di Claudia Cervini
Mentre si avvicina il verdetto del gouverning council della Bce sul piano di ricapitalizzazione di Banca Carige , gli occhi del mercato sono puntati sul nuovo assetto azionario dell’istituto ligure e sulle forme che questo assumerà da qui al prossimo maggio, quando dovrebbe essere lanciato l’aumento di capitale che potrebbe superare i 700 milioni di euro.
I colpi di scena nell’ultima settimana non sono mancati: Vittorio Malacalza, grazie all’accordo preliminare raggiunto con la Fondazione azionista, è il primo socio della banca presieduta da Cesare Castelbarco Albani. Con il 10,5% l’imprenditore ha superato anche la partecipazione di Bpce, la seconda banca di Francia, azionista di Carige al 9,9%. Mentre la Fondazione, fino a domenica scorsa primo socio, è attualmente scesa al 3%. Il mercato ha apprezzato l’ingresso di Malacalza nel capitale della banca, basti pensare che il titolo da lunedì 2 a venerdì 6 è cresciuto del 10,7% attestandosi a 0,073 euro. Ma i giochi non sono finiti.
Il primo socio. Malacalza ha già aperto ufficialmente alla possibilità di salire fino al 24%, ovvero non oltre la soglia che comporterebbe il lancio di un’opa. Dove potrebbe prendere queste quote? In realtà più di un azionista avrebbe in mente di limare la quota nell’istituto. Di certo c’è il fatto che Malacalza non è contrario all’ingresso di nuovi soci nel capitale
Date le premesse, gli scenari possibili sarebbero tre. Il primo contempla Malacalza come unico socio forte dell’istituto, arrivato per restare. Così si spiegherebbe l’alleanza con la Fondazione attraverso un patto parasociale di voto di lungo respiro. In questo casoBanca Carige rimarrebbe estranea al risiko bancario atteso nei prossimi mesi sul mercato. L’opzione B vedrebbe la famiglia di imprenditori genovesi come socio forte a medio termine, con il ruolo di traghettatore della banca verso un’aggregazione bancaria. Questa ipotesi era stata avanzata più volte quando si dava Andrea Bonomi per favorito nella partita per l’istituto di credito genovese. E alcuni osservatori avevano immaginato un’operazione in due tempi, che avrebbe visto infine l’istituto convolare a nozze con la Banca Popolare di Milano . Rimane poi da considerare l’opzione C: un’opa ostile lanciata da un terzo soggetto. Un’ipotesi che però sembra abbia poche possibilità di concretizzarsi.
Bpce. La seconda banca di Francia è entrata in Carige nel 1999 ed è arrivata a controllarne una quota vicina al 15%. Fino al 2009 è stata alleata della Fondazione attraverso un patto di sindacato che aveva stretto dieci anni prima. Groupe des Banques Populaires et des Caisses d’Epargne ha dichiarato a MF-Milano Finanza che la partecipazione detenuta «non è strategica». La banca non ha quindi intenzione di aumentare la quota e anzi potrebbe ridurla. Per quanto riguarda l’aumento di capitale, l’istituto transalpino sta alla finestra. «Stiamo valutando se partecipare all’aumento: la decisione non è ancora stata presa visto che non conosciamo ancora le condizioni dell’aumento e anche in virtù del fatto che manca il via libera della Bce al capital plan». Soltanto lo scorso giugno Bpce aveva aderito all’aumento di capitale da 800 milioni di euro di Carige per la quota di sua competenza, con un investimento di circa 80 milioni. La banca ha inoltre svalutato recentemente la partecipazione.
La Fondazione. Dopo l’accordo con Malacalza, l’ente ha venduto ancora e adesso detiene una quota di poco inferiore al 3%. L’istituzione presieduta da Paolo Momigliano potrebbe scendere nel capitale e starebbe valutando di attestarsi tra il 2 e lo 0,5%. Ma non si è ancora pronunciata in merito alla ricapitalizzazione dell’istituto.
L’aumento. La banca non esclude un eventuale innalzamento dell’importo della ricapitalizzazione, attualmente fissato in 700 milioni di euro. Sarebbe la seconda volta che l’istituto decide di alzare questa asticella. Il piano approvato dal board di Carige lo scorso 26 ottobre prevedeva un aumento di capitale da 500-650 milioni di euro, cifra poi alzata a quota 700 milioni. L’appuntamento è previsto per la primavera, probabilmente a maggio, dopo che l’assemblea avrà approvato il bilancio e dopo che sarà arrivato il disco verde della Bce atteso entro metà marzo. Ed è proprio in sede di aumento che gli equilibri potrebbero cambiare.
Bonomi e il risiko. Gli attuali valori del titolo in Borsa avrebbero raffreddato l’interesse dell’imprenditore del private equity. Inoltre la coabitazione tra lui e i Malacalza sarebbe un esperimento del tutto nuovo. Nei mesi scorsi sono stati ipotizzati due matrimoni, quello tra Carige e Ubi e quello tra la banca genovese e la Popolare di Milano . L’idea di integrare Carige con Piazza Meda l’avrebbe avuta per prima Banca Imi (di Intesa Sanpaolo ), che nell’inverno scorso la propose ai vertici della Fondazione. Il progetto è però rimasto nel cassetto. Infatti, con tutte le popolari che diverranno contendibili a seguito della riforma che impone loro di trasformarsi in spa, non è detto che l’interesse per Carige si mantenga su livelli elevati. (riproduzione riservata)