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Secondo dati molto attendibili, nel 2014 il costo a livello mondiale dei danni conseguenti a catastrofi naturali – alluvioni, terremoti, inondazioni, tsunami – è stato di oltre 132 miliardi di dollari.

Una cifra enorme che viene finanziata in larga parte dagli Stati nazionali con interventi diretti che attingono alla fiscalità generale (quindi pagati indiscriminatamente da tutti i cittadini) ma che vede crescere anche la presenza di molti gruppi assicurativi che offrono polizze «per catastrofi» a comunità locali, a imprese nonché a privati proprietari di immobili.

Questo tipo di business per le compagnie di assicurazioni presenta delle particolari specificità: si tratta in genere di eventi piuttosto rari ma che quando si verificano hanno un forte (spesso, fortissimo) impatto economico. Ciò rende più difficile per le compagnie definire i costi cui andranno incontro e spinge verso meccanismi di riassicurazione o verso la sottoscrizione dei cosiddetti «cat bonds» (obbligazioni catastrofali). Queste ultime funzionano nel senso che chi le sottoscrive riceve il rimborso per intero solo se non si verificano eventi calamitosi durante l’investimento (in genere cinque anni); se l’evento invece accade, andrà defalcata la quota impiegata per coprire i costi liquidati dalla compagnia assicurativa che ha favorito l’emissione.

Lo sviluppo delle polizze catastrofali è, in molti Paesi, sostenuto da normative specifiche a cominciare dagli Stati Uniti dove il sistema prevede varie facilitazioni anche fiscali per i proprietari di immobili che volontariamente sottoscrivono le polizze di questo tipo. In Francia – e da poco anche in Spagna – i privati proprietari di immobili che stipulano una polizza contro l’incendio devono obbligatoriamente sottoscrivere una clausola di garanzia contro le catastrofi naturali con lo Stato che ha istituito una società di riassicurazione pubblica.

In Italia si stima che la popolazione potenzialmente esposta ad un elevato rischio idrogeologico sia pari a 5,8 milioni di persone mentre quella esposta ad un elevato rischio sismico sia 21,8 milioni di persone. Peraltro nel periodo 1944/2012 il costo complessivo dei danni provocati dai terremoti e dagli eventi franosi ed alluvionali (a prezzi 2011) supera i 240 miliardi di euro (circa 3,6 miliardi per anno). Eppure da noi non si è mai sviluppato un mercato assicurativo importante e le polizze che il mercato propone per le molte zone a rischio del territorio nazionale sono tuttora molto costose.

Da più parti si è ipotizzato un intervento dello Stato per equilibrare premi e prestazioni e far decollare un mercato che potrebbe farsi carico di gran parte di costi sinora coperti direttamente dal Bilancio pubblico con crescenti difficoltà viste le compatibilità generali del Bilancio stesso.

L’Ania (Associazione italiana delle imprese assicurative) ha di recente proposto una sorta di sistema misto in cui lo Stato copre una parte del danno mentre la parte restante sarebbe sostenuta da polizze private obbligatorie sottoscritte dai proprietari di case. Sull’obbligatorietà (pagare tutti, per pagare molto meno) il dibattito, a livello politico, è da tempo aperto nel nostro Paese; chi è contrario sostiene che finirebbe per essere considerata, di fatto, una ulteriore tassazione sulla casa, già abbastanza «maltrattata» negli ultimi tempi. Il tema comunque resta di grande attualità sia per le Istituzioni che per il mercato.

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