato piuttosto che di un altro, all’interno della banda di oscillazione di pil e retribuzione. La società di consulenza indipendente Progetica ha stimato per MF-Milano Finanza l’importo della pensione sulle ipotesi standard su cui sono costruiti la busta arancione e il servizio online: quindi con pil e crescita dello stipendio all’1,5%. Accanto a queste proiezioni ne sono state elaborate altre due considerando le ipotesi agli estremi opposti. La prima (stima minima) si basa su un pil a +1% e una crescita della retribuzione pari a zero, la seconda prevede un pil a +1,5% e una retribuzione in crescita del 5%.
Progetica ha considerato sei casi: 30-40-50enni dipendenti e autonomi, con redditi netti mensili di rispettivamente di mille, 2 mila e 3 mila euro. Evidenziate in giallo sono dunque le previsioni di default che un lavoratore può trovare sul servizio web La Mia Pensione o che riceverà via lettera. «Per i trentenni e quarantenni le stime di default sono due perché l’Inps, per chi è in regime contributivo, mostra entrambi i requisiti di vecchiaia e di pensione anticipata, qualora applicabili. Per i cinquantenni invece viene mostrato solo il primo requisito applicabile», afferma Andrea Carbone di Progetica.
Per esempio, per un trentenne lavoratore dipendente con 1.000 euro netti al mese la stima di base della pensione, si badi bene lorda, sarebbe compresa tra 1.749 euro (vecchiaia) e 1.443 euro (anticipata). «Accanto ai valori di default in giallo, le forchette che abbiamo costruito, sotto le voci stima minima e stima massima, sono quelle che un lavoratore può simulare attraverso lo strumento online», prosegue Carbone. «L’esito delle simulazioni è duplice: da un lato i valori di default comunicati da La Mia Pensione sono basati su parametri di crescita del pil (1,5%) e della carriera (1,5%) che restituiscono delle stime meno prudenziali di quelle che si potrebbero avere ipotizzando crescita del pil all’1% e retribuzione piatta», spiega Carbone, «dall’altro lato, l’estrema variabilità dei dati che possono essere ricevuti dal lavoratore suggerirebbe di non lasciare solo il cittadino di fronte allo strumento La Mia Pensione. Un dato sovra o sottostimato potrebbe infatti avere rilevanti conseguenze in tema di integrazione pensionistica. Senza dare per scontato che un cittadino sappia rendere netti dei valori lordi, e che sappia capire perché all’aumentare della pensione in euro, il tasso di sostituzione diminuisca». «La busta arancione è una buona iniziativa. Purtroppo però non è stata studiata approfonditamente: da una parte rischia di diffondere proiezioni poco attendibili e dall’altra non dà agli assicurati strumenti adeguati di consulenza sulla propria posizione e sulle misure da adottare», afferma Gabriele Sampaolo, direttore generale del Patronato 50&Più Enasco. E non bisogna dimenticare che l’allungamento della vita media sta mettendo sotto forte pressione i sistemi pensionistici pubblici. In base alle stime di Citi su 20 Paesi Ocse, l’ammontare totale degli impegni sul fronte previdenziale non coperti da risorse pubbliche ammonta a 78 mila miliardi di dollari, quasi il doppio dei 44 mila miliardi dichiarati dalle statistiche dei singoli Stati. «Quindi se questi impegni di spesa fossero conteggiati, i debiti pubblici potrebbero essere tre volte più alti di quanto le persone oggi pensano», spiega Citi nel report dal titolo emblematico The Coming Pension Crisis. Cioè, è in arrivo una crisi delle pensioni. Il lavoro analizza le sfide che i sistemi pensionistici dovranno affrontare alla luce dei cambiamenti demografici, presenta una serie di raccomandazioni ai decisori politici e analizza le opportunità che l’attuale situazione può rappresentare per gli asset manager. Nello studio, Citi sottolinea che alcuni Stati avranno più difficoltà di altri nel contenere le conseguenze dell’allungamento della vita e del calo del tasso di fertilità con conseguente esplosione della spesa pubblica pensionistica in rapporto al pil (grafico a pagina 28). L’Italia, dopo le ultime riforme che hanno spostato in avanti l’età della pensione, è messa meglio di altri. Ma deve fare ancora molti passi in avanti sulla previdenza complementare, perché i fondi pensione pesano per meno del 10% del pil, contro una media Ocse del 37%. Citi stima che nei Paesi Ocse i capitali che dovranno entrare nei fondi pensione per portare il rapporto massa gestita/pil al 37% ammontano a 5 mila miliardi di dollari, il 20% del valore attuale del mercato globale dei fondi pensione. E tre quarti di questi 5 mila miliardi si riferiscono ai Paesi europei, in testa Germania, Francia e appunto Italia. (riproduzione riservata)
Fonte: