Indietro tutta su Sace banca. La Camera ha modificato significativamente la norma del decreto Investment Compact che avrebbe dovuto permettere al gruppo guidato da Alessandro Castellano di fare credito diretto, trasformandola così in una sorta di ExIm Bank all’italiana. Con un emendamento approvato in commissione giovedì scorso i deputati hanno cambiato le carte in tavola, sottraendo a Sace l’autonomia di azione riguardo il nuovo strumento e rimettendo ogni decisione in capo alla controllante Cassa depositi e prestiti.
In pratica, mentre nella versione originaria si prevedeva esplicitamente che il gruppo assicurativo potesse anche fare credito diretto, previa autorizzazione della Banca d’Italia, ora la norma dice che a fare da banca di servizio per le operazioni di internazionalizzazione sarà la Cdp «direttamente o tramite Sace spa». In realtà le modifiche apportate in commissione prevedono anche una terza opzione: «L’attività può essere esercitata anche attraverso una diversa società controllata, previa autorizzazione della Banca d’Italia». Insomma teoricamente per Sace banca ci sarebbe ancora spazio, ma dopo il duro scontro con la controllante proprio sul decreto, non è facile immaginare che Cdp lasci il passo al gruppo assicurativo. Nelle audizioni sul provvedimento i vertici di Cassa si sono detti contrari all’ipotesi che Sace potesse aggiungere all’attività di assicurazione anche quella di credito, sollevando anche il dubbio che consentirle di fare da finanziatore e garante in una stessa operazione avrebbe potuto creare problemi di concorrenza con gli altri operatori bancari. Non solo, l’effetto più nefasto avrebbe potuto essere la vigilanza rafforzata di Banca d’Italia anche su Cdp, proprio per effetto di una Sace trasformata in banca. Cassa aveva poi sottolineato di poter essa stessa svolgere la funzione di finanziatore in operazioni assicurate da Sace o anche altri operatori. E pochi giorni dopo, passando dalle parole ai fatti, la spa del Tesoro ha annunciato di aver più che raddoppiato il suo impegno per l’export portando le risorse a disposizione da 6,5 a ben 15 miliardi di euro. E ora l’emendamento approvato giovedì 5 amplierà ancora di più il suo raggio di azione, consentendole di fornire direttamente credito anche quando le operazioni non siano assicurate da Sace o altri. Certo il dl deve essere ancora convertito in legge: il via libera della Camera è atteso per metà della prossima settimana e poi il testo dovrà passare al vaglio del Senato. Ma è anche vero che il provvedimento contiene anche le norme sulle banche popolari, sulle quali il governo vuole procedere spedito, perciò il testo uscito dalle commissioni di Montecitorio è considerato blindato e con tutta probabilità l’esecutivo ricorrerà il voto di fiducia per farlo passare in Aula. Insomma, a meno di un’inversione di rotta è difficile che Sace potrà davvero fare da banca, eppure il gruppo era pronto, tanto che era stato già individuato il veicolo che avrebbe potuto essere utilizzato: Sace Fct, società interamente controllata e già autorizzata dalla Banca d’Italia. Non solo. Sace era già pronta a rivedere il suo piano industriale per comprendervi le nuove attività, che avrebbero anche reso più appetibile il gruppo nell’ottica di una sua privatizzazione. Privatizzazione che al momento sembra essere uscita dai radar, sebbene ancora di recente il governo abbia ribadito di voler accelerare sul cessioni di Stato. La società avrebbe dovuto essere aperta ai privati già lo scorso anno, come pure le Poste e l’Enav, ma alla fine tutto si è bloccato. Ora c’è da augurarsi che, in positivo o in negativo, la decisione sulla possibilità di fare credito oppure no venga ufficializzata in fretta, perché ulteriori riflessioni in merito non potrebbero che far slittare ancora la scelta sull’eventuale quotazione in borsa o cessione di una quota da parte di Cassa depositi e prestiti. (riproduzione riservata)