Di Anna Messia
Le prossime settimane saranno decisive per capire se Poste Italiane riuscirà a chiudere con successo l’operazione privatizzazione, rispettando la scadenza del 2015. L’accelerazione impressa dal ministero dell’Economia è stata evidente. A occuparsi del dossier, come consulente del ministro Pier Carlo Padoan, è stato da poco chiamato in Via XX Settembre Giuseppe Antonio Fortunato, ex vice presidente di Finmeccanica, dove ha lavorato per quasi sette anni, e prima ancora capo della segreteria del ministero degli Affari Esteri, nel periodo 2006-2008, quando al dicastero c’era Massimo D’Alema.
Negli ultimi giorni l’ad, di Poste Italiane, Francesco Caio, ha continuato a ripetere che il gruppo entro l’anno sarà pronto per la borsa, dove dovrà essere collocato il 40% del capitale, come previsto dal piano del governo.
Certo i numeri di bilancio 2014 presentati al mercato martedì 24 danno l’idea di un’azienda in profonda trasformazione, dove non c’è ancora alcuna prova tangibile degli effetti positivi del rilancio avviato da Caio. Anzi, per ora emerge esclusivamente una manovra di profonda pulizia: l’utile dell’intero anno, 212 milioni, caduto rispetto al miliardo del 2013, è stato addirittura più magro di quello presentato con la semestrale di giugno (222 milioni), con una perdita quindi, nel secondo semestre di 10 milioni. Risultato su cui hanno pesato la riduzione dei volumi della corrispondenza, oltre che maggiori oneri straordinari per 242 milioni destinati al processo di trasformazione definito nel piano industriale, e 75 milioni di svalutazioni dell’intera partecipazione detenuta in Alitalia Cai.
E come se non bastasse ci si è messo pure il fisco: a pesare sul bilancio 2014 delle Poste è stata infatti anche la maggiore incidenza delle imposte sul reddito dell’esercizio che è passata dal 34% del 2013 al 70% del 2014 ed è venuto meno anche il contributo positivo di 223 milioni di crediti d’imposta di cui avevano beneficiato i risultati 2013. La conseguenza è stata che Poste Italiane ha chiuso il 2014 con un utile per azione sceso a 0,162 euro, da 0,769 di fine 2013. Numeri che gli analisti guardano con particolare attenzione quando valutano un’azienda per la borsa.
Ora Caio è atteso alla svolta nel prossimo bilancio semestrale, l’ultimo prima della quotazione a Piazza Affari. Si vedrà la sua impronta sui numeri oppure il mercato dovrà accontentarsi di valutare esclusivamente la credibilità e la tenuta del piano del nuovo management? In quest’ultimo caso il rischio che l’operazione si collochi nella parte bassa della forchetta ventilata dal ministero dell’Economia per la valutazione del gruppo, compresa tra 6 e 11 miliardi, è destinato a crescere.
La risposta a questa domanda arriverà proprio nelle prossime settimane. Perché venerdì 27 si è riunito, in tarda serata, il consiglio dell’Agcom, l’autorità delle telecomunicazioni, per dare avvio alla consultazione dei due interventi cruciali per il futuro delle Poste Italiane, e a cascata anche per il successo dell’annunciata ipo. In ballo c’è la ristrutturazione del servizio universale per il recapito postale.
Un aspetto centrale per le Poste Italiane che proprio dalle lettere, a causa della contrazione dei volumi, hanno già iniziato a subire perdite, con un ebit che nel 2014 è stato negativo per 500 milioni. Tanto che, senza interventi correttivi, il recapito rischia di portare velocemente in rosso l’intero gruppo, come hanno già fatto emergere anche i numeri 2014, specie quelli del secondo semestre. Nei prossimi giorni l’autorità diffonderà in pubblica consultazione i due interventi corretti chiesti a gran voce da Caio. Si tratta in particolare dei dettagli del piano di recapito a giorni alterni, che, come previsto dalla legge di stabilità, si estenderà da un quarto del territorio nazionale (rispetto a un ottavo attuale), facendo scendere i costi per le Poste che nel frattempo hanno visto ridursi l’incasso dallo Stato per il contributo del Servizio Universale a 262,2 milioni (rispetto ai 350 milioni del 2014). Non solo. In discussione c’è anche l’aumento dei prezzi delle lettere, a 1 euro per la posta ordinaria (reintrodotta dalla legge) e a 3 euro per quella prioritaria. Senza questi correttivi sul pricing, ha ribadito in più occasioni l’amministratore delegato di Poste, il settore del recapito non riuscirebbe a trovare l’equilibrio.
A questo punto la parola passerà però al mercato, con l’avvio della pubblica consultazione che durerà un mese. Non poco, per chi, come Poste, deve correre verso l’ipo. Ma quel che più conta sarà il risultato: se Caio riuscirà a spuntarla tutto sarà più semplice, altrimenti verrebbero messe in discussione piano industriale e privatizzazione. (riproduzione riservata)