Appare tecnicamente applicabile alla maggior parte delle attuali fattispecie di eco-reato il nuovo istituto sulla non punibilità degli illeciti dall’impatto giudicato irrilevante, previsto dal dlgs 16 marzo 2015 n. 28. Il provvedimento (pubblicato sulla G.U. del 18 marzo n. 64 e in vigore dal prossimo 2 aprile) sancisce, sussistendo la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità della condotta, l’esclusione della punibilità per i reati sanzionati con pena pecuniaria o detentiva non superiore a cinque anni e interessa potenzialmente la quasi totalità degli illeciti previsti da Codice ambientale e altri provvedimenti di settore nonché ad alcuni reati previsti dal Codice penale e declinati in via giurisprudenziale sull’eco-sistema.
Il nuovo istituto.
Il decreto arricchisce le «cause di esclusione della punibilità» previste dal sistema penale, quali circostanze che inibiscono l’applicazione delle sanzioni previste per la commissione di una determinata condotta illecita pur non escludendo l’antigiuridicità della stessa (che resta, quindi, reato); e ciò a differenza delle più note «cause di giustificazione» (come la legittima difesa) che escludono invece proprio l’illiceità del fatto compiuto (il quale, dunque, non costituisce reato).
Quando è applicabile. Il nuovo istituto, inserito direttamente nel codice penale (nuovo articolo 131-bis, dalla rubrica «Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto»), è applicabile concorrendo due insiemi di condizioni, ossia: il reato è sanzionato con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero con pena pecuniaria, sola o congiunta alla prima (dunque, sempre dentro il predetto periodo temporale); sussistano congiuntamente le caratteristiche (che il giudice dovrà valutare utilizzando i parametri stabiliti dall’articolo 133, c.p.) di «particolare tenuità dell’offesa» e non abitualità della condotta. Fissate tali condizioni base, il Legislatore stabilisce però una serie di «contro condizioni» che valgono a ritagliare ulteriormente il campo di applicazione della disciplina deflativa. In primo luogo, ai fini della determinazione della effettiva pena detentiva irrogabile, si dovrà comunque tener conto delle circostanze aggravanti (ex articolo 63, c.p.) che stabiliscono pene di specie diversa (tra cui per esempio quelle previste dal comma 2, articolo 635 c.p.) come delle circostanze a effetto speciale (che impongono un aumento di pena superiore a un terzo), e questo senza possibilità di bilanciarle con le attenuanti. Ancora, la «particolare tenuità dell’offesa» dovrà considerarsi ex lege esclusa per gli illeciti integrati con crudeltà (anche in danno ad animali), sevizie, commessi per motivi abietti o futili, ovvero approfittando della minorata difesa della vittima, così come nel caso in cui dalla condotta siano derivate, anche quali conseguenze non volute, la morte o la lesione gravissima di persone. La stessa «non abitualità» dovrà infine essere esclusa in presenza di delinquenti dichiarati tali, professionali o per tendenza, in caso di recidiva o di commissione di reati che abbiano a oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Le conseguenze. Ove ritenuta sussistente già all’esito delle indagini preliminari, la nuova causa di esclusione della punibilità potrà portare alla chiusura del procedimento già prima del processo: la richiesta di archiviazione del Pubblico ministero sarà infatti sì opponibile sia dall’indagato (evidentemente per dimostrare la propria totale innocenza, ed evitare l’iscrizione del potenziale provvedimento di non punibilità nel casellario giudiziario con valenza sulle eventuali recidive) che dalla persona offesa (interessata al proseguio del procedimento, anche per l’eventuale costituzione di parte civile), ma al di fuori del provocare la necessaria udienza di valutazione, non ne inibirà l’accoglimento da parte al giudice, con la conseguenza della piena impunità dell’indagato (salvo l’emergere di nuovi elementi idonei alla riapertura delle indagini). Ove, invece, la sussistenza delle citate condizioni di non punibilità dovesse essere accertata in esito di rituale processo dibattimentale, essa sfocerà (in luogo di un decreto o ordinanza di archiviazione) in una sentenza di proscioglimento che non avrà però carattere assolutorio ma (per espressa disposizione del nuovo articolo 651-bis inserito nel Codice di procedura penale) di accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità e della riconducibilità della condotta all’imputato, con la conseguenza (una volta irrevocabile) di lasciare aperta la strada a risarcimento del danno e restituzioni in successivi ed eventuali giudizi civili e amministrativi. In virtù del principio del «favor rei» ex articolo 2 del codice penale, il nuovo meccanismo interesserà anche gli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore ancora non oggetto di giudizio definitivo.
I riflessi sugli attuali reati ambientali… Come accennato, il nuovo istituto promette ampie ripercussioni sulla platea dei reati ambientali. A parte i delitti di combustione illecita di rifiuti pericolosi ex 256-bis e di attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti ex articolo 260 del dlgs 152/2006, sono infatti astrattamente riconducibili sotto il nuovo istituto le altre condotte punite dallo stesso Codice ambientale in materia di autorizzazione integrata ambientale, valutazione di impatto ambientale, tutela di suolo, acque e aria, gestione rifiuti (Sistri compreso), bonifica siti inquinati. Così come potranno finire nell’ingranaggio deflativo gli illeciti previsti da alcuni provvedimenti satellite del dlgs 152/2006 (si pensi a quelli ex dlgs 49/2014 sulla gestione dei tecno-rifiuti) e da altre norme di settore, come quelle a tutela di vincoli paesaggistici e ambientali, contenimento dell’inquinamento sonoro e tutela delle aree protette. Parallela sorte è prevedibile per i più generali reati di «getto pericoloso di cose» (articolo 674) e «danneggiamento» (635) previsti dal codice penale.
… E sui (probabili) futuri eco-delitti. A spostare nuovamente l’ago della bilancia potrà tuttavia contribuire la riforma degli eco-reati prevista dal già noto disegno di legge in itinere recante «Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente». Il provvedimento, già licenziato con modifiche dal senato il 3 marzo 2015 e ora di nuovo all’esame della camera, prospetta un cambio di marcia nella lotta agli eco-reati, affiancando alle attuali ipotesi contravvenzionali previste dal codice ambientale nuove figure delittuose collocate direttamente nel codice penale, alcune delle quali sfuggiranno, per la pena edittale prevista, al nuovo istituto. In base all’attuale schema di ddl in corso di approvazione, non rientrerebbero nel campo di applicazione del meccanismo deflativo i delitti di «inquinamento ambientale» doloso (punito con la reclusione fino a 6 anni e multa fino a 100 mila euro), «disastro ambientale» (fino a 15 anni), traffico o abbandono materiale ad alta radioattività (reclusione fino a 6 anni e multa fino a 50 mila euro); mentre potrebbero goderne (ricorrendone le condizioni) quelli di impedimento di controlli ambientali (reclusione fino a 3 anni), omessa bonifica (reclusione fino a 4 anni e multa fino a 80 mila euro), utilizzo della tecnica «air gun» o altra esplosiva per l’ispezione dei fondali marini (reclusione fino a 3 anni).
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