di Paola Valentini
I fondi pensione negoziali vanno all’attacco del disegno di legge sulla concorrenza varato dal governo il 20 febbraio scorso. «Confidiamo che questo provvedimento possa essere adeguatamente emendato, se non stralciato nei punti di maggiore criticità e incoerenza con il sistema previdenziale complessivo», ha dichiarato ieri Michele Tronconi, presidente dell’Assofondipensione.
Tronconi è intervenuto nel corso dell’audizione dell’associazione (che riunisce i comparti di categoria, cui sono iscritti oltre 2 milioni di lavoratori) davanti alla commissione parlamentare di Controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza. Il disegno di legge interviene sulla portabilità dei fondi pensione, prevedendo la possibilità di trasferire automaticamente a un’altra forma pensionistica complementare il contributo che il datore di lavoro versa al fondo pensione negoziale cui è iscritto il dipendente. Fondi aperti e Piani individuali di previdenza (pip) non danno diritto a questo contributo. Secondo Assofondipensione, il provvedimento sminuisce il ruolo dei fondi pensione negoziali, incentivando fondi pensione aperti e piani individuali di previdenza delle assicurazioni «a trasformare gli aderenti ai nostri fondi in una sorta di terreno di caccia preferenziale», ha detto Tronconi. I lavoratori, ha spiegato il presidente di Assofondipensione, sarebbero incentivati a transitare nei fondi negoziali solo al fine di acquisire il diritto al contributo del datore di lavoro, mentre i fondi aperti e i pip sarebbero incentivati a preferire (e ricercare) questa tipologia di clienti, che portano in dote il contributo pagato dalle aziende. In questo modo, secondo Assofondipensione, non si crea sana concorrenza, bensì una guerra fratricida: la corsa ai già iscritti avrebbe un effetto a somma zero e andrebbe a scapito delle adesioni complessive alla previdenza integrativa. Senza contare, secondo Tronconi, che la discontinuità dei flussi finanziari a favore del singolo fondo pensione, proprio per via di possibili uscite per trasferimenti verso altre forme di previdenza complementare, «spingerà la gestione del risparmio previdenziale verso le asset class più liquide con ottiche di breve termine, ossia l’opposto del rafforzamento dei fondi pensione quali investitori di lungo periodo nell’interesse del lavoratore». Il presidente di Assofondipensione ha anche ricordato gli ottimi rendimenti medi delle gestioni della previdenza complementare: a fronte di una rivalutazione del Tfr al minimo storico del 1,3%, nel 2014 i fondi pensione negoziali hanno reso il 7,3%, i pip il 7,2% e i fondi aperti il 7,5%. Riguardo alla mancata corsa alle adesioni ai fondi pensione negoziali da una parte e all’incremento delle sottoscrizioni registrate nel caso di forme previdenziali individuali (in particolare i pip, spinti dalle reti di vendita delle assicurazioni) dall’altra, Tronconi ha portato all’attenzione della commissione un dato significativo. Se si considera la cosiddetta «posizione media capitaria» (che si ottiene dividendo il saldo delle risorse destinate alle future prestazioni per il numero degli aderenti), si scopre un andamento ben diverso rispetto al volume delle adesioni. Per i fondi negoziali è cresciuta nell’ultimo anno del 15,3%, per i fondi aperti dell’8,9% e per i pip soltanto del 5,4%; il tutto a dimostrazione, spiega Assofondipensione, della maggiore regolarità contributiva dei fondi negoziali, sostenuti dal contributo del datore di lavoro, mentre negli altri casi le sospensioni dei versamenti e le richieste di anticipazioni sono più frequenti. (riproduzione riservata)