di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Dal 19 marzo prossimo il titolo Apple entrerà nel Dow Jones, lo storico indice delle blue chip di Wall Street che ha 119 anni di vita. La compagnia di Cupertino, che è quella con la maggior valutazione al mondo con 736 miliardi di capitalizzazione, prenderà il posto della società telefonica At&t.
Il passaggio di testimone arriva nello stesso mese che ha visto tornare il Nasdaq a quota 5.000 punti, un picco raggiunto solo nel 2000 prima dello scoppio della bolla Internet.
Una soglia anche psicologica che spinge molti investitori a chiedersi quanto può durare ancora questa corsa delle azioni Usa. Qui i punti di vista divergono se si tiene conto di un orizzonte di breve o di lungo termine. Se infatti molti si aspettano nel breve periodo un aumento della volatilità e anche della suscettibilità degli investitori, pronti a prendere beneficio non appena si presenta un sentore di accelerazione dell’economia Usa che potrebbe anticipare l’appuntamento con l’aumento dei tassi della Fed, tutto è diverso in un orizzonte di lungo periodo. Il Nasdaq di oggi è infatti molto diverso da quello del 2000. E se allora si compravano idee poco suffragate da profitti, oggi l’indice comprende molte azioni con una cassa e un tasso di crescita degli utili da far invidia a qualunque altro settore. Eurof Uffington, gestore di Lombard Odier Im, individua tre grandi temi da cavalcare in questo mondo: l’Internet delle cose, i Big data e il Cloud computing (le tecnologie che permettono di memorizzare/archiviare e/o elaborare dati). Proprio i dati e il loro utilizzo permetteranno lo sviluppo di un’industria 4.0 che introduce nel processo produttivo quella che è stata definita «Internet of things”, quindi la rete che permette lo scambio di informazioni tra oggetti, oltre che tra le persone, per ottimizzare le risorse. Ci saranno sempre delle fabbriche in senso classico, e dei prodotti, ma cambieranno completamente le modalità di produzione e anche i prodotti stessi, sempre più personalizzati.
Nel commercio al dettaglio o nel marketing ci potrà essere una vera e propria rivoluzione nelle modalità di raggiungere il cliente con prodotti sempre più personalizzati. Una vera e propria rivoluzione industriale, che avrà il suo impatto anche sulle borse. Sul Cloud computing si sofferma anche Asoka Woehrmann, chief investment officer di Deutsche awm: «La continua crescita del volume dei dati disponibili su cloud farà aumentare la domanda di software analitici che aiutino le aziende a prendere decisioni migliori basandosi sui dati. Nel complesso, la spesa per i software potrebbe aumentare a scapito di quella per i servizi».
Intanto i fondi specializzati sui titoli ad alta crescita possono contare su un track record importante. In un orizzonte di 15 anni il miglior fondo risulta Schroder Isf Us Smaller Companies con una performance del 221% che si traduce in un 8% all’anno in questo periodo. Segue in classifica il fondo Robeco Us Large Cap equities con una performance del 212%, quindi un rendimento annuo del 7,8%. Al terzo posto del podio c’è Vontobel Us Equity con un +207,6%, ossia un 7,7% annuo in questi 15 anni. (riproduzione riservata)