di Anna Messia
Generali gioca la carta Paolo Scaroni per la partecipata russa Ingosstrakh, di cui detiene il 38,5%. L’ex amministratore delegato dell’Eni e dell’Enel è entrato nel consiglio di Ingosstrakh, in occasione del rinnovo dell’intero cda. Scaroni si aggiunge agli altri due rappresentati del Leone già presenti: Giancarlo Aragona, messinese, ex ambasciatore italiano a Mosca, chiamato dalla Nato nel 2007 tra gli esperti incaricati di una proposta di riforma dell’Alleanza Atlantica; e Giorgio Callegari, torinese, ex direttore per le alleanze e strategie di Alitalia e dal 2011 primo italiano consigliere di Aeroflot, la compagnia di bandiera russa.
Finora Ingosstrakh per Generali è stata per lo più una partecipazione finanziaria, che ha pesato peraltro sul bilancio del primo semestre (chiuso in utile per 1,07 miliardi) a causa di svalutazioni per 190 milioni, che hanno ridimensionato il valore della partecipazione a 281 milioni. Quella quota del 38,5% è stata ereditata dagli accordi firmati a inizio 2013 con il finanziere ceco Petr Kellner, che prevedevano l’acquisto in più tranche dell’intero controllo delle attività dell’Est Europa racchiuse in Generali Ppf holding, l’ultima chiusa a gennaio con il cambio di nome in Generali Cee. La partita dell’Est è stata una delle mosse più importanti del nuovo corso di Generali avviato dal group ceo, Mario Greco.
La dimostrazione che il Leone era pronto a investire in quei Paesi e la sfida, vinta da Greco, era portare a termine l’acquisizione senza dover ricorrere a un aumento di capitale di Generali . Nel pacchetto, come detto, c’era però anche Ingosstrakh, un dossier un po’ più complicato. Perché intorno alla compagnia russa si erano combattute le sfide tra l’oligarca Oleg Deripaska e lo stesso Kellner, che non era riuscito a entrare in cda nonostante la sua partecipazione azionaria; e proprio quando era riuscito a vincere la battaglia legale, è arrivato il turno di Generali che a ottobre 2013 aveva insediato tre sui nove consiglieri di Ingosstrakh, oltre a Callegari e Aragona il terzo rappresentante era Igor Ivanov, l’ex ministro degli esteri russo. Anche i risultati non sono stati brillanti: l’utile netto di Ingosstrakh a giugno scorso è stato di 147 milioni di rubli (2,1 mln di euro), contro gli 886 milioni (12,7 mln) dello stesso periodo 2013 che già rappresentava una contrazione del 64% rispetto al giugno 2012. L’arrivo di Scaroni potrebbe, a questo punto, rappresentare una svolta. Il manager, che è anche vicepresidente di Rothschild, conosce molto da vicino il Paese. Negli ultimi giorni del suo mandato all’Eni aveva preso posizione contro le sanzioni alla Russia decise dall’Ue. Inoltre vanta rapporti stretti con Gazprom, il colosso russo del gas naturale, di cui l’Eni è primo cliente al mondo; nonostante in passato non siano mancati momenti di tensione, quando era ancora in piedi il progetto del gasdotto Southstream i rapporti tra il manager e la Russia, non sono mai stati in discussione, tanto che Scaroni è stato insignito dell’Ordine dell’Amicizia, riconoscimento assegnato dal Cremlino alle personalità che abbiano contribuito allo sviluppo dei rapporti bilaterali con il Paese. Scaroni è stato a lungo anche consigliere delle Generali a Trieste, dove sedeva dal 2007, rinunciando all’incarico nell’ottobre del 2014, quando decise di fare un passo indietro a seguito delle inchieste su Saipem in Algeria e su Eni in Nigeria, oltre che per la condanna in primo grado per disastro ambientale sulla centrale Enel di Porto Tolle. Questione, quest’ultima, da cui il manager si è però sempre dichiarato estraneo. All’epoca Greco non mancò di dare il suo supporto al manager: «Mi auguro che Scaroni non si dimetta», affermò il group ceo di Generali a ridosso dell’assemblea del 14 ottobre, che avrebbe dovuto decidere per l’eventuale reintegro del consigliere. Riunione che venne poi revocata dopo la decisione di Scaroni di dimettersi, ma evidentemente la fiducia non è mai venuta meno, come dimostra la chiamata in Ingosstrakh. (riproduzione riservata)