di Teresa Campo

L’ultima batosta sulla casa è arrivata il 28 febbraio con l’innalzamento della Tasi, la tassa sui servizi indivisi appena introdotta e già aumentata di un altro 0,8 per mille. Poca cosa in realtà, sufficiente però a minare ulteriormente la fiducia nel mattone come investimento dopo che per oltre un anno l’aumento della tassazione sulla casa è stato uno dei temi dominanti.

Alla luce di questa novità, così come di altre sul fronte welfare, Progetica ha riesaminato il confronto mattone-fondi pensione per vedere quale dei due vince in ottica previdenziale nel lungo termine.

Considerato che anche la pensione classica non sarà più quella di una volta, anzi per molti sarà davvero modesta, per integrarla è quindi meglio investire in una casa (il tradizionale quartierino da mettere in affitto) o in un fondo pensione? L’ipotesi è di puntare su entrambi la stessa cifra (100 mila euro) tutta in una volta e nello stesso momento, quando l’investitore ha 30, 40 o 50 anni. Valori e rendimenti degli immobili sono stati ricavati dai dati dell’Agenzia del Territorio, mentre il fondo previdenziale è stato scelto di tipo bilanciato.

I dati vanno letti soprattutto alla luce di cosa è cambiato in questi anni su entrambi i fronti, immobiliare e previdenziale. Sul primo, come già accennato, la parte del leone l’ha fatta l’aumento della pressione fiscale, che potrebbe non essere giunto a termine.

Sul fronte degli affitti si afferma la tassazione agevolata per i contratti a canone concordato (cedolare secca ridotta al 15%, ma si parla di ulteriore taglio al 10). Inoltre prezzi di vendita e canoni di locazione si sono un po’ ridimensionati. Sul fronte previdenziale le novità consistono invece nell’innalzamento dell’età pensionabile per le donne, equiparata a quella degli uomini a 67 anni (la misura non è ancora in vigore, ma lo sarà quando accederanno alla previdenza chi ha oggi 30, 40 e 50 anni), e un ulteriore aumento della vita media. Nell’uno come nell’altro caso, dunque, il reddito integrativo deve bastare anche se si arriva alla soglia dei 100 anni di età.

 

Le varie novità stravolgono un po’ conclusioni date per assodate, o almeno spostano sempre più il focus sulle motivazioni piuttosto che sulla convenienza. Si scopre così che «resta sempre vero che la validità è legata all’età in cui avviene il versamento», spiega Egidio Vacchini, l’esperto immobiliare di Progetica: «Se l’investimento viene fatto quando si è giovani, per esempio a 30 anni, conviene il fondo pensione, che ha quasi 40 anni di tempo per incrementarsi. Se invece si ha 50 anni o più, è meglio la casa: è vero che si accumulano meno canoni d’affitto, ma il capitale iniziale resta integro e a disposizione dell’investitore, cosa che non avviene col fondo». C’è però un ma di non poco conto, ovvero la possibilità sempre più concreta di superare i 90 anni. «L’aumento della prospettiva di vita porta a 50 su 100 le probabilità di superare quota 90 anni per chi ha 67 anni», aggiunge Andrea Carbone, l’esperto in previdenza di Progetica, «questo fa sì che almeno da quel momento in avanti la differenza tra gli incassi, ovvero da un lato la somma dei premi negli anni per i fondi e dall’altro tutti i canoni percepiti più il capitale rivalutato per la casa, propendano a favore dei prodotti previdenziali. Questo vale per i trentenni e, anche se in misura minore, anche per chi effettua l’investimento a 40 anni. Infine, il fondo pensione aumenta in convenienza per le donne in quanto l’innalzamento della loro età pensionabile incrementa il tempo di maturazione per i premi.

In misura minore incidono invece l’aumento della pressione fiscale oppure le agevolazioni per gli affitti in canone concordato, per i quali la cedolare secca si abbatte dal 21 al 15%. «Va intanto premesso che con il canone concordato ogni città, zona e abitazione fa storia a sé, mentre la simulazione considera per forza di cose valori medi, che appiattiscono un po’ la realtà», avverte Vacchini, «per questa ragione il risultato è che, ai fini del confronto con il fondo, ciò che importa non è tanto il risparmio fiscale quanto l’ammontare del canone che viene capitalizzato a fini pensionistici: quindi più alto è, meglio è. Andrà perciò calcolato per ciascun immobile se il risparmio fiscale, unito ad altri eventuali vantaggi tipo la durata minore di questi contratti, bastano a compensare la perdita di gettito».

 

Per orientarsi nella scelta tra l’uno e l’altro diventano sempre più importanti gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Il fondo vince senz’altro, e a qualunque età si faccia l’investimento, se l’obiettivo è di assicurarsi un introito integrativo per il resto dei propri giorni, soprattutto nell’ipotesi di una vita molto lunga. Col rischio di perdere tutto in caso di decesso appena andati in pensione. Viceversa, la casa mantiene tutta la sua validità se l’intento è di lasciare un capitale agli eredi accontentandosi nel frattempo di un vitalizio, sia di importo minore rispetto al premio pensionistico sia soprattutto a rischio: i canoni d’affitto, come accaduto in questi anni, possono contrarsi e le tasse aumentare, senza contare l’eventualità di periodi di sfitto, in cui non si percepisce nulla mentre si continuano a pagare imposte, spese condominiali e anche utenze.

 

Ecco comunque in cifre il responso della simulazione, premesso che, per rendere confrontabili le due asset class, sia per i fondi pensione sia per le abitazioni sono stati presi a riferimento i valori medi. Per i fondi si considerano solo le linee bilanciate con costi intermedi. Per le case, invece, Progetica ha stimato quale tipo di abitazione, o quanti metri quadrati della stessa, è possibile acquistare con 100 mila euro e quale affitto è possibile ricavarne. Sono stati presi in considerazione immobili di tre città grandi e di tre medie, più due dove è molto diffuso il canone concordato in zone semicentrali, di tipo civile e normale stato d’uso. I canoni di affitto lordi sono stati abbattuti in modo da tenere conto di spese condominiali a carico del proprietario e imposte varie , ovviamente più salate perché non beneficiano delle agevolazioni prima casa. Il valore degli immobili è stato rivalutato dello 0,5% annuo oltre l’inflazione. In cifre, come mostra la tabella in pagina, un trentenne che punti sul fondo, arrivato a 90 anni di età avrà avuto un ritorno di 345 mila euro contro i 245 mila che avrebbe avuto scommettendo sulla casa (e a 100 anni il rapporto sale a 535 mila contro 260 mila). Al contrario, a un cinquantenne il fondo avrà fruttato 200 mila euro a 90 anni contro i 207 mila della casa. In caso di premorienza a 70 anni, chi ha iniziato a investire a 30 avrà incassato meno di 50 mila euro col fondo mentre l’immobile gliene avrà assicurati 85 mila di canoni e conservato per gli eredi un capitale di 122 mila. Peggio ancora andrebbe a chi fosse deceduto a 50 anni: il divario in questo caso è di 28 mila contro 170 mila. (riproduzione riservata)