Se lo Stato vuole davvero sostenere le imprese, pagando i propri debiti per far ripartire l’economia, deve mettere mano a un intervento straordinario, perché con gli strumenti introdotti dal governo Monti, come i fatti stanno dimostrando, ci vorrebbe troppo tempo. E’ quanto sostiene Alessandro Carretta, professore di economia degli Intermediari Finanziari a Roma Tor Vergata e presidente di Aidea, l’Accademia Italiana di Economia Aziendale che riunisce oltre 800 economisti. In Italia è stato stimato (Assifact-Finest 2012) che se lo Stato pagasse a 30 giorni i propri debiti (invece che a 180 come normalmente avviene) si libererebbero risorse per oltre 5 miliardi di euro: più del gettito IMU sulla prima casa.
Ai sensi del Decreto Sviluppo le imprese possono ottenere per i propri crediti “pubblici” – qualora certi, liquidi ed esigibili – una certificazione da parte della Pubblica Amministrazione, e così accedere al credito bancario, che diventa di fatto “garantito”. Ma allora che cosa non funziona? “A oggi la procedura di certificazione – sostiene Alessandro Carretta – è ancora in fase di avvio. Il Ministro Passera ha confermato il rilascio di sole 71 certificazioni nel mese di gennaio 2013, gli intermediari finanziari non hanno ancora accesso alla piattaforma per l’utilizzo di tali certificazioni. Senza contare che probabilmente non tutti i crediti sono certificabili. Non è quindi ragionevole pensare che lo stock di debiti commerciali della Pubblica Amministrazione possa essere tempestivamente smaltito in questo modo. Oltre tutto si rischia così di compromettere il pagamento dei “nuovi” debiti, maturati dal 1° gennaio 2013, che dovrebbe avvenire in ossequio alla direttiva sui ritardi di pagamento”.
Un ulteriore ostacolo, sottolinea il Presidente di Aidea, viene da una discutibile decisione di Eurostat dell’estate 2012 che fa emergere come finanziamenti e dunque debito pubblico solo i debiti della Pubblica Amministrazione ceduti dalle imprese ad un intermediario finanziario (come già avviene per le banche), limitando di fatto il ricorso anche a quest’altra soluzione. “Tutto il debito di fornitura deve essere contabilizzato nel debito pubblico – aggiunge Carretta – a regime questo è l’unico modo per tenerlo sotto controllo e nell’immediato l’Europa sembra aprire spazi per la concessione di deroghe in casi come quello italiano. Occorre quindi un provvedimento straordinario, in deroga ai vincoli sull’indebitamento pubblico. E allora tanto vale pensare ad una maxi emissione speciale di titoli pubblici. Certo in questo caso – osserva il Presidente di Aidea – gli interessi li pagherebbe lo Stato, come è giusto che sia, e non le imprese come accade quando i crediti commerciali vengono smobilizzati attraverso il sistema finanziario. Ma l’effetto sull’economia sarebbe immediato e sensibile: proprio quello di cui c’è bisogno adesso”.
In questa direzione sembra andare il Governo con le misure annunciate per accelerare il pagamento dei fornitori della PA. “Certificare i crediti delle imprese verso la PA rimane comunque importante, per dare al credito stesso i connotati di certezza, esigibilità e liquidabilità”, insiste il prof. Carretta, e “conferire impulso e una sorta di automatismo allo smobilizzo tramite il sistema finanziario, che resta una via importante, specie nel brevissimo termine. Occorre anche chiedere ad Eurostat di modificare la propria decisione dell’estate scorsa (la Federazione europea del factoring si è già mossa in questa direzione) altrimenti nessuna amministrazione pubblica certificherà i propri debiti”.
E in prospettiva, più controlli e sanzioni per gli enti pubblici che non rispettano i termini di pagamento della nuova Direttiva. In Francia esiste da anni un Osservatorio sui ritardi di pagamento, al quale partecipa anche il Ministero del Tesoro. “E nel parlamento francese” conclude Carretta “si discuterà a giugno di introdurre sanzioni pecuniarie per chi non paga puntualmente e di segnalare questi comportamenti nelle relazioni dei revisori dei conti”.