di Anna Messia
Generali Assicurazioni, promossa allo stress test di Standard & Poor’s, può mantenere il rating A-, ma l’outlook resta negativo. Dopo la pioggia di polemiche scatenata lo scorso 26 novembre, quando l’agenzia americana annunciò di aver messo in creditwatch negativo la compagnia guidata da Mario Greco, è arrivato il momento della verità.
Quattro mesi di analisi approfondite dalle quali è emerso che la compagnia assicurativa, nonostante l’esposizione all’Italia sia di ben 95 miliardi, sarebbe in grado di sopravvivere a un default tecnico del Paese, simile a quello vissuto dalla Grecia, in cui i titoli di Stato perderebbero il 60% del loro valore. A convincere gli analisti sarebbe stato in particolare il piano di mitigazione del rischio diGenerali presentato e avviato da Greco, che prevede una condivisione maggiore con gli assicurati e un intervento più incisivo dei riassicuratori. Le polemiche sembrano quindi destinate a spegnersi, almeno per un po’ con Generali che potrà continuare a mantenere un rating di due scalini (notch) più alto rispetto alla tripla B dell’Italia. «Una manovra gravissima, perché ingiustificata non solo contro la prima compagnia assicurativa del Paese, ma anche e soprattutto contro la Repubblica italiana», l’aveva definita il presidente della commissione Industria al Senato, Massimo Mucchetti (Pd). Perché, come avevano spiegato gli stessi analisti, il creditwatch negativo per Generali non era motivato da mosse strategiche sbagliate della compagnia, ma dipendeva esclusivamente dal nuovo sistema di scoring (rating above the sovereign) di S&P, applicato a livello mondiale a tutte le società che hanno un rating potenzialmente più alto di un Paese, verso il quale hanno un’esposizione rilevante. «È un clamoroso errore», aveva commentato Greco all’indomani della notizia. Anche l’Ivass, l’autorità di controllo delle assicurazioni, aveva parlato di un criterio quanto meno discutibile e al coro si è aggiunta la Corte dei Conti che lo scorso febbraio ha annunciato addirittura una causa da 234 milioni contro S&P per il downgrade inflitto all’Italia nel 2011 che non avrebbe tenuto conto dell’immenso patrimonio artistico del Paese. Critiche destinati ad affievolirsi anche se, come detto, l’outlook di S&P su Generali resta negativo proprio come quello sull’Italia. Il verdetto dell’agenzia, in verità, sarebbe dovuto arrivare entro febbraio. Poi la scadenza del creditwatch è stata prolungata al 31 marzo e nel frattempo c’è stato l’intervento positivo di un’altra agenzia di rating: Moody’s il 19 febbraio scorso ha confermato il rating Baa1 su Generali, ma ha visto al rialzo l’outlook da negativo a stabile. Una promozione che è stata diretta conseguenza del miglioramento sulle previsioni del Paese, passate per Moody’s da negative a stabili. «Abbiamo sempre ritenuto del tutto improbabile lo scenario di un eventuale default dell’Italia», ha commentato ieri Greco, «ma il superamento di uno scenario di stress di tale entità è la dimostrazione delle significative riserve di bilancio e della flessibilità finanziaria di cui disponiamo». Circa il 70% del business del gruppo, d’altronde, proviene da mercati diversi dall’Italia. (riproduzione riservata)