In tema di mobbing, spetta al lavoratore, ai sensi dell’art. 2697 c.c., fornire la prova, fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro:
– della molteplicità dei comportamenti a carattere persecutori o, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio
– dell’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente
– del nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore
– nonché la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
Nel caso di specie il tribunale ha ritenuto che le allegazioni esposte nel ricorso introduttivo del giudizio non fossero idonee a fondare una pronunzia favorevole in relazione alla genericità delle medesime.
Cassazione civile sez. lav., sentenza del 17 gennaio 2014 n. 898