di Luigi Gorla
Unicredit oltre alla quotazione in borsa di Fineco, attesa per metà anno, potrebbe riaprire anche il dossier Pioneer, la società del gruppo attiva nel risparmio gestito.
Le opzioni sul tavolo dell’ad Federico Ghizzoni, secondo uno scenario tracciato dal Financial Times, ma che non ha trovato riscontri ufficiali presso la banca di piazza Aulenti, potrebbero essere la vendita per 2-3 miliardi o la quotazione già a partire dal prossimo anno. A leggere però il piano industriale al 2018, presentato la scorsa settimana dai vertici della banca, Unicredit punta invece a sostenere la crescita di business puntando sullo sviluppo di attività a basso assorbimento di capitale, proprio come l’asset management (attività di gestione degli investimenti finanziari di terzi) con un incremento dei canali di distribuzione indipendenti e favorendo l’acquisizione di clienti nell’asset gathering (attività di raccolta del risparmio). Tanto è vero che nelle linee strategiche, illustrate al mercato nei giorni scorsi, è prevista una crescita da 174 milioni a 263 miliardi di euro delle masse gestita proprio da Pioneer Investment.
Mentre, secondo i programmi, gli attivi finanziari totali dell’asset gathering (compresi dunque Fineco e la tedesca Dab) dovrebbero invece passare da 76 a 111 miliardi di euro. Numeri supportati anche dall’andamento che l’industria del risparmio gestito ha avuto nel 2013 con un patrimonio stabile a quota 1.322 miliardi di euro e una raccolta a quota 64,5 miliardi di euro. In questo contesto è pronta a quotarsi Anima Holding (ieri è partito il pre-marketing). La società di risparmio gestito ha chiuso il 2013 con un utile netto consolidato di 120 milioni (da 43 milioni del 2012), un risultato della gestione operativa di 165 milioni (da 58 milioni) e commissioni nette per 220 milioni (da 165 milioni). Mentre il patrimonio in gestione ha raggiunto 46,6 miliardi (+14%) grazie a una raccolta netta positiva per 3,4 miliardi. Tornando a Unicredit (ieri in Borsa +5,52% a 6,5 euro) il Financial Times ipotizza anche, nell’arco di un paio d’anni, la quotazione parziale della tedesca Hvb che la banca milanese ha acquistato per 15,4 miliardi di euro nel 2005. Un’ipotesi che, ad ora, però è stata smontata dal presidente Giuseppe Vita, che in un’intervista all’Handelsblatt assicura che Hypo-Vereinsbank non sarà né portata in Borsa né venduta perché «è un gioiello del quale siamo soddisfatti». La Germania per l’istituto di credito resta «strategica». La controllata tedesca ha chiuso il 2013 con un utile netto in calo a 1,03 miliardi di euro. Hanno pesato i costi della chiusura di alcune filiali e il taglio di posti di lavoro. Sempre ieri gli analisti di Banca Imi, sulla base degli obiettivi del business plan della banca, hanno rivisto al rialzo del 20% la stima di utile netto per il 2014, allineandola con la previsione del management, e verso il basso (-16%) la stima di utile netto del 2016. (riproduzione riservata)