di Andrea Montanari
L’indubbia complessità dell’aggregazione Unipol-Premafin-FonSai- Milano sta anche nei numeri. E nel rispetto dei parametri previsti dalla legge: soprattutto, nel margine di solvibilità che le compagnie assicurative devono rispettare per poter operare sul mercato rispettando i parametri Isvap. È questa la ragione che finora sta spingendo le banche creditrici della holding dei Ligresti (Unicredit, Mediobanca, Cariparma, Ge Capital, Bpm, Banco Popolare e Intesa Sanpaolo) a propendere per la soluzione targata Unipol rispetto a quella avanzata dal tandem Sator-Palladio, pronti a mettere sul piatto 450 milioni, 100 per i creditori e 350 per l’aumento di capitale da 1,1 miliardi di FonSai. «Siamo allineati alle posizioni del pool che sta cercando la migliore soluzione nel progetto Unipol- FonSai», ha dichiarato venerdì 2 marzo Giampiero Maioli, amministratore delegato di Cariparma, esposta nei confronti di Premafin per 44 milioni. Il che conferma come, dopo la recente presa di posizione ufficiale di Unicredit (l’istituto più esposto), che tramite il suo ad Federico Ghizzoni si è detto favorevole a Unipol, e quella intuibile di Mediobanca, il fronte bancario sia compatto – a esclusione di Ge Capital che sarebbe pronta a uscire di scena cedendo il proprio credito, 40 milioni – e propenda per la soluzione che arriva da Bologna. Anche perché, ed è qui il punto nodale dell’impianto dell’operazione industriale, FonSai necessita con urgenza di parecchie risorse per risollevare la situazione patrimoniale e il grado di stabilità. Perché se è vero che al 30 settembre 2011 il margine di solvibilità della compagnia sembrava attestato al 111% contro il 97,4% di fine 2010, oggi questo parametro è nettamente inferiore. Dopo le svalutazioni di rito e gli impairment test sulle partecipazioni (al 31 dicembre 2011 la voragine ammontava a 1.050 milioni) questo parametro è infatti caduto fino a oscillare attorno al 75-80%. Un valore nettamente inferiore al parametro standard del 120% al quale si rifanno tutte le compagnie assicurative. Ed è quindi a questo target che gradualmente va riportata l’asticella di sicurezza di FonSai. Lo stesso aumento di capitale da 1,1 miliardi imposto dall’Isvap, eleverebbe l’asticella attorno al 100%, livello minimo per consentire alla compagnia di operare entro margini di sicurezza appena tollerabili. E il tempo stringe, visto che l’Isvap ha posto una dead line a cavallo di aprilemaggio. Un timing che collima alla perfezione con quello programmato da Unipol Gruppo che, infatti, ha messo in calendario per lunedì 19 marzo l’assemblea dei soci (di fatto le coop riunite in Finsoe) per una ricapitalizzazione che sarà a sua volta di 1,1 miliardi, propedeutica alla fusione a quattro con Premafin (il cui indebitamento totale, 368 milioni, va in qualche modo blindato con gli asset industriali di cui dispone), FonSai e Milano Assicurazioni. Peraltro, il gruppo emiliano è pronto a destinare gran parte del rafforzamento patrimoniale, vale a dire oltre 600 milioni di quelli raccolti, a Unipol Assicurazioni onde garantire al nascente maxipolo una dote capace di riportare il margine di solvibilità su livelli più accettabili. Un traguardo probabilmente non raggiungibile con il piano impostato da Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo che hanno ipotizzato un intervento complessivo di 750-800 milioni. E che i tempi siano stretti e le agende intasate lo dimostra il fatto che lunedì 5 marzo è in calendario un nuovo vertice delle banche creditrici di Premafin che devono valutare il piano di riscadenziamento su base decennale del debito che zavorra la holding dei Ligresti. (riproduzione riservata)