Pensione che passerà dal 25% del reddito secondo le vecchie regole, fino a toccare il 54% con il nuovo regime in vigore dal 2012. Ecco il dato che emerge confrontando i numeri delle dichiarazioni dei redditi dei periti industriali e del primo acconto versato a novembre scorso e, dunque, mettendo la riforma della previdenza Eppi sotto la lente dei fatti.
Dalle dichiarazioni 2012 si conferma appunto non solo che il reddito medio di un perito industriale è di 35.000 euro, ma si conferma anche la distribuzione media per età: il guadagno di un giovane a inizio carriera oscilla tra i 13.000 e 20.000 euro, tra i 35 e i 45 anni tra i 30 ai 40.000 euro, per raggiungere il picco massimo di 41.000 a 49 anni fino a decrescere e chiudere a 65 con 32.000 euro.
Proiettando questi dati al 2062, e dunque immaginando cosa potrebbe accadere tra 40 anni a un giovane che oggi ne ha 25, ci accorgiamo che le nuove regole hanno un effetto decisamente positivo: la pensione passa dal rappresentare il 25% del reddito al 54% (tasso di sostituzione netto) ovviamente considerando tutte le condizioni: una carriera continua senza interruzioni, un innalzamento progressivo dei contributi dal 10 fino al 18% del reddito ma soprattutto una robusta iniezione di quattrini da accantonare per la pensione con l’utilizzo della metà del contributo integrativo.
Infatti, al momento di andare in pensione, il proprio salvadanaio sarà pieno di risparmi che per il 79% vengono dal contributo soggettivo e per il 21% dal contributo integrativo.
«Numeri importanti», secondo il presidente Eppi Florio Bendinelli, «che mi rassicurano sulla bontà della riforma che peraltro voglio ricordare sia stata scelta dalla maggioranza dei nostri iscritti. Nuove regole che soprattutto danno un futuro un po’ più sicuro ai giovani, chiedendo un maggiore sforzo per accantonare denari durante la propria attività lavorativa, ma che migliorano decisamente la prospettiva pensionistica ».
Va detto che, come si vede dal grafico, che la pensione migliorerebbe ancora se all’Eppi fosse permesso di utilizzare una quota maggiore di contributo integrativo, pur sempre nei limiti delle proiezioni attuariali. È in attesa di risposta la richiesta che l’ente di previdenza ha presentato ai ministeri di economia e welfare per incrementare la pensione degli iscritti. Un sostegno di questo genere permetterebbe di spostare verso l’alto l’asticella della pensione fino ad arrivare al 60% dell’ultimo reddito, iniziando così a diventare una rendita decisamente più dignitosa e quasi in linea con la prospettiva Inps.
«Preme specificare», chiude Bendinelli, «che parliamo di percentuali le quali, dal punto di vista tecnico, lavorano al netto e non al lordo. Questo significa che il 54% promesso dalla nuova riforma va calcolato al netto dell’imposizione fiscale e previdenziale, dunque valutando i denari che effettivamente Mario Rossi potrà spendere all’età di 65 anni».