di Anna Messia
Ci saranno la questione della Banca del Mezzogiorno e il nodo del servizio universale al centro del prossimo incontro tra il numero uno di Poste Italiane, Francesco Caio e il ministro dell’Economia, Pier Calo Padoan. Riunione che si ripetono con cadenza mensile e che hanno come obiettivo la quotazione del 40% del gruppo, pilastro portante del piano di privatizzazioni annunciato dal governo di Matteo Renzi.
All’orizzonte non sembra esserci alcuna accelerazione rispetto all’obiettivo, che resta confermato, di realizzare l’ipo entro la fine dell’anno. L’ipotesi sul tavolo resta quindi quella di sfruttare la finestra di ottobre novembre. Il prossimo appuntamento tra il numero uno dell’azienda postale e il ministro dell’Economia si preannuncia però decisivo per due questioni chiave. Perché dovrebbe essere finalmente definito il destino della Banca del Mezzogiorno, l’istituto voluto dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che dovrebbe essere ceduto a Invitalia, ma su cui si stanno aprendo nuovi scenari. Ma soprattutto perché si dovrebbe addivenire a una soluzione per il rinnovo del contratto di programma per il servizio universale, per il periodo 2015-2019, che dovrebbe essere chiuso entro marzo e che rappresenta un tassello fondamentale per preparare Poste Italiane a Piazza Affari, come anticipato da MF-MilanoFinanza il 7 marzo scorso. Perché, come illustrato ieri da Caio, chiamato in audizione alla commissione Lavori pubblici del Senato, così com’è oggi il servizio universale non è più sostenibile dal punto di vista economico per Poste Italiane: il costo per il gruppo è di 1 miliardo mentre il contributo dello Stato è di appena 340 milioni, scesi tra l’altro a 262,4 milioni con la legge di Stabilità 2015. I numeri illustrati da Caio sono allarmanti: a causa della crisi del settore del recapito, senza interventi correttivi, in un trend inerziale, nel 2019, Poste chiuderebbe con un Ebit negativo di 1,5 miliardi nel settore postale, portando in rosso l’intero gruppo. Per di più le novità contenute nel ddl concorrenza, che prevedono l’apertura del mercato della consegna delle multe e degli atti giudiziari dal 2016, ha spiegato Caio ai senatori, ha l’effetto di aggravare il trend negativo. Serve quindi accelerare per trovare la quadra e bloccare il trend negativo. A occuparsi della questione, come noto, è l’Agcom, chiamata a dare il via libera al repricing chiesto dalla Poste Italiane, che prevede l’aumento a 1 euro per la posta ordinaria (reintrodotta per legge) e un costo di 3 euro per quella prioritaria. Non solo. L’autorità dovrà anche approvare il piano di consegna a giorni alterni, esteso dalla legge di Stabilità, a un quarto del territorio nazionale, rispetto a un ottavo precedente.
Al tavolo di via XX Settembre, cui venerdì 13 siederanno anche il capo della segreteria tecnica del ministero, Fabrizio Pagani, e il cfo di Poste, Luigi Ferraris, si discuterà poi, come detto, anche del destino della Banca del Mezzogiorno. Caio, a novembre scorso, ha detto senza mezzi termini che la missione di Poste Italiane non passa per la presenza della Banca del Mezzogiorno e Padoan ha parlato di trattative con Invitalia. La banca, nel frattempo, ha però chiuso il bilancio 2014 in utile per 40 milioni, il doppio di quanto previsto dal piano industriale e il rischio sarebbe oggi di cederla a un prezzo inferiore al suo valore. Per qualche motivo si starebbe ragionando su nuovo scenari che la valorizzino. Come la creazione di una newco con soci Poste, Invitalia e un fondo di private equity, allargandone l’accesso della banca a un numero maggiore di sportelli di Poste Italiane (oggi appena 250 su un totale di 13 mila sportelli). (riproduzione riservata)