di Chiara Cantoni

L’economia in stallo spegne i sorrisi, ma non la fiducia nel proprio dentista, una delle figure professionali che riscuotono il maggior credito fra gli italiani: più di avvocati, notai e magistrati, ma anche in misura leggermente maggiore rispetto a medici di base e specialisti. Un sondaggio Andi commissionato nel 2012 all’Ispo sulle opinioni e i comportamenti di consumo della popolazione tricolore in merito all’offerta odontoiatrica («La figura del dentista oggi.

Opinioni e atteggiamenti della popolazione italiana»), mostra che, nonostante i sussulti derivanti dalla crisi e la difficoltà a sostenere spese per la salute orale, la fidelizzazione nel rapporto dentista/paziente resta una pietra angolare: il 96% dei connazionali si rivolge sempre o prevalentemente allo stesso medico, segno di una fiducia, dichiarata da nove italiani su dieci, che rimane molto alta nei confronti della categoria. Accordata soprattutto ai professionisti che lavorano all’interno di studi privati (91%) rispetto al pubblico (7%), meglio nel Belpaese (96%) piuttosto che all’estero (2%).

Tra i focus dell’indagine, condotta tramite interviste telefoniche su un campione di 801 individui, rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne, la propensione del Belpaese verso interventi odontoiatrici di tipo curativo e/o estetico. Pronti a scattare sull’attenti per un’otturazione, quasi quattro italiani su cinque (75%), mentre circa uno su due si dichiara altrettanto solerte per un impianto o protesi dentale (51%) e per l’apparecchio (46%).

A fissare l’intervento il prima possibile, anche rinunciando ad altri tipi di spese, sono soprattutto i lavoratori autonomi, in percentuale crescente con il progredire del livello di istruzione. Rientra nella categoria dei «diligenti e superattivi», ugualmente propensi alla cura in tutte tre le evenienze, il 34% della popolazione, mentre il 24% in quella degli «accorti attivi», pazienti solerti nel fissare in caso di necessità due interventi su tre, contro un 22% di «sporadici attenti» (un solo intervento) e un quinto di «rimandatari convinti», che posporrebbe a tempo indeterminato qualunque scelta relativa alla salute dentale. Le proporzioni cambiano nel valutare i trattamenti di tipo estetico, apprezzati in particolare da giovani adulti fra i 35 e i 44 anni: avendone bisogno o interesse, due italiani su dieci sono pronti a sostenere interventi di filling o sbiancamento, mentre uno su dieci andrebbe dal dentista per faccette ceramiche. Fra individui accorti (18%) e individui diligenti (7%), la causa estetica convince un quarto dello Stivale; una quota rilevante, da leggersi comunque all’interno del dato aggregato più generale che vede il 22% dei connazionali fortemente predisposti a tutti gli interventi odontoiatrici. Esclusi i recidivi ad entrambi i tipi di prestazione (39%), infatti, il confronto fra soggetti solo pro estetica vs soggetti solo pro cura, incorona questi ultimi, con il 36% di consenso contro un modesto 3% dei primi.

A mettere tutti d’accordo, invece, è la netta preferenza per gli studi privati italiani, a cui si rivolge o si rivolgerebbe in esclusiva l’89% della popolazione.

 

I più convinti sembrano essere i giovani tra i 25 e i 34 anni, i più istruiti e i lavoratori autonomi, motivati principalmente dalla fiducia nel proprio medico dentista, leggermente più alta in questi pazienti (28 milioni) rispetto alla media nazionale. Se il 5% appena della popolazione ricorre abitualmente all’assistenza pubblica, testata almeno una volta da quattro italiani su dieci, ancora minore è il numero di coloro che si sono rivolti qualche volta (3%) o raramente (2%) a un negozio, anche se un quinto del campione non esclude di poterlo valutare in futuro. Difformi le opinioni circa l’ipotesi di consultare strutture con diversi dentisti per alcune prestazioni, scartata a priori da tre intervistati su dieci, ma confermata con certezza da un decimo del campione e contemplata come possibilità dal 35%. Più marcata la diffidenza, soprattutto tra le fasce anagrafiche meno giovani, verso promozioni pubblicizzate nei centri commerciali: il 70% delle persone interpellate non si dice propenso a considerare visite o pulizie gratuite all’interno di shopping centre dove sono andate a fare la spesa, esito forse di una formula ancora poco familiare agli italiani al tempo dell’indagine Ispo ma che, secondo Gianfranco Prada, presidente nazionale di Andi (Associazione nazionale dentisti italiani), origina da ragioni più profonde: «Gli italiani non si fidano delle catene odontoiatriche low cost, perché si basano principalmente su logiche commerciali, non applicabili al tema della salute. E il prezzo non è l’unico aspetto considerato nella scelta del dentista, neppure in tempi di crisi», sostiene. «Il rapporto di fiducia che si instaura con il proprio medico è il valore discriminante: il paziente non gradisce essere curato da professionisti diversi, come accade di frequente nei grossi centri, negli ospedali o negli ambulatori pubblici territoriali. Sul giudizio espresso, infine, incide anche il fattore prezzo, non sempre “low-cost» come spesso pubblicizzato, ma che, a conti fatti, risulta in linea con le tariffe medie praticate dai dentisti italiani liberi professionisti. Il motivo è semplice e vale in ogni campo: fare buona odontoiatria costa, se la cura è di qualità».

Una seconda ricerca, realizzata sempre nel 2012 dal team di Mannheimer per conto di Andi tramite l’analisi web di Ispo Click, fotografa invece l’immagine del dentista sulla piazza virtuale. A parlarne in rete sono soprattutto gli utenti, autori di due post su tre, con il restante 32% di interventi ripartiti equamente fra notizie e promozioni di catene e/o professionisti. Come in molti altri settori, anche il dibattito sulla salute orale incorona i social network a proprio canale d’elezione, quello a maggiore incidenza di viralità e, più in generale, la principale piattaforma di discussione per le tre categorie: media (83%), addetti ai lavori (85%) e consumatori (78%). Questi ultimi, presenti in maniera rilevante anche sui forum (20%). Lo studio privato è il tema ricorrente nei post degli utenti (97%), con argomentazioni positive dettate in larga misura dalla competenza riscontrata (54%) e dall’attenzione alla salute del paziente (17%). Più variegate, invece, le ragioni che motivano un mood negativo: dall’insofferenza (29%) alla paura (21%), dal dolore (20%) al prezzo (11%), dai ritardi (5%) all’eccessiva lunghezza nelle cure (3%). Fenomeno minoritario, ma comunque rilevato, è la partecipazione a discussioni web di studi dentistici low cost stranieri, che si fingono normali utenti per pubblicizzare le proprie cliniche. (riproduzione riservata)